Lu spilu e la sciàna

di Armando Polito

* Accidenti, neppure qui sto trovando qualcosa che mi consenta di capire da dove deriva spilu!

* Traduzione dal miciese nel dialetto neretino: Tegnu nnu spilu ti scatuletta ti tonnu, ma tocca mmi rassegnu piccé Armandu pi llu spilu sua osce no stae ti sciàna; traduzione dal dialetto neretino in italiano: Ho un desiderio acuto di una scatoletta di tonno, ma mi debbo rassegnare perché Armando a causa del suo desiderio acuto non sta di buon umore.

Aderendo volentieri ad una gentile recente richiesta dell’amico Marcello (si accettano, comunque, le “ordinazioni” di altri amici…), esaminerò oggi i due sostantivi del titolo, il primo dei quali ho più volte “aggredito” senza risultati apprezzabili (meno male che gli articoli e la congiunzione restanti non pongono problemi!), i quali, lo anticipo, neppure questa volta son venuti fuori.

Dopo aver detto che si definisce spilu un desiderio intenso e per lo più improvviso,  è doveroso, per tentare di comprenderne l’origine e il suo eventuale rapporto con qualche voce italiana, partire dal maestro riconosciuto e, spero, ormai a tutti noto.

Al lemma corrispondente il Rohlfs si limita a rinviare a sfilu, spiùlu. A sfilu leggo: “confronta il calabrese sfilàri1=desiderare ardentemente, sfilu=desiderio, identico all’italiano sfilare, sfilo?. Vedi spilu”.

A spiùlu: “vedi sfilu, spilu”.

Al di là dei rinvii piuttosto viziosi rimane la sola ipotesi concreta del collegamento con l’italiano sfilare nel significato di sfilacciare e con la metafora  del desiderio intenso che tormenta e dilania. Il fatto che le forme verbali riportate nella fraseologia in nota 1 possono essere  tranquillamente sostituite senza che il significato ne risenta minimamente  confermerebbe l’ipotesi avanzata dal Rholfs, escludendo la mia che, pur  con riscontri meno diretti sul piano fonetico, metterebbe in campo non sfilàre ma spiràre e, forse meglio ancora, aspiràre con successiva aferesi di a-.

Sul sicuro, invece, si va con sciàna, deformazione dell’italiano Diana, dea della luna e della prima luce del mattino oltre che della caccia, dal latino Diàna(m), da dius=divino, connesso con dies=giorno e con Iùppiter=Giove [da Iovis=Giove (a sua volta dal greco Zeus/Diòs)+pater=padre]; come nome comune   diana è: la stella che appare ad oriente prima del sorgere del sole; nel linguaggio militare: rullio di tamburi o squillo di tromba per la sveglia della truppa; sulle navi, turno di guardia dalle 4 alle 8; scimmia della famiglia dei Cercopitecidi  lunga poco più di un metro, diffusa nell’Africa occidentale, dalla caratteristica barba bianca che contorna il viso dei maschi; termine con cui gli alchimisti indicavano l’argento, con allusione al chiarore della luna.

Il significato traslato di sciàna è connesso con la credenza che le fasi lunari influenzassero l’umore e, in generale, la vita degli uomini. Non a caso lunatico è il sinonimo italiano del derivato scianàru che definisce una persona dal carattere instabile e volubile.

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1 Al lemma spilàri (nel Brindisino) leggo: “desiderare. Mi stè spila l’anima (Lizzano, nel Tarantino)=sento un forte desiderio; l’aneme te spile (nel Tarantino)=l’anima ti languisce; vedi spilu”.

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6 Commenti a Lu spilu e la sciàna

  1. Spilu, potrebbe essere, a mio insignificante parere, una qualche parte anatomica, di cui si è persa l’attribuzione diretta.

  2. Bella ricerca!!! Allora la letterina dei bimbi( e non) a Babbo Natale è un insieme di ‘spili’? Eh già che durante l’anno di ‘sfilacciare’, ‘dilaniare’ noi genitori ne hanno avuto di tempo! Ora spetti a chi di dovere.
    Complimenti Armando!

  3. Al lemma sfizio (passato dal napoletano nella lingua nazionale e nel nostro sfizziu) tutti i dizionari di italiano registrano, quando va bene, etimo incerto; quelli dialettali si sono sbizzarriti in un ventaglio di proposte tra cui emergono: il latino satisfàcere=soddisfare, il greco fyxis=fuga con aggiunta di s- intensivo, ancora, sempre con aggiunta di s- intensivo, il latino vitium. La prima proposta è, forse, la più calzante sul piano semantico ma certamente la più debole su quello fonetico (come spiegare, fra l’altro, la caduta imponente di tanti fonemi?); la seconda, al contrario, potrebbe andare bene foneticamente ma è troppo traballante semanticamente; la più attendibile appare, al momento, la terza. Qualunque sia l’etimo di sfizio, però, insormontabili ragioni di carattere fonetico escluderebbero il suo rapporto con spilu.
    Quanto a irri credo sia forma sostantivata abbreviata da irritare (di etimo sconosciuto…oggi non è giornata), ma non sinonimo di spilu, per quanto quest’ultimo produca uno stato di eccitazione nel soggetto che lo prova e di probabile irritazione in quello che ne è spettatore, specialmente quando quest’ultimo si sente palesemente o occultamente implicato nella sua soddisfazione; potrebbe, perciò, essere sinonimo, tutt’al più, di capriccio.

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