di Stefano Cortese
A circa un km dall’abitato di Gemini, in prossimità della superstrada statale 274 Gallipoli-Leuca, sono visibili ancora oggi i ruderi di una antichissima chiesa, denominata Madonna di Monticchio o dei Turchi.
Della storia di questo ex edificio sacro, pochissimo ci è edito, tramandatoci dalle monografie di Ugento (Corvaglia 1987) e Gemini (De Dominicis 1994), ma si argomenta solo circa una probabile datazione, peraltro discordante
tra i due in quanto secondo il primo risalirebbe al 1300/1400, mentre secondo il De Dominicis al 1200/1300, in base alla fattura romanica del portale .
Una volta individuato il sito, non proprio facile da scovare, ho notato subito l’orientamento est-ovest e che l’elemento datante, cioè l’ingresso lunettato probabilmente dentellato, era scomparso.
L’unico muro rimasto in piedi è quello nord (fig. 1), il quale presenta come ornamento, a metà altezza, dei blocchi posizionati di testa e sbozzati in forma sub-triangolare, mentre nel punto mediano della lunghezza del muro è ancora visibile una graziosa porticina, anch’essa lunettata (fig. 3): facile immaginarvi all’interno della lunetta una Vergine con Bambino in qualche modo collegato alla intitolazione della chiesa. Nel lato ovest, nella residua parte superstite, si intuisce una piccola monofora, mentre dal lato sud si ha una visione completa del complesso interno (fig. 4), ma difficilmente decifrabile da lontano, vista anche la presenza copiosa di vegetazione mediterranea. Una situazione verosimile porterebbe a prospettare la presenza in passato di qualche oblato che abbia abitato probabilmente nel piano superiore, mentre l’altare maggiore doveva essere sito sul fondo del muro ovest. Appena fuori da quello che doveva essere il muro a sud, c’è comunque una larga fossa rettangolare scavata ed intonacata, forse una cisterna, ma ora riempita di materiale di diverso tipo (fig. 5).
Delle pochissime informazioni che ho potuto scovare nell’archivio vescovile di Ugento, ho rinvenuto solo la presenza della contrada “croce di Monticchio” e quella riportata dalla visita pastorale del 1878 del mons. Masella, il quale la interdice al culto perché pericolante senza alcun altro accenno alla chiesa.
Probabilmente è da allora che l’incuria e l’insensibilità umana cerca di mietere un’altra vittima, ma quei ruderi, forse invincibili, stanno lì a ricordarci uno spaccato di storia che aspetta di essere riscoperta, tutelata e poi valorizzata.
BIBLIOGRAFIA
-F. Corvaglia, Ugento e il suo territorio, Marra, 1987
-F. De Dominicis, Gemini di Ugento: l’esperienza di una classe a tempo prolungato, fra storia documenti, masserie e tradizioni, Centro Studi Giuseppe De Dominicis, 1994
Le foto sono di Stefano Cortese