Taranto. Ancora sul ponte Punta Penna – Pizzone

di Daniela Lucaselli

Gli scrittori locali affermano che esistesse in passato un ponte in muratura grandissimo e bellissimo, collocato tra il promontorio della Penna e quello del Pizzone. Alcuni attestano che sia di epoca messapica, altri di età greca, in particolare del periodo del maggiore splendore di Taranto.

C’è chi sostiene che esso fosse stato distrutto prima della venuta di Annibale, e chi, invece, attribuisce ad Annibale il suo uso. Chiariamo subito un primo aspetto. E’ insostenibile l’ ipotesi che attribuisce un ponte in muratura ai Messapi, “che avrebbero così avuto la possibilità di recarsi dalla Città al contado al nord della Penna”. Questa gente viveva in case, la cui copertura era costituita da canne o da rami di alberi, amalgati da una malta di fanghiglia, che costituivano un villaggio. Come avrebbe potuto costruire questo popolo indigeno, privo di mezzi adeguati, un imponente ponte in muratura?

Passiamo ad un secondo punto. Il Carducci parla indiscutibilmente dell’uso di questo ponte in muratura, durante la seconda guerra punica, da parte di Annibale.  A sostegno di questa affermazione lo storico tarantino offre diverse argomentazioni:

1)      In primo luogo fa cenno a quanto riportato da Polibio che, pur non adducendo l’esistenza di questa grande opera di ingegneria, riferisce una nota importante. Egli asserisce infatti che la distanza fra la città e le vicinanze del Galeso, dove mise il campo Annibale, dopo aver conquistata la città, è di circa 40 stadi.  Il Carducci desume da questo dato che Annibale, per questo suo spostamento, utilizzò il ponte esistente trala Penna e il Pizzone, in quanto la distanza di 40 stadi, se avesse seguito il giro del Mar Piccolo, sarebbe stata certamente doppia.

2)      Strabone e Appiano parlano di un ponte nelle vicinanze di quello attuale di Porta Napoli, cioè alla bocca del porto.

3)      La sua esistenza in passato sarebbe sostenuta e comprovata sia dalla testimonianza degli scrittori locali, che dai segni  presenti, all’epoca del Carducci,  sotto il promontorio della Penna. Il Carducci infatti ipotizza e riconosce le fondamenta di un ponte tra la Penna e il Pizzone in alcuni blocchi, posizionati in doppia e tripla fila, che si vedono sotto le acque, proprio dietro la lingua di terra, chiamata la Penna. Non è da sottovalutare questo dato che, comunque, potrebbe far supporre l’esistenza, in antico, di una muraglia, simile a quella che recingeva la polis dalla parte della costa meridionale di Mar Piccolo.

4)      Quei “segni”, quelle fondamenta di un  ponte, nel tempo avrebbero formato, a causa delle correnti di marea, un mucchio arenoso. Anche il Baffi sostiene l’esistenza del ponte, durante la seconda guerra punica, che poteva essere stato demolito dai tarantini stessi per garantire una  maggior sicurezza della Città, o addirittura poteva essere crollato.

5)      Lo storico cita alcuni versi del Cataldiados di Bonaventura Morone (1), nei quali si evince l’esistenza di un ponte, costruito con travi appuntite conficcate nei fondali del mare, ideato e realizzato per scopi militari. Questa tesi certo non tiene presente la profondità del mare che in quel tratto va dai 50 ai90 metri, pertanto risulta improbabile, per non dire impossibile che questo ponte potesse essere piantato con travi appuntite.

Ponte Punta Penna Pizzone visto dal lato Punta Penna

Si legge inoltre che questo ponte era costruito come in passato era stato eretto il ponte di Porta Napoli “edificato forse sul modello di quello, co’ pilastri l’uno discosto dall’altro, sicchè così si desse luogo al flusso e riflusso del mare e s’impedisse che col continuo accrescimento di arena e fango, il porto non fusse otturato”.

Le ipotesi e le tesi del Carducci sono certamente contraddittorie e quindi aperte ad ulteriori approfondimenti. Comunque, in questa disquisizione non si può non citare il prof. Arcangelo Valente, che, come illustre storico locale, sostiene che anche i Greci avevano costruito ponti in muratura e come “tale doveva essere anche a Taranto l’antico passaggio tra il Pizzone e la Penna”.

Archeologi, topografi e studiosi del settore nel secolo scorso hanno portato avanti ricerche al fine di controllare e verificare le affermazioni degli storici locali. La conclusione dei loro studi è stata quella che, salvo qualche stacco naturale di roccia calcarea che formò intorno ai due promontori una specie di scogliera, nulla implica l’ esistenza di un ponte, né tracce di lavori eseguiti dall’uomo, né segni che il terreno fosse stato artificialmente modificato. Per le fondazioni in muratura sarebbero stati necessari i tagli nel terreno, “ferite” che avrebbero dovuto lasciare le loro tracce.

Come si fa ad ipotizzare un’opera così grandiosa? La lunghezza del ponte sarebbe dovuta essere di oltre 600 metrie la struttura, nel tratto centrale, avrebbe dovuto solcare il mare di ben13 metri. Concludendo si può negare l’esistenza, in antico, di un ponte in muratura tra la Penna e il Pizzone.

NOTA:

B. Morone, Cataldiados, Libro IV, Roma, (1614),  pag.86.

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