Per i nostri lettori uno studio inedito di Vito Salierno, uno dei massimi esperti di islamistica in Europa. Oggi la terza parte dedicata alla cartografia ottomana della Puglia
di Vito Salierno
Tutte le coste, i porti e le isole del Mediterraneo erano note da gran tempo ai navigatori arabi: ma è solo con il sorgere della potenza turca ed il predominio ottomano nel Mediterraneo che la cartografia diventò una scienza pratica basata soprattutto sull’evidenza oltre che sulle conoscenze precedenti dei geografi arabi ed europei. Degli ammiragli (qapudan) della flotta ottomana i più noti furono Kemal Rais e il nipote Piri Reis (1470-1554), che navigarono per tutto il Mediterraneo in un’incessante guerra di corsa in proprio e ufficiale contro Veneziani e Genovesi. Durante quest’attività Piri Reis vide e studiò porti, isole e coste, di cui eseguì schizzi e disegni, annotando quanto gli sembrava degno di interesse.
Nacque così il Kitab-ï Bahriyye (Il libro del mare), composto in due versioni, nel 1521 e nel 1526. Le carte della prima versione, destinate per l’uso della gente di mare, erano sommarie e stilizzate, con una non gran cura nel disegno: il testo, a somiglianza delle antiche guide nautiche, aveva lo scopo di dare consigli pratici alla navigazione. Lo dice lo stesso Piri Reis alla fine dell’introduzione: “Dopo che le avevo radunate assieme a Gallipoli [la Gelibolu nei Dardanelli], nel 927 H. [1521], scrissi le descrizioni [delle coste e dei porti] e in seguito disegnai le carte dei luoghi descritti”.
La prima stesura del 1521 comprendeva 132 carte, a colori, disegnate senza estrema precisione, che, assieme ai relativi testi, dimostravano l’uso pratico del Kitab-ï Bahriyye. Il libro descrive le coste del Mediterraneo e la maggior parte delle isole di una qualche importanza: la trattazione delle differenti parti varia in ampiezza ed esattezza secondo il grado di conoscenza diretta o meno da parte dell’autore, che fece di certo uso dei portolani e degli isolari italiani a lui noti. Le parti descritte in maniera più dettagliata riguardano le coste e le isole del mare Egeo, la regione natale di Piri Reis; seguono le coste della Grecia e le isole Ionie, visitate assieme allo zio Kemal Rais durante le campagne di Bayazed II; e l’Africa del Nord, tra Bougie ad ovest e Tripoli ad est, le basi della guerra di corsa.
Le carte delle coste pugliesi sono tra le più belle, con descrizioni dettagliate, indice di una presenza costante sui luoghi da parte del nostro cartografo. La Puglia era sempre stata all’attenzione dei radi viaggiatori-cronisti arabi sin dai tempi di Ibn Idrisi, citato e ripreso dal maghrebino al-Himyari e dall’andaluso Ibn Sa’id nel XIII secolo.
La prima carta dà grande risalto all’arcipelago delle Tremiti (Santa Mariya Tiremite), distanti poco più di venti chilometri dalla costa garganica: “Sono un gruppo di cinque isole. Su una c’è un prospero monastero [l’abbazia benedettina di Santa Maria sull’isola di San Nicola]. I nobili miscredenti dei dintorni vengono qui per divenire monaci. Il monastero è stato fortificato con cannoni e armi tanto che sembra una fortezza. C’è un buon porto. Tre isole si possono paragonare ad un treppiede. Le navi non possono entrare nella bocca che dà verso scirocco perché è un luogo basso e scoglioso; ma la bocca di libeccio è profonda e le navi (barça) possono entrare e uscire. C’è poi un’altra bocca verso grecale, anch’essa profonda. L’isola lunga che sta a nord-ovest è piena di orti e giardini Dall’isola lunga fino alla costa di Rumelia [la Puglia] sono diciotto miglia e in questo percorso vi sono varie secche: il mare ha alti e bassi”.
Nella carta, al centro dell’arcipelago è l’isola di San Nicola, con l’abbazia e le fortificazioni, collegata da una serie di secche all’isola di San Dòmino; ad est, l’isola di Capraia, e ad ovest, duegrossi scogli, che in realtà si trovano tra le isole di San Nicola e San Dòmino. Nell’estate del 1567 una flotta turca compì una scorreria lungo le coste, saccheggiando Ortona, Vasto, Termoli e Sant’Agata, e attaccò le Tremiti: dopo un tentativo di sbarco ed un assedio durato tre giorni, dal 5 all’8 agosto, i Turchi abbandonarono l’impresa. La carta è completata sulla terraferma dal borgo e dallo scalo di Fortore (qal’e-i Forti e iskaliya Forti), dal lago di Varano (quello di Lesina non è considerato tale essendo ancora aperto sul mare tra Torre Fortore e Torre Mileto), e dal borgo di Rodi Garganico.
Il versante orientale del Gargano comprende Peschici (qal’e-i Beshtigye), Vieste (Peshtigye) appoggiata ad un promontorio roccioso con il litorale sabbioso chiuso da un gigantesco monolito, il Pizzomunno, indicato nella carta come un grosso isolotto, e un’abbazia indicata con il nome vago di monastero (monastir), probabilmente l’abbazia della SS. Trinità di Monte Sacro. Il 15 luglio 1554 Vieste fu saccheggiata da Dragut, il successore del Barbarossa: gli abitanti che non riuscirono a fuggire furono decapitati su una roccia presso la cattedrale, detta poi “chianca [pietra] amara”. Precisa e dettagliata è la carta successiva che reca l’indicazione “provincia di Puglia” (vilayet-i Puliye); da Mattinata, non indicata con il suo toponimo, a Capo Sant’Angelo (qavo Sangelo) con, sullo sfondo il monte, da Manfredonia (qal’e-i Mafordonye), città grande e densamente popolata, a Barletta (qal’e-i Barletta) tra le quali è segnata la foce dell’Ofanto con le torri a difesa. Significativa è quest’indicazione del fiume con le torri di guardia, che sorgevano generalmente o su qualche promontorio o in tratti di spiaggia dove fosse facile l’approdo o alle foci dei fiumi dove i barbareschi facevano “l’acquata”, cioè il rifornimento di acqua dolce. (continua)
Per gentile concessione del quotidiano Il Paese Nuovo di Lecce
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