di Paolo Vincenti
Con Leucasia e le Due Sorelle Storie e leggende del Salento (Mancarella Editore 2008), il poeta Carlo Stasi ritorna alla scrittura narrativa, racchiudendo in questo prezioso volume alcuni racconti fantastici, a metà fra storia e leggenda, ai quali da almeno un quindicennio ci ha abituato questo scrittore, nato ad Acquarica del Capo ed approdato, dopo un lungo girovagare fra Lombardia e Salento, in quel di Lizzanello, luogo della sua attuale residenza. Chi legge le cose di Stasi, infatti, sa che egli, oltre alla scrittura in versi ed alla sperimentazione verbo visiva delle sue prove in volume, ama raccogliere fiabe, filastrocche, modi di dire, aneddoti, cunti, che poi dispensa nei suoi interventi su svariati fogli e riviste locali. In questo libro, Stasi riprende un storia molto bella e affascinante, quella di “Leucasia”, ripubblicando ed ampliando quanto già aveva scritto nel libro omonimo del 1993 (che ha avuto altre 3 ristampe fino al 2001), come a voler rivendicare la paternità di questa storia fantastica della quale molti altri si sono occupati nel corso degli anni. “Di nuova alchimia.
Una terra trasformata in miti”: questa la materia del libro, mutuando il titolo della bellissima Introduzione di Giovanni Invitto, il quale scrive: “ Anche il mare, che nella mitologia universale sta ad indicare l’origine della vita, qui diventa pascolo per l’amore, nella sua dimensione crudamente fisica, e per la morte, in un chiasma che riavvince Eros e Thanatos. Certo Leuca divenuta Leucasia ( o viceversa?) sintetizza in se Eco e Narciso, Idrusa e Circe, Ulisse e le sirene, Medea e Giasone ripresi in alcune strofe metastasiane. Altrettanto avviene per Aristula e Melisso che divengono Punta Meliso e Punta Ristola, quasi come due braccia aperte che vogliono proteggere la baia leucana”.
Dopo “Leucasia”, troviamo una storia immaginata del grande poeta latino Quinto Ennio di Rudiae e di suo nipote Marco Pacuvio di Brindisi durante il periodo delle guerre puniche, intrecciata con una “love story” con la bella Berenikes; poi la storia dell’Organo di Salve e del suo miracoloso arrivo in terra salvese; quindi, sempre dall’entroterra leucano, viene la leggenda della Grotta delle Fate , mirabilmente rielaborata dallo Stasi; poi troviamo “La pila di Pompignano” che ci riporta al paese di origine dell’autore, l’antica Acquarica del Capo con la vicina Presicce; il breve racconto in vernacolo “La catta”, e infine la leggenda delle Due Sorelle di Torre dell’Orso, intrecciata con la suggestiva storia d’amore inconfessato tra le due sorelle innamorate dello stesso uomo.
Il substrato che dà magma alle storie di Stasi è quello archetipico della terramadre leucana, una terra ricchissima di miti e leggende, una terra ammaliata ed ammaliante, in cui la fervida fantasia popolare nel corso dei secoli ha partorito queste storie irreali, forse per esorcizzare le ancestrali paure che sempre l’hanno insidiata dappresso.
Alla fonte della saggezza popolare, Stasi si è abbeverato durante gli anni del suo apprendistato formativo; quel bagaglio di tradizioni popolari si è portato con sé nei continui spostamenti e quel patrimonio etno-antropologico di usi, costumi, folklore, preghiere, invocazioni, ecc., gli è servito quando ha preso il gusto dello scrivere. Quelle storie della terra salentina, nostra terra madre padre, metabolizzate e riorganizzate, Stasi ha poi ricreato grazie alla sua capacità scritturale e alla sua vena narrativa e affabulatoria. I racconti sono accompagnati da disegni a china dell’autore.
Molto interessanti e complete sono anche le note esplicative così come la Tabula Gratulatoria che si trova alla fine del libro. La storia e la leggenda si intrecciano, evocando magiche suggestioni e affascinanti dilemmi mai risolti, in questa raccolta nella quale l’autore riporta, in apertura, i seguenti versi di Oscar Wilde, quel geniale scrittore irlandese dell’Ottocento amante della provocazione e del paradosso: “La vera occupazione dello storico è descrivere accuratamente ciò che non è mai avvenuto”.
Così Stasi ci consegna quest’altro lavoro, che va ad aggiungersi alla sua già cospicua produzione e a dilettare la nostra compiaciuta salentinità.