di Paolo Vincenti
Sono i poveri, gli ultimi della nostra società, burattini, a volte anche inconsapevoli, nelle mani di astuti burattinai, i protagonisti dell’ultimo romanzo di Walter Cerfeda, I PUPARI, edito da Albatros Il Filo, nella collana “Tracce- Nuove Voci”(2010).
Un romanzo ambientato proprio in Salento, nell’immaginaria, ma neanche tanto, città di C*, che diventa metafora del mondo, un mondo di violenze e soprusi sotterranei, un mondo di cinismo e di corruzione, di benpensanti che fanno finta di non vedere il marciume che si annida sotto la parvenza di ordine e pulizia che essi dicono di amare, e di disperati, derelitti, poveri Cristi degli anni Duemila, che di quel marciume hanno fatto purtroppo il pane quotidiano. Non per vivere, ma per continuare almeno a sopravvivere, in un mondo ostile dove, nonostante secoli di storia e di lotte civili, continua a dominare la legge del più forte, e in una civiltà dove, nonostante la luccicante macchina del progresso abbia portato benessere diffuso , magari in leasing, continua a dominare la sottocultura del “tirare a campare”, come dicono i nostri cugini napoletani, del “prego dottò” e del “tengo famiglia”.
Il libro è stato presentato, giovedì 26 Agosto 2010, presso Palazzo Ferrari, a Parabita, nell’ambito della manifestazione “Incontri d’Archivio, curata dal centro di cultura “Il Laboratorio”. Insieme all’autore, sono intervenuti Aldo D’Antico, organizzatore della serata, Biagio Malorgio, direttore regionale Ires Cgil, il sindaco di Parabita Avv. Alfredo Cacciapaglia, mentre è stato assente l’Onorevole Lorenzo Ria, il cui intervento è stato però in parte letto dal prof. D’Antico. Molto attento e interessato il pubblico della serata, data anche le forte attualità delle tematiche trattate nel libro, del quale non sveliamo il finale.
Trattasi di un romanzo a sfondo sociale che va quindi ad inserirsi in quel filone, tanto fortunato, della letteratura civile che ha visto negli anni autorevoli e pluripremiati scrittori, anche salentini, dare il proprio appassionato contributo di intellettuali impegnati sul campo. E tale è l’autore del presente libro, il quale dedica il suo romanzo, diviso in XII Capitoli, alla moglie Anna.
La sottocultura nella quale si muovono i protagonisti di questo libro, a partire da Marco Schiano, bancario di Velletri che viene inviato dalla direzione della sua banca in Salento per cercare di venire a capo di alcuni sospetti spostamenti di denaro verificatisi negli ultimi tempi, ci rivela che a unire insieme le varie trame che compongono l’ordito di questo”docu-drama” letterario, è il motto “primum vivere”, che caratterizza, stringendoli dappresso, i personaggi del romanzo, nemmeno mai sfiorati nella loro forma mentis dal “deinde philosophari” che completa l’assioma latino di antica memoria, perché troppo presi a gestire l’ “hic et nunc” di una quanto mai precaria e materiale quotidianità. La realtà di questi personaggi, ai vari livelli della scala sociale, è fatta di espedienti e sotterfugi, favori e traffici illegali, velocità di azione e “ci siamo capiti”, all’insegna del “business are business”.
Walter Cerfeda, originario di Bari, è un sindacalista che vive tra Roma e il Salento e lavora a Bruxelles. Narratore e saggista, ha già pubblicato altre opere come : “L’altra faccia della rifondazione” (Ediesse, 1988), “Un nuovo patto sociale” (Ediesse, 1992), “La nuova Europa” (Ediesse 2003) e, sempre per i tipi de Il Filo, il romanzo “Lunedì” (2009). Il presente romanzo, “I pupari”, è arrivato quinto al Premio Letterario “Città di Castello” per opera inedita. Ecco che, di fronte alla lettura di un libro come questo, potrebbe prenderci lo sconforto, nonostante la descrizione della drammatica vicenda sia intramezzata da mirabili e appassionate descrizioni paesaggistiche da parte dell’autore che, quasi contrappunto alle tenebrose vicende narrate, danno un’immagine attraente e solare delle bellezze del nostro territorio (come conferma la foto della torre di Torre Mozza, Ugento, che campeggia sulla copertina del libro). Ma lo sconforto potrebbe facilmente assalirci, come dicevamo, constatando che a nulla sono servite le voci di illustri pensatori, i grandi meridionalisti che dal dopoguerra in poi si sono battuti per il riscatto di questo Sud, per non doverlo più vedere preda di famelici speculatori e spregiudicati affaristi, per non doverlo più sapere gattopardescamente fermo in una immobilità senza soluzione, in una stasi assurda e controproducente nella quale si veda, proprio come nella lezione del famoso romanzo del Tomasi da Lampedusa, che tutto cambi perché non cambi nulla. E infatti, di fronte a certe dinamiche, ci si rende conto che in concreto nulla è cambiato negli anni, se è vero che la criminalità organizzata è un cancro difficile da debellare, nel Salento e in Puglia, che l’omertà è sempre stratificata nella nostra gente, che corti di yesmen fanno ancora scolta ad impettiti padrini, che umili “lazzari” fanno ancora l’inchino ad arroganti onorevoli e che per i nostri maggiorenti locali vale sempre la machiavellica teoria del fine giustificante i mezzi di fronte all’ottenimento del maggior profitto.
Eccoli, allora, i pupari del romanzo di Cerfeda, nel paese di C* , che potrebbe essere A*, B*, D*, M*, N*, insomma potrebbe essere S*, appunto per Salento, ma anche per Sud. Questo nostro Sud che, a 150 anni dall’Unità d’Italia, è ancora in cerca di un riscatto tanto a lungo sospirato. Più che mai attuale appare questo romanzo, soprattutto in un momento di forte crisi economica e occupazionale che ha colpito non solo l’Italia ma tutta l’Europa e quindi anche quei paesi balcanici, come ilMontenegro, da cui i disperati protagonistidel libro, Stan e Darko, provengono.
Chiaro che Walter Cerfeda, segretario della Confederazione Sindacale Europea, è un profondo conoscitore, per via della sua professione, delle problematiche legate al mondodel lavoro, quali lo sfruttamento minorile, il lavoro nero e l’immigrazione clandestina. E ciò è un ulteriore motivo per cui questo suo pregevole lavoro venga letto e meditato.