LO STRANO CASO DI FEDERICO II DI SVEVIA
Un mito medievale nella cultura di massa
di Marco Brando
prefazione di Raffaele Licinio
postfazione di Franco Cardini
Il mito dell’Imperatore svevo ha generato speculazioni pseudoscientifiche, diatribe esoteriche, campagne pubblicitarie, persino campagne politiche.
Ma “di chi è” Federico II di Svevia? Della gente, ovvero del senso comune che ne ha mitizzato la figura? Oppure l´imperatore svevo “è” degli storici? Di coloro che cercano di sottrarlo al vorace bisogno di miti manifestato dalla gente per poi restituirlo alla sua reale collocazione nel panorama del Medioevo?
Parte delle risposte le troveremo di seguito, riproponendo l’intervista di Matteo Airaghi all’Autore (pubblicata sul CORRIERE DEL TICINO ((SVIZZERA) – 1 LUGLIO 2010).
Marco Brando, si può davvero dire che qualche volta “l’impero colpisce ancora”?
L’impero colpisce, eccome. Tanto è vero che i sovrani svevi – soprattutto Federico I di Svevia detto il Barbarossa e suo nipote Federico II di Svevia – in Italia sono ancora protagonisti del dibattito culturale e di quello politico. Basti pensare al recente e fantasioso film “Barbarossa”, finanziato dalla tv di Stato italiana e voluto della Lega Nord di Umberto Bossi per celebrare la presunta eterna battaglia della cosiddetta Padania contro il potere centralista. Non a caso la Lega Nord celebra a Legnano e a Pontida gli anniversari della lotta contro Federico, a Fossalta (Bologna) la sconfitta di Federico II. Oppure si pensi alla Lega Sud Ausonia: ha nel suo simbolo proprio Federico II, portato come esempio di un sovrano, si legge nel loro sito, “che seppe dare vigore e orgoglio alle genti del Meridione d’Italia”.
Come mai otto secoli dopo a proposito di un imperatore svevo nato nel 1196 si versano ancora fiumi d’inchiostro e alla sua figura si dedicano persino molte pagine online?
Perché ai mass-media, ai politici e alla gente piace il personaggio: potente,
ribelle, affascinate e, almeno in apparenza, moderno, innovativo e carico di misteri. Per i pugliesi, ad esempio, oggi Federico II è un mito positivo assoluto, il re buono delle favole. Gli hanno dedicato di tutto: strade, pub, banche, compagnie aeree, centrali elettriche, gelaterie, società immobiliari, pompe funebri, negozi di ferramenta. In realtà Federico non trascorse nel territorio dell’attuale Puglia più tempo di quello passato in altre aree del Mezzogiorno d’Italia: quel Regno del Sud che egli aveva ereditato da sua madre, la normanna Costanza d’Altavilla. Oltre tutto col termine Apulia nel XIII secolo si definiva tutto il Sud Italia, esclusala Sicilia. Quindi la mitizzazione, circoscritta nei confini della Puglia dei nostri giorni, è una circostanza con radici recenti: cominciò negli anni Trenta del Novecento, quando Federico fu riscoperto durante il fascismo per esigenze propagandistiche. Però ancora oggi caratterizza l’identità pugliese. Nel resto del Sud Italia Federico II non è amato così tanto.
Cosa succede invece nel resto d’Italia?
La Lega Nord usa oggi nella sua propaganda in salsa medievalista l’antica rivalità della Lega lombarda contro gli imperatori svevi. Anche se in realtà molti comuni all’epoca erano filo-imperiali (Pavia, Cremona e Lodi, ad esempio). Certo, questa retorica anti-sveva non è solo farina del sacco di Bossi: è un’antica inimicizia nata prima sull’onda della retorica legata al Risorgimento italiano e poi di quella della Resistenza, contro l'”eterno” nemico tedesco. Un fenomeno tipicamente italiano, tanto è vero, ad esempio, che non mi pare si ripeta nel Canton Ticino, malgrado che nel XIII secolo abbia condiviso la sorte dell’attuale Lombardia.
E l’atteggiamento della gente nei paesi di cultura germanica?
Federico II oggi è ricordato pochissimo, o per nulla, nella terra d’origine di suo padre Enrico VI:la Germania. La sua figura fu riscoperta e manipolata dal regime nazista. Dopo c’è stata l’amnesia, a livello di massa. In realtà in Germania sono molto più noti suo nonno Barbarossa e Federico II di Prussia, sovrano settecentesco, che è un pilastro del sentimento nazionale germanico. Lo Svevo invece è sempre stato considerato troppo “italiano” e troppo “mediterraneo” per essere utilizzato nella costruzione di tale sentimento.
Il mito federiciano nel Medioevo c’era?
Egli in verità – assieme ai suoi figli – fece il possibile perché la sua figura fosse mitizzata. Ci riuscì, ma il ricordo durò solo per alcuni decenni dopo la sua morte. Ciò che oggi costituisce il mito di Federico II è per lo più frutto di una serie di operazioni culturali e politiche che hanno radici nell’Ottocento e nel Novecento.
Dopo il titolo dai richiami stevensoniani – “Lo strano caso di Federico II di Svevia” – il sottotitolo del suo libro recita “Un mito medievale nella cultura di massa”. Le ragioni di queste scelte?
Il titolo ricorda quello del celebre romanzo dello scrittore britannico Robert Louis Stevenson. Nel romanzo Henry Jekyll è uno scienziato che prepara una pozione in grado di separare le due nature dell’animo umano, quella buona e quella malvagia. Lo stesso Federico II di Svevia si è dibattuto tra queste due nature; e tuttora è giudicato buono o cattivo a seconda dei punti di vista. Il mio libro è dedicato proprio al modo in cui un mito medievale viene metabolizzato dalla nostra cultura di massa. Diciamo che ho utilizzato Federico per parlare dell’abuso pubblico della storia, spesso piegata – soprattutto dall’Ottocento in poi e soprattutto in Europa – a interessi nazionalisti o di partito.
Perché è stata manipolata la storia?
Non si è fatto ricorso a questo manipolazioni solo nel caso di Federico II. La nascita degli Stati nazionali europei è stata segnata da questi fenomeni, con lo scopo di creare spesso presunte “identità”, utilizzate magari come mazze per opprimere altri popoli o per rivendicare altri territori. Ancora oggi purtroppo il sistema funziona.
Che cosa si intende per questione federiciana?
Rispecchia dibattiti accesi e datati. Primo fra tutti, il dibattito sulla “laicità” e “modernità” di Federico II e della sua opera. Durante il Novecento anche i giudizi degli storici germanici sullo Svevo si sono giocati tra due estremi. Da un lato, per esempio, c’è stata l’ammirazione, negli anni Venti, da parte di Ernst Kantorowicz: enfatizzò Federico II come il fondatore dello Stato laico, basato su una dottrina giudicata “illuminista”, e guardò a lui come prototipo del demiurgo capace di unificare le masse e di costruire la coscienza del popolo tedesco. Dall’altro lato, oggi si può citare la sobrietà di Wolfgang Stürner, dell’Università di Stoccarda. Secondo Stürner, Federico non è stato l’anticipatore di uno Stato laico; la sua opera legislativa semmai rivela un sovrano legatissimo alla sua epoca, che si sente legittimato da Dio e partecipe dell’ordine divino. Certo, anche Stürner – nel suo volume “Federico II e l’apogeo dell’impero” – dell’imperatore sottolinea i lati innovativi, a partire da un’idea di Stato responsabile del rispetto del diritto. Tuttora questa doppia valutazione di Federico suscita interesse, al punto da aver fatto nascere vere tifoserie.
Ancora: Federico fervente crociato o uomo senza Dio addirittura filo-islamico? Insomma, avevano ragione i Guelfi o i Ghibellini?
Io penso che sia stato un vero sovrano medievale, con tutti i pregi e i difetti. Amava anche la cultura islamica ma fu feroce quando si trattò di far fuori i musulmani di Sicilia in rivolta. Non era l’anti-Cristo dipinto dai papi, suoi rivali; riteneva però che il suo potere discendesse da Dio e che il pontefice non potesse essere un intermediario. Fece una crociata meno sanguinaria di altre perché gli conveniva dal punto di vista militare e politico. E la sua rivalità con i comuni guelfi era legata a ragioni geopolitiche, non religiose: tanto che spesso anche i comuni, rivali tra loro, cambiavano casacca diventando ghibellini o viceversa. Insomma, Federico II, se vogliamo, è stato saggio ma pure folle, per dirla con un grande medievista barese, Giosuè Musca (1928-2005). Le categorie di saggezza e follia sono molto relative e bisogna verificarle in modo preciso in rapporto alla mentalità, al tempo e alla cultura degli uomini di cui si sta trattando. Secondo Musca, lo Svevo è stato “un uomo condannato dalla storia a praticare quelle virtù che la società e la cultura del suo tempo pretendevano da lui. Fu un uomo di molte virtù e di molti vizi”. Come tutti i potenti, anche quelli dei giorni nostri, per intenderci.
Che cosa si intende con il termine “Magna Curia”? Quale fu l’importanza culturale della corte di Federico II nella prima metà del XIII secolo?
Federico II ereditò la “magna curia”, cioè la “grande corte”, dai normanni: era il massimo organo amministrativo del regno di Sicilia e fu riorganizzato proprio sotto il suo regno. La magna curia federiciana era un ambiente vivace, con una gran varietà di interessi letterari, giuridici, filosofici e scientifici, che rispecchiavano sia la tradizione normanna che i gusti personali di Federico, legato alla cultura latina, araba, ebraica e greco-bizantina. Era il più vivace centro culturale del XIII secolo in Italia. Nacque ad esempio in quell’ambiente la cosiddetta “scuola siciliana”, che raccoglie tutta la produzione poetica in volgare italiano anteriore a quella toscana. Non solo. La magna curia era una corte itinerante, perché Federico II raramente si fermava a lungo in un centro del suo grande regno. Quindi la sua influenza non rimase circoscritta alla Sicilia.
Tra i tanti misteri legati al mito dell’Imperatore quello legato ai suoi castelli e residenze, e a Castel del Monte in particolare, è ormai una specie di luogo comune new age. Perché lo pseudo esoterismo dei nostri tempi ama tanto sfruttare la figura di Federico?
Il personaggio è stato usato per scrivere fantasiosi racconti sul Sacro Graal, un favola bella e buona, frullata con leggende sui templari, che Federico detestava ma che qualcuno vuole raffigurare come suoi fedelissimi alleati. Castel del Monte – un bellissimo castello da lui voluto in Apulia e di cui si conosce perfettamente la funzione – è diventato per tanti il tempio magico che custodirebbe chissà quali misteri. La passione recente per Graal e Templari hanno insomma trascinato con loro l’ignaro Federico. Tutte frottole che non hanno nulla a che fare col vero affascinante personaggio storico. Tuttavia queste favole alla gente piacciono. E il boom dei mezzi di comunicazione di massa ne ha favorito il proliferare: in tv, sul Web e via elencando. Peccato che queste fantasie abbiano spesso la meglio, in Italia e non solo, sulla realtà storica. Molti lettori mi hanno però confidato di aver anche sorriso leggendo il volume, soprattutto nella parte in cui descrivo i vari miti nati intorno a Federico: mago, ultimo faraone, play boy, ecologista, animalista, pacifista…
Al di là di stereotipi, leggende e strumentalizzazioni politiche, perché vale ancora la pena di studiare e approfondire la sua figura e la sua epoca?
Federico II è affascinante sia come personaggio storico che come personaggio mitico, reinventato al giorno d’oggi. D’altra parte Benedetto Croce sosteneva che ogni storia è “storia contemporanea”: lo storico ricrea nel suo animo i fatti, rievoca nella sua coscienza gli stati d’animo che caratterizzarono l’avvenimento indagato; e quindi lo fa rivivere. Federico si presta molto per spiegare – anche nei suoi lati positivi – il meccanismo utilizzato. Ci ho provato col mio libro, scritto in stile giornalistico, perché non sono uno storico e non voglio fingere di esserlo: faccio il cronista. Ma il fatto che due importanti medievisti, Raffaele Licinio e Franco Cardini, abbiano scritto prefazione e postfazione, mi conforta sul fronte della correttezza dei dati storiografici citati. Per il resto, l’argomento è controverso ed è destinato a far discutere: i libri si scrivono proprio per questo motivo.
HO letto su federico II due o tre saggi storiografici e sicuramente era una figura importante per il sud ,sono d’accordo sulla tesi che era un imperatore medievale con i pregi e i difetti dei suoi contemporanei ,ma mi sembra che tutti gli storici sono concordi nel considerarlo dal punto di vista culturale e religioso come un sovrano aperto.Dal punto economico- amministrativo mi sono fatto l’idea che abbia sperperato molte risorse ed abbia dato i commerci redditizi e fiorenti di quel periodo in mano ad alcune repubbliche marinare del nord essendosi molto indebitato.