Luca Giordano: documento inedito del dipinto di Maria SS.ma della Purità di Gallipoli
di Antonio Faita
Nella seconda metà del Seicento la pittura napoletana rinnovò il suo linguaggio in modo moderno e maturo grazie alla presenza e all’attività di due artisti: Mattia Preti e Luca Giordano.
Interpreti felici della pittura barocca, i due artisti dettero inizio alla loro carriera con un’adesione sentita e partecipata al naturalismo caravaggesco. I termini maggiormente utilizzati per definire Luca Giordano sono libertà espressiva, energia creativa, rapidità dell’esecuzione, vastità della produzione. La libertà espressiva fu ciò che lo contraddistinse sin da giovane, quando, allievo di Mattia Preti, apprese soprattutto lezioni di metodo. In tal modo iniziò a dar corpo al suo giovanile desiderio di rinnovamento, dettato da quell’energia creativa che lo accompagnò durante tutto il suo lungo percorso formativo.
Luca Giordano diede vita ad un numero ingente di opere con una rapidità nell’esecuzione ineguagliabile al punto che gli valse, secondo quanto riportato dal biografo Bernardo de Dominici, il soprannome di “Luca fa presto”.
Anche Gallipoli, la bella città jonica, può vantare una testimonianza del grande pittore napoletano. Trattasi del dipinto su tela del grande altare marmoreo del ‘6001, raffigurante “Sancta Maria Puritatis”, ubicato in una delle più interessanti chiese della città, la chiesa a lei intitolata, un vero gioiello che raggiunge le tonalità più alte dell’arte plastica figurativa2.
Il dipinto è un autentico capolavoro, uno dei pochi quadri del pittore napoletano, siglato in basso sulla destra, con le lettere L. G., intrecciate e seguite da una F (Luca Giordano fece). Da notare, inoltre, che nella Cattedrale si conserva un dipinto collocato, sull’altare di Sant’Isidoro Agricola, di patronato del Capitolo, il quale reca la firma del Giordano con la stessa sigla (LGF) e il suo autoritratto, nella figura del cavaliere meravigliato che assiste al miracolo del Santo3.
Certo è che il dipinto è stato argomento di discussione per gli studiosi di storia dell’arte, riguardo la sua autenticità, ma a confermarcela è un documento inedito conservato presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli e rintracciato durante le mie ricerche, sfogliando il “Libro Maggiore” dell’anno 1663.
Nell’Archivio Storico del Banco di Napoli si conservano documenti concernenti la società pugliese nei secoli XVI-XIX ed i suoi rapporti con Napoli e gli antichi banchi pubblici. Una fonte preziosa ed unica per la storia dell’antico Regno delle Due Sicilie è la “causale” delle fedi di credito e polizze degli antichi banchi e cioè la ragione del pagamento in esse contenute4.
Ma vediamo in dettaglio la trascrizione del giornale mastro: Banco dello Spirito Santo, g.m. 474. Partita di 30 ducati del 22 ottobre 1663. A Gio. Montoya de Cardona D. 30. Et per lui a Luca Giordano, quali glili paga in nome e parte d’una Congregazione novamente eretta nella città di Gallipoli sotto il titolo della Madonna Santissima della Purità. Et sono in conto d’un quadro con il ritratto di detta Madonna Santissima che l’haverà da copiare dal suo originale et detto quadro ha da essere alto palmi dieci e largo palmi otto con Angeli a torno detta immagine et sotto d’essa ch’haverà da venire pittato San Giuseppe da una parte et San Francesco d’Assisi dall’altro. Qual quadro haverà da servire per l’altare maggiore di detta Congregazione et promette darlo finito di tutto punto fra termine d’un mese da 22 settembre 1663 et l’assicura che dovrà riuscire d’ogni perfettione come dalla sua molta virtù spera. Et per esso a Emanuel Freitas Pinto de Mendoza e sono a compimento di D. 209 et sono per tanti li restituisce per tanti da lui aveva ricevuto per dovergliene fare alcune opere di quadri di pitture. E con detto pagamento resta da esso saldo e sodisfatto di tutti conti passati fra loro non dovendo da esso pretendere né conseguire cosa nessuna. E per esso a Pietro Barone per tanto lavoro d’argento che l’haverà conseguire5.
Il primo dato di novità che emerge da questo documento è che l’autore afferma chiaramente che il dipinto commissionatogli dovrà copiarlo dall’originale e famoso dipinto iconografico cinquecentesco della Madonna della Purità, del pittore manierista spagnolo Luis de Morales (1509-1586), di proprietà di un nobile casato napoletano e donato nel 1641 ai Padri Teatini di San Paolo Maggiore a Napoli6, dal quale successivamente furono tratte altre repliche.
Inoltre, il Giordano doveva aggiungere attorno a detta immagine una corona di nubi da cui fuoriesce in basso, liberamente, un nugolo di angeli e sotto di essa, le figure in adorazione di San Giuseppe e San Francesco d’Assisi, compatroni della chiesa. Da questi elementi, si può desumere che il dipinto di Gallipoli non può essere una derivazione di quello esistente nella chiesa dei Teatini di Sant’Andrea della Valle a Roma, opera del napoletano Alessandro Francesi7, con l’immagine di Maria Vergine col Bambino e in basso le figure di tre Santi (e non due) e per giunta in piedi (e non inginocchiati): San Giuseppe, San Gioacchino e Sant’Anna e neanche del dipinto raffigurante la Madonna del Rosario, che lo stesso Giordano dipinse per la chiesa di San Potito a Napoli nel 16648, postcedente quella di Gallipoli.
Quanto al cupolone, collocato in basso tra i due Santi, identificato in genere con la rappresentazione delle chiese di Sant’Andrea della Valle di Roma o dell’Assunta di Savona, occorre precisare che nessun riscontro documentario è dato per attestare tale identificazione.
Del resto suscita meraviglia che il documento di committenza del vescovo Montoya, così particolareggiato nell’indicare tutto il corredo iconografico, espressamente richiesto in aggiunta all’originale del Morales, non contenga alcun esplicito riferimento alla rappresentazione di una delle suddette chiese o, comunque, di un edificio sacro. Potrebbe quindi trattarsi di un’autonoma scelta del Giordano, indicante in termini simbolici la chiesa orante che eleva la sua preghiera a Maria, tra le due figure-guida di San Giuseppe e San Francesco, o in alternativa un’ipotetica rappresentazione della chiesa gallipolina di destinazione del dipinto tra le figure dei suoi Protettori.
Il documento è di grande importanza anche perchè, oltre a confermarci l’autore e i dettagli circa la realizzazione del dipinto, ci rivela un elemento importante: la data della consegna: 22 ottobre 1663. Con questo, possiamo dare per certa la costituzione della Congregazione e la realizzazione dell’attuale oratorio a navata unica.
Infatti, circa le origini della chiesa e della congregazione, le fonti più note sono costituite dalle “relationes” delle Sante Visite Pastorali locali, in particolar modo quelle dei vescovi Oronzo Filomarini del 1715 e del 1716 e Gaetano Muller del 1905 e del 1907, nelle quali sono contenute una dettagliata descrizione architettonico-artistica del sacro edificio, nonché le notizie delle modifiche apportate nel corso dei tempi9.
Ma il promotore fu senz’altro mons. G. Montoya de Cardona (1659-1666) che, tra il 1662 ed il 1665, dettò le regole statutarie della nuova Congregazione, alla quale vennero affiliati la classe dei “bastasi” che erano i facchini addetti al carico e scarico di merci nel porto10, visti la fervente operosità e il benessere economico-sociale dovuti agli intensissimi traffici commerciali.
Nelle norme statutarie, il secondo capitolo, oltre a precisare gli obblighi degli iscritti e gli adempimenti, prevede anche le indicazioni circa la misura dei contributi da versare e da utilizzare per abbellire la chiesa con tele, con marmi policromi, con statue di Santi, per acquistare arredi sacri11.
Le numerose espressioni di arte che arricchiscono e caratterizzano la chiesa di S. Maria della Purità, ritenuta chiesa-pinacoteca di un certo interesse nazionale, testimoniano la ferma volontà di uno dei più importanti ceti di lavoratori della città, organizzato in Confraternita ad integrare il “sacrum” della chiesa con il “pulchrum” dell’arte12.
NOTE:
1. S. VERONA, Gallipoli e i suoi monumenti, Tip. Stefanelli, Gallipoli 1983, p. 82.
2. IBIDEM
3. S.M.Statale “E. Barba”, Note storico-artistiche della chiesa di S. Agata (Basilica Cattedrale di Gallipoli), a cura degli alunni della 3ª cl. Sez. G (1986), pp. 73-74.
Cfr. S. VERONA, Gallipoli e i suoi monumenti, Tip. Stefanelli, Gallipoli 1983, p. 53
4. M. PASCULLI, Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo, Ed. Schena, 1983, ristampa 1986, p.12.
5. A.S.B.N., Banco di Santo Spirito, Libro Maggiore, anno 1663, foglio 474. (fotoriproduzioni digitali dal documento originale, eseguite da Antonio Faita e donate alla Confraternita di Santa Maria della Purità); In seguito alla mia ricerca, sono venuto a conoscenza che il documento era stato già pubblicato da E. NAPPI, Luca Giordano: notizie documentarie inedite tratte dall’Archivio Storico del Banco di Napoli, estratto da “Ricerche sul 600 napoletano” (2003/2004).
6. << Questa immagine fu proprietà di un nobile casato napoletano che poi l’offrì ai Padri teatini di San Paolo Maggiore che era il principale stabilimento dei Chierici Regolari Teatini nella città partenopea perché il fondatore, san Gaetano Thiene vi era vissuto e morto. Nel 1647, il Capitolo Generale dell’Ordine decise di proclamare questa Madonna della Purità Patrona celeste dell’Ordine e Ordinò che ogni chiesa teatina dedicasse un altare ad essa, con una riproduzione del quadro napoletano.>> (www.mimmademaio.com/solofrastorica/Mariadesalve.htm)
cfr. C. GELAO, Confraternite arte e devozione in Puglia dal Quattrocento al Settecento, Electa Napoli, 1994, p. 262 (scheda opera, parte I, sez. III, redatta da Mimma Pasculli Ferrara); cfr. pure, E. PINDINELLI – M. CAZZATO, Civitas Confraternalis. Le Confraternite a Gallipoli in età moderna, Ed. Congedo Galatina, 1997, p.35.
7. IBIDEM
8. C. GELAO, Confraternite arte e devozione…, cit., p. 263.
9. A. BARBINO, La chiesa pinacoteca di S. Maria della Purità in Gallipoli, Grafiche Sud Pacella Gallipoli, 1998, p.7
10. E. PINDINELLI – M. CAZZATO, Civitas Confraternalis…, cit., p.35.
11. A. BARBINO, La chiesa pinacoteca.., cit. p.11
12. IBIDEM, p. 45
Pubblicato su Il Bardo, Anno XV-2005, n°3.
Interessante. A Colletorto, in provincia di Campobasso si conserva un tondo ligneo della Madonna della Purità, di pregevole fattura.
Nel *Borgo degli Angioini* a Colletorto (CB), a pochi passi dalla torre merlata di Giovanna I d’Angio’ (1326-1382), nella Chiesa del Battista si conserva un magnifico tondo della Madonna della Purita’. L’iconografia, molto diffusa nell’area dell’Italia meridionale, nei suoi tratti pittorici, risulta particolarmente espressiva sul piano artistico. L’autore è ignoto. Ma la notizia che incuriosisce, e,forse, può spiegare la sua presenza, è questa. Il borgo molisano venne acquistato nel 1704 dal Marchese Bartolomeo Rota, mecenate, anima pia, ricco banchiere, personaggio potente nella Napoli del Settecento. Si sa che sposò donna Emanuela, figlia del grande pittore Luca Giordano. Il Rota, nell’area della Capitanata, inaugura un potente marchesato dopo aver acquistato San Giuliano di Puglia. I legami con il pittore Luca Giordano dunque sono strettissimi. Forse questo profondo legame familiare può spiegare la presenza nell’area di svariate opere pittoriche sconosciute.