di Gianni Ferraris
“L’uomo ha raccolto tutta la saggezza dei suoi predecessori,
e guardate quanto è stupido“
(Elias Canetti)
San Mauro con il tetto rosa. Parto dal bell’articolo pubblicato oggi, sabato 17 su Paese Nuovo, a firma Francesco Pasca (il sorriso rosa di San Mauro) per comprendere, almeno per tentare di farlo. “Spero in un inizio di questo tipo se si vorrà raccontare un luogo. E’ così che vorrei iniziasse la nuova storia dell’abbazia di San Mauro… nella fattispecie di quel che oggi è un composto rudere onorato dal restauro posto “ieri” da altre motivazioni sulla Serra Salentina, sul gigante millenario che non è dato, né curato mai tingersi di verde, di spontanea macchia mediterranea…” prova ne siano le (artatamente) bruciacchiate sterpaglie attorno alla chiesetta che possono preludere ad un tentativo di cementificazione ulteriore della costa salentina. E termina l’articolo con parole di liberazione autentica “Potessi farei tinteggiare di rosa il mondo, per ripulirlo con il Nuovo che non è questo Nuovo.”
I giovani, plurale, arduo e troppo complesso per una sola persona, foss’anche un artista delle tinteggiature, hanno osato sfidare ed hanno dato visibilità, oltre che suscitare l’indignazione collettiva, ad una chiesetta abbandonata nonostante restauri fatti negli anni, hanno osato osare l’impossibile. Confesso anch’io, ho sorriso vedendo le fotografie. Politicamente scorrettissimo, me ne rendo conto, culturalmente uno scempio, lo so. Però immaginiamo che il rosa duri lo spazio di 200 anni, diventerebbe parte integrante della chiesa stessa e gli studiosi del 2210 si scannerebbero sull’opportunità di riportare il bene allo stato primitivo o se conservarne i mutamenti come testimonianza del tempo in cui i giovani erano carne da macello per globalizzatori, fornitori di precariato, cesoie del futuro di un’intera generazione. Chissà come finirebbe. Non lo sapremo mai per due ordini di motivi, il primo squisitamente anagrafico, non abbiamo nessun medico che ci garantisca di vivere tanto, il secondo perché, sono certo, si provvederà al dovuto ripristino della chiesetta stessa, magari per lasciarla, come attualmente succede, in mano a incendiari di macchia mediterranea, piuttosto che arrembanti cementificatori d’assalto. La costa, quella parte di costa, è appetibile. Qualcuno, ricorda Pasca, ha messo un post su facebook “I giovani distruggeranno tutto quello che di antico, di storico, artistico c’è ancora del nostro passato…” Non sottoscriverei per nessun motivo questa scempiaggine, intanto perché generalizza. “I giovani”, tutti quanti? Che facciamo allora? Li sterminiamo? In secondo luogo perché questa deriva altro non è se non l’eredità che noi non più, ahimè, ahinoi, giovani abbiamo lasciato loro. Se si restaura, dovutamente, una chiesetta in cima ad una collinetta e la si lascia all’incuria anziché proporla come meta turistica, se la si lascia sola, senza uno straccio di indicazione, cosa pretendiamo? Se dalla scuola pubblica si vuole cassare l’insegnamento della storia dell’arte, quale messaggio si lancia? A chi compete questa responsabilità? Indignarsi è giusto e sacrosanto, pretendere di riportare le cose allo stato primitivo è giusto . E poi? Valorizzeremo il bene pubblico, artistico, culturalmente importante, oppure diremo “che bravi siamo stati, speriamo vada tutto bene”. Questo è il frutto del depauperamento del territorio dalle sue peculiarità, quel tetto rosa può essere riparato senza molta fatica, per nessun motivo potrà essere toccato lo scempio fatto a Porto Badisco da piscine sulla costa, discoteca, centro congressi, il tutto costruito sul mare, scippando alla natura e a chi ama il mare stesso la possibilità di usufruirne. Solo per il tornaconto personale di alcuni cementificatori salentini DOC. E si che sull’alto di Santa Cesarea c’è posto per fare tutto senza deturpare alcunché.
E proviamo ad andare nel centro storico di Gallipoli, quale messaggio ricaviamo dagli infissi in alluminio anodizzato e dalle insegne orripilanti? Perché non ci si indigna anche per quello e ci si costituisce parte civile?
Se proprio dobbiamo costituirci potremmo farlo contro amministratori poco avveduti, che hanno permesso quegli scempi lasciando all’incuria e all’improvvisazione veri e propri beni dell’umanità. Se miss Salento è nella pagine cultura, cosa ci vogliamo aspettare ancora? E poi, dicamolo, i giovani sono stupendi.
Com’è fragile e indifeso il nostro Patrimonio! E com’è fragile e indifesa la nostra società, e come siamo fragili e indifesi anche noi stessi se per un’azione disgraziata come questa sorridiamo.
Mi ero ripromesso, fin da principio, di non dire la mia per non fungere, paradossalmente, da cassa di risonanza (a questo siamo arrivati!) non tanto allo sdegno di coloro che hanno ancora un minimo non dico di cultura, ma almeno di sensibilità oltre che di buon senso, quanto, piuttosto, allo spirito di emulazione che nell’ignoranza, mista ad idiozia, ormai dilagante rappresenta, ormai, per giovani e non, l’unico sfogo per una vita senza senso. Poi ho approfittato della recente risposta dello spigolatore Fabio che opportunamente riesumava una questione etimologica affrontata nel post, piuttosto datato “E oggi disquisiamo di aghi”, per esprimere sull’atto vandalico la mia opinione senza dare soddisfazione a quel bisogno disperato di visibilità e di esibizionismo che c’è sempre dietro a simili atti, bisogno (non è necessario essere psicologo, o meglio psichiatra, almeno nella fattispecie, per capirlo) figlio di un retroterra complesso e non sempre facilmente individuabile. Tuttavia, la lettura del post dello spigolautore Gianni mi lascia perplesso, per non dire allibito. Pur condividendo totalmente le sue asserzioni sulla latitanza di famiglia, scuola, società e, amarum in fundum, politica (latitanza plurima ormai sfruttata come valido alibi che dà vita ad un perverso gioco dello scaricabarile con risultati che sono sotto gli occhi di tutti), pur apprezzando l’ironia che a tratti sembra sottenderlo, nel complesso lo scritto mi sembra pericolosissimo perché interpretabile da chi non è attrezzato (e non mi riferisco solo ai giovani…) come una sorta di scappellotto amichevole, di un amichevole rimbrotto. Come non dargli torto, poi, quando leggo “immaginiamo che il rosa duri lo spazio di 200 anni, diventerebbe parte integrante della chiesa stessa e gli studiosi del 2210 si scannerebbero sull’opportunità di riportare il bene allo stato primitivo o se conservarne i mutamenti come testimonianza…”? Verissimo, ma a tal proposito mi vengono in mente i graffiti moderni (tipo “Mario ama Lola”) sovrapposti agli affreschi pompeiani (fino ad ora non ne ho offerto la documentazione non tanto perché non fossi tanto abile da trovarne il pretesto, ma per vergogna). Mi chiedo: fra 200 anni, con l’aria che tira, ci saranno studiosi in grado di distinguere gli uni dagli altri e, nel nostro caso, ammesso che non si corra ai ripari, gente in grado di leggere e interpretare le cronache del tempo (ammesso che a questi geni venga in mente, in via preliminare, di consultarle)? E poi, in chiusura, un desolante dettaglio: in una delle foto pubblicate dall’amico Marcello fa ancora bella mostra di sé una tanichetta abbandonata che probabilmente nel momento in cui scrivo attende solo un ulteriore “inquinamento delle (presumibili) prove”…
C’è chi ha detto (e condivido pienamente) che chi maltratta (o, peggio, tortura) un animale prima o poi lo farà con un suo simile; parafraso dicendo che chi stupra una testimonianza del passato (che a modo suo è vita) prima o poi lo farà con un essere umano.
Prima che qualcuno rimproveri a me, ex insegnante di latino e greco, un difettoso adattamento della locuzione “dulcis in fundo” (strano che fino ad ora non l’abbia fatto nessuno…) aggiungo quanto ho dimenticato, per la fretta, di aggiungere al testo. Ho volutamente sostituito l’originale complemento di stato in luogo (in fundo) con quello di moto a luogo (in fundum) per sottolineare come, continuando così, faremo onore al detto “non c’è limite al peggio”. E ora, dopo questa dichiarazione di pessimismo, mi si accusi pure di essere comunista…
Caro professore Armando,
ci tengo a dirLe che avrei molto piacere se Lei volesse far parte della rinata “Brigata degli Amici dei Monumenti” -onore alla memoria del suo Primo Fondatore, il Principe Apostolico di Lecce- che si radunerà prossimamente in risposta all’appello: “SOS per un portale” lanciato dalla professoressa Falco.
Naturalmente sono invitati a parteciparvi tutte le “Spigolatrici” e tutti gli “Spigolatori”, ed i lettori e commentatori (come il sottoscritto).
Purtroppo le condizioni fisiche mi consentono spostamenti piuttosto limitati, sicché ho potuto partecipare solo idealmente alla mobilitazione da lei promossa contro le piattaforme petrolifere (non bastavano ed avanzavano quelle tante volte propinataci da sindacalisti e politici?), della quale, se fosse stato possibile, mi sarebbe piaciuto essere uno degli attori più sacrosantemente scalmanati.
errata corrige, non è porto badisco, ma porto miggiano. Mi scuso.
il pericolo non è il mestiere, anzi. Il pericolo più grande sono le amministrazioni che permettono di costruire sulla costa, o che tacciono di fronte allo scempio dell’alluminio anodizzato, oltre che di una scuola colpevolmente ridotta allo sfascio. Se il giovane pittore di rosa vede queste porcate ha o meno il diritto di pensare che tutto è lecito? E se noi abbiamo lasciato in eredità ai giovani uan società bacata, rozza, colpevolmente pervasa da grandi fratelli, la colpa non è del giovane. E poi il rosa mi piace.
E’ doloroso, non giustifica il gesto, ma non riesco a non dare ragione a Gianni. Ha ragione, e come!
p.s. : per quanto riguarda o stupro delle opere d’arte lei pensa che bondi e i suoi predecessori si possano annoverare con questa genia di stupratori potenziali visto lo scempio di Pompei?
Certamente sì (ho goduto, anche per contrasto, per la b minuscola dell’immenso sandro e, come si vede, mi sono adeguato…), ma anche il custode (quando c’è…) che, anziché vigilare, sta giocando a carte col collega mentre lo studente di una classe in visita o un turista idiota sta sovrapponendo i suoi graffiti a quelli originali, il detto turista o l’alunno, il professore che lo accompagna solo nominalmente, etc. etc. Vuoi vedere che rimane senza giustificazione solo quel coglione che di fronte ad un affresco o ad una pietra si commuove e resterebbe ore in devota contemplazione e quel cane, uno dei tanti di Pompei, che, a differenza degli umani, sa dove lasciare più o meno rispettosamente il ricordino del suo passaggio? Va a finire che lo (il coglione) ricoverano e lo (il cane) sopprimono.
Non credo che questo scempio possa mai divenire una “testimonianza del tempo in cui i giovani erano carne da macello per globalizzatori, fornitori di precariato, cesoie del futuro di un’intera generazione”.
Nell’articolo si sottolinea, più volte, come sia necessario non generalizzare il concetto di “giovani”. Proprio per questo, il gesto di questo folle, non testimonia e non testimonierà nulla di socialmente significativo sul mondo giovanile. Certo, nella società, nella politica, nell’istruzione possono essere rintracciati numerosi fattori condizionanti; tuttavia, non possono essere sottovalutate le colpe e le motivazioni personali. In passato, persino di fronte a dei selvaggi capaci di mettere fuoco ad un barbone, si è invocata più volte la cattiva influenza di società e media, finendo quasi per discolpare gli autori di gesti insani. E’ una tendenza, figlia della sociologia a buon mercato e da salotto TV, che sinceramente non condivido.
Ah lo scempio, anche un pazzo imbianchino vendette in vita un solo quadro, faceva scempio della pittura secondo i dotti, medici e sapienti. Si chiamava Vincent.
Comunque non era mia intenzione giustificare responsabilità individuali, anzi. Comnque, da figlio del buon mercato delal sociologia salottiera, chiudo questa discussione, non senza dire che grazie alle interlocuzioni mi sono convinto delle ragioni esposte.
Saluti
Politicamente corretto sembra il voler trovare qualche ragione che valorizzi un vigliacco!
Confido di poter avere prossimamente il piacere e l’onore di incontrare e conoscere il sig. Gianni Ferraris alla riunione di “volontari della Cultura” che si vorranno prodigare per l’antico e malridotto portale in pietra leccese di via Antonio Galateo a Lecce segnalatoci dalla prof.ssa Giovanna Falco.
Ugualmente dicasi per il sign. Carlos d’Amore.
Nel caso dovessero essere annunciate delle defezioni, sarei il primo a dover mio malgrado declinare l’invito a partecipare.
Scusate, ma lo stesso vale, da parte mia, per i signori Nino Pensabene e Alessio.
Tanti saluti.
B. P.
La ringrazio per il gentile invito
Sono convinto, conoscendo il “provocatore” Gianni , che sarà il primo a prodigarsi, come ha sempre fatto con la sua penna su questo sito e sulla carta stampata, per la tutela della cultura in tutte le sue forme, sia la cultura scolpita nelle pietre o la cultura degli animi che desiderano e sognano di migliorare situazioni e persone, cose che in questo pezzo ha forse tentato di fare entrambe rischiando qualche corto circuito e qualche conseguente ed inevitabile fraintendimento. Piccole disavventure di penna che possono capitare già con il rosato salentino che tanto piace a me e a Gianni, figuriamoci con il rosa shocking! :P
viva la libertà d’opinione
Gentile Beniamino, sono scandalizzato quanto lei da quell’oltraggio a San Mauro – come testimonierò domani salendo su quella rupe -e personalmente sono dell’opinione che non si debba lasciare spazio ad ambiguità di sorta e concedere spunti a giustificazioni nella lettura di certi fatti inaccettabili, da condannare “senza se e senza ma”, senza esitazioni di pensiero e d’opinioni. In questa ambiguità Gianni credo sia un po’ incappato nella forma espressiva del suo messaggio. Già, il messaggio, qual era però questo messaggio? Credo che, presi dal fervore di quel bisogno di perentorietà e intransigenza che sulla vicenda lei e altri commentatori avete giustamente esibito e che le ho appena scritto di condividere francamente e fortemente, sia passato tuttavia inosservato il punto focale del messaggio di Gianni- che lei pure condividerà pienamente -, punto che era presente e primario nel brano in questione: scandalizziamoci della istituzionale e quotidiana indifferenza verso i nostri beni culturali e non solo di fronte a certi fatti eclatanti. È facile accorgersi – mi ha fatto comprendere Gianni col suo pezzo – del Rosa shocking, è inevitabile indignarsi nell’evidenza di un gesto oltraggioso, è invece molto più difficile accorgersi delle offese a quegli stessi beni che si consumano nell’ordinarietà della vita, nel quotidiano distillare del tempo in cui si verifica l’abbandono graduale, lento ed invisibile ai più di quegli stessi beni, un oltraggio meno appariscente, molto più silente ma anche molto più dannoso di una passata di vernice! Distratti cittadini come siamo per lo più, ci indigniamo tutti per un gesto infame come questo di cui parliamo ora o per un crollo a Pompei, raramente invece ci rendiamo conto, salvo rare eccezioni, dell’offesa che ogni giorno arrechiamo con l’indifferenza sistematica per la bellezza, la nostra o quella di chi deleghiamo a prendersene cura e vigilare.
Viva la libertà di opinione dunque, come scrive lei, ma viva anche il dialogo, mi permetta di aggiungere, che unicamente ci fa capire quali sono le opinioni altrui.
Saluti
Pier Paolo Tarsi
Gentile signor Pier Paolo Tarsi,
lei ha perfettamente ragione.
Nel mio piccolo, sebbene fossi andato (e lo sono ancora…) “su tutte le furie” per l’oltraggio fatto ad un Monumento al quale sono tanto ma veramente tanto legato, avevo prestato attenzione a quel brano del discorso del sig. Gianni Ferraris, e lo avevo apprezzato, e come!
Che poi su altro non concordassi con quanto affermato, questo attiene alla impossibilità che si debba pensarla (e vederla) allo stesso modo.
Certo che io su quello sfregio con la vernice rosa non transigo, come non transigo sulle responsabilità di coloro che operano colpevolmente e negligentemente giorno per giorno contro i Beni Culturali, come giustamente viene scritto dal signor Ferraris in quel brano che lei riporta nel suo commento.
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