di Marcello Gaballo
Domenica pomeriggio, 24 luglio 2011. Sono stato invitato a guidare un gruppo di circa 150 persone, tutte convenute a Nardò per un convegno nazionale. Con me anche l’architetto Giancarlo De Pascalis, con cui ho illustrato alcuni dei monumenti in città.
Il gruppo il giorno prima aveva visitato Lecce ed Otranto, riservando la conclusione del soggiorno salentino alla nostra città, preferita a Gallipoli per la festa in corso che lì si teneva.
Non mi soffermo sull’esigenza dei partecipanti di trovare un rivenditore di cartoline e souvenir, impossibile a soddisfarsi per essere venuti in un giorno festivo.
Voglio invece riferire delle considerazioni offerte al sottoscritto tra uno spostamento e l’altro.
L’itinerario prevedeva la visita alla chiesa di Santa Chiara, da qui alla chiesa di Sant’Antonio, quindi piazza Salandra, San Domenico e la Cattedrale. Un breve tour, rapportato alle circa 2 ore e mezza a disposizione.
Se soddisfazione, almeno questo è apparso, hanno avuto dall’illustrazione dei monumenti, diverse sono state invece le lamentele per le condizioni urbane e il mancato decoro.
Piazza Sant’Antonio piena di rifiuti, Via Muricino con le erbacce da entrambi i lati, auto a tutta velocità in Piazza Salandra, essendo le restanti parcheggiate in ogni dove nei pressi della chiesa di San Domenico, la cui facciata è stato impossibile guardare per l’incapacità agli ospiti a potervi sostare anche per pochi minuti.
Dovunque sacchetti di immondizia depositati, ubriachi ad occupare le panchine della piazza, astemi in canottiera e pantaloncini corti, con ventri esorbitanti a prendere il sole che da un bel pezzo era tramontato.
Eppure avevo anticipato nella prima tappa che Nardò è il secondo comune dopo Lecce per numero di abitanti ed estensione del territorio;16 Kmdi costa meravigliosa; tradizione culturale millenaria; frazioni attivissime; terra fertile e ubertosa; arte in ogni dove.
Mi son dovuto rimangiare tutto, convenendo con i presenti, accorsi da ogni parte d’Italia, che questo è il profondo Sud, l’arretrato e incivile entroterra salentino, che d’estate si preoccupa solo di far apparire linde e accoglienti le marine, lasciando tutto il resto in balìa di quanti credono di poter spadroneggiare, anzi infastiditi dal turista curioso.
Scrivo con rabbia, forse per nascondere il pianto che stava sopraggiungendo quando ascoltavo le lamentele sacrosante di quei speranzosi, ai quali mi sforzavo di far apparire la mia città tra le più belle.
Ho tollerato quando scansavano i sacchetti di immondizia e quando criticavano l’asfalto sui basoli delle strade che percorrevano. Cercavo di giustificare le accozzaglie di colori delle facciate, gli infissi in alluminio, le insegne e i neon fuori da ogni regola. Cominciavo a perdere la pazienza notando l’obbrobrio della stradina che porta a Santa Chiara, da tempo impalcata, raccomandando di proseguire in fila indiana sulla precaria passerella in legno, al di là della quale mucchi di macerie e detriti ormai ricoperti da lussureggiante parietaria facevano da sfondo.
Giustificavo l’esuberanza giovanile delle scritte con lo spray sui muri antichi di Via San Giovanni e sulla fiancata del Conservatorio. Ma il colmo si è toccato quando due malcapitate ci hanno rimesso i tacchi percorrendo via Duomo e piazza Pio XI, dove dovevamo radunarci per parlare della facciata sanfeliciana della nostra cattedrale.
Finalmente poi è finita. Li ho lasciati in chiesa, dove celebrava l’assistente nazionale dell’Azione Cattolica, Mons, Segantini, che ha percorso con gli altri il tragitto. Ho tirato un respiro di sollievo, ripromettendomi di non accompagnare mai più gruppi di turisti, per non rimettere più la faccia, come mi è successo in questo fatidico giorno.
Ho capito che questa città non potrà mai essere la città d’arte che ho sempre sognato. Ho preso coscienza che è tempo sprecato studiarla e vantarsene per la sua gloriosa storia. Ho preso atto che d’estate a Nardò non si può venire, salvo che non la si voglia considerare un semplice dormitorio, tanto per giustificare i diversi B&B che da tempo la animano, per i quali i privati, ricordo, hanno investito risorse di non poco conto.
E non mi si venga a dire che, come al solito, è colpa dell’Amministrazione, insediata da poche settimane. E’ colpa di tutti noi, a cui forse sta a cuore solo l’orticello e la residenza estiva al mare o in campagna, dove ospiteremo le maldicenti comari, che sparlerebbero della scarsa pulizia del viale d’ingresso traboccante di vasi fioriti e rallegrato da colorati oleandri in fiore.
Non inviterò nessuno che non sia del mio stesso paese, per non millantare e dovermi ancora vergognare di essere neritino.
Chiedo scusa agli ospiti, pregandoli di astenersi da visite estive. Se qualcosa di buono sarò riuscito a fargli conoscere, lo rammentino sfogliando un bel libro o una rivista patinata che decanti le bellezze cittadine, evitando di tornarci, in attesa che i neritini comprendano le occasioni mancate e maturino il senso civico che ho visto mancare.
Una serie di foto corredano questo sfogo, scattate sul solo tragitto percorso domenica, senza alcun fotomontaggio, senza ritocchi, tanto per aiutare la riflessione di noi neritini che vorremmo cambiare lo stato attuale.
C’è tanto da fare, caro Sindaco e cari amministratori neo-eletti, e credo ci vogliano molte ordinanze per cercare di rimettere a posto l’orrido che è sotto i nostri occhi. Nel frattempo mi rendo disponibile ad accompagnare i dirigenti e i politici per una visita guidata, perchè si rendano conto anche essi delle difficoltà che occorre superare per ridare dignità alla gloriosa civitas neritina.
Sapete come si chiama il male che affligge tutta l’umanità compreso i cittadini di Nardo’ e noi stessi compresa me, e anche te Marcello?
Si chiama assuefazione….
Non ci siamo mai accorti prima dello stato in cui versa il centro storico e la cittadina di Nardò? secondo me si; in realtà ci siamo talmente abituati a questo stato di cose, che non abbiamo neanche la forza di ribellarci, e ci siamo fatti portare dall’onda (sana o malsana quale essa sia stata) risvegliandoci nel momento in cui qualcuno ci fa notare i nostri difetti… positivo il fatto che almeno ci sia stata una reazione, e ancora più positivo che ci sia stata da parte di un uomo di cultura come te che ama così tanto la sua città, da fargli scrivere questo atto d’accusa, quasi rinnegandola…
la città siamo noi, e fino a quando non si risveglieranno le coscienze, dalle meno impegnate a quelle che amministrano, non si andrà da nessuna parte.
La chiave di lettura sta proprio in questo: quanto ci sembra normale questo stato in cui versa la nostra città? proviamo a fare un sondaggio tra i cittadini e credimi…io nel mio piccolo la risposta la conosco già; si va dal ” è sempre stato così”, al “è l’amministrazione che ci deve pensare noi non ci possiamo fare nulla” =assuefazione.
Piccolo flash emblematico: una settimana fa a Nardò ero ferma al semaforo di via XXV Luglio, e mentre ero in attesa che diventasse verde, vedo volare dal finestrino della vettura davanti a me una bottiglia di plastica vuota, andata a finire sul marciapiede della città… credo non ci sia null’altro da aggiungere.
Caro Marcello, vorrei piangere con te. Ma non ci sono più lacrime! Condivido ogni tua partila ed ogni tua speranza per una Nardò all’altezza della sua fama. In noi neretini, certo no faccio di ogni erba un fascio, manca il senso civico e l’amore per la propria Terra.
Peccato che però chi vuole bene alla sua Terra, alla Cultura della sua Terra alla Storia, alle tradizioni, viene sempre messo all’angolo ed ogni iniziativa è tacciata di “ineresse personale” C’è tanta gente che vorrebbe fare tanto per la Sua Città ma ha le mani legate dalla burocrazia …chiamiamola così! Grazie per il tuo contributo e per il tuo Amore per la “NOSTRA” Nardò.
Enrico CIARFERA
Caro Marcello, le foto che proponi e le parole che le accompagnano dicono di una storia “infame” che è di questa Città da un tempo lunghissimo. Il problema del centro storico è il problema di Nardò, una città in cui le norme si tragrediscono evitando di guardare negli occhi la persona che si incrocia mentre si getta per terra il pacchetto di sigarette vuoto o il fazzolettino di carta o… E’ anche, molto, una questione di civiltà e di maturità di un corpo sociale che cresce solo nella esteriorità di una modernità senza valore. Mi auguro che il Sindaco colga il tuo appello. Ma che lo faccia anche quella parte dell’opposizione che dell’arte e della storia non può farne solo Accademia.
Caro Marcello, la tua ribellione è sicuramente voce di migliaia di altre proteste tutte più o meno simili perchè tutte più o meno simili le condizioni di degrado dei nostri centri. Tradizione e storia al servizio di Neanderthal. Il Bel Paese è afflitto dall’incuranza, sintomo agghiacciante di una malattia ben più grave: l’ignoranza.Le foto che ci hai offerto sembrano le radiografie di quei concittadini che lasciano la bellezza delle proprie case, piazze e monumenti, alla mercè del tempo, dell’istinto incivile armato di vernice, dell’incoscienza di doveri e di diritti. Dovere di difendere, diritto di gioire e d’inorgoglirsi della propria storia.La tua rabbia e la tua profonda passione dicono semplicemente che sei un soggetto sano: hai occhi per vedere e cuore per sentire. In più sai leggere le cartelle cliniche di ogni deformazione ripugnante che ci affligge e che non sempre è visibile. Mi unisco alla tua crociata d’indignazione, ma ti prego, quando sarò nella nostra terra, portami a visitare questi luoghi meravigliosi. Prometto: solo scarpe da ginnastica e occhiali tridimensionali!!!!!
Ieri sera, una signora non neritina, da poco proprietaria di una casa nei pressi dell’impalcatura (sic!) di via G. Zuccaro, raccontava a me e ad altre poche anime sensibili, presente anche il neo presidente del consiglio, Antonio Tiene, degli stessi problemi. Si chiedeva, ingenuamente, quanto ancora avrebbe dovuto attendere per la rimozione dell’impalcatura e la messa in sicurezza degli edifici. Mentre la signora parlava al contempo speranzosa allibita e irritata, l’ho interrotta, con deciso garbo, e le ho detto: “Signora ha presente l’immagine del centurione che con la spugna imbevuta d’aceto sfrega il costato del Cristo? Ecco io ascoltandola mi sento più o meno così”.
Questo succedeva mentre ero seduto a bere un bicchiere d’acqua al tavolino di un ristorante d’amici, posizionato nel cuore della città, su una strada parzialmente pedonale, gestita ad ore e ad umori isterici, e mentre avevo da poco finito di raccontare come in un paesino vicino vicino, il bel Seclì, non solo mi son dovuto sorbire lo sfottò di alcuni miei conoscenti per lo stato di semi-giungla in cui versa la città, infestata da erbacce ed alberelli, ma anche la sottile, ma non troppo, considerazione della signora che diceva: “ciò che mi ha sbalordito è che perfino vicino alle case c’è quest’erba alta”.
A parer mio ciò che viviamo è il risultato metamalapolitico di un trentennio (e forse più) di brutture, abusivismi, corruzione sociale, strafottenza, scambi di posti, laiche prebende e molliche di potere. Siamo immersi, assuefatti si diceva giustamente in qualche commento precedente, in un declino sociale e culturale, in un mare di apatia in cui non mancano esempi di anime illuminate pronte a piegarsi davanti a immediati interessi personali.
Una vergogna davanti alla quale ci si chiede come e perché si continua a vivere ottusamente in questa città.
Per sempre neritino, nel mio caso, e credo anche per altri, è ormai una droga.
“Ho preso coscienza che è tempo sprecato studiarla e vantarsene per la sua gloriosa storia.”: l’hai pensato e scritto in un momento di sacrosanta rabbiosa dichiarazione d’amore, ma so che non avrà un seguito, e questa è l’unica, forse ingenua ma incrollabile, speranza, di cui continuerai ad essere l’alfiere, che l’ignoranza e la barbarie non prendano definitivamente il sopravvento.
Siamo tutti addolorati, stanchi, assuefatti, esasperati e sopratutto incivili. Certo, certo. Ah, siamo anche tutti quanti orgogliosamente neretini. Però siamo anche allocchi e forse dei gran paraculo.
Gent. dott. Gaballo,
a costo di apparire banale e circostanziale non posso evitare, pur non avendo il piacere di conoscerLa direttamente, di lasciarmi andare ad un piccolo preambolo manifestandoLe la mia stima incondizionata ed il mio apprezzamento per il Suo appassionato ed instancabile lavoro di ricerca, studio e divulgazione della storia e delle tradizioni del nostro straordinario territorio.
Proprio per queste caratteristiche che Le appartengono indiscutibilmente, il suo addolorato e purtroppo condivisibile “j’accuse”… appare ancora più doloroso e sconfortante!
Spero che il sasso che con “dolorosa rabbia” ha avuto il merito di scagliare nello stagno delle nostre coscienze di cittadini prima ancora di quelle degli amministratori che hanno appena iniziato il proprio lavoro… produca un’onda lunga di consapevolezza e responsabilità.
Caro Marcello, chi ti conosce quanto basta comprende che questo tuo sfogo è la rabbia di chi, nonostante la passione autentica per la sua cittadina, non riesce ancora a vederla rispetta come si dovrebbe. Anche uno sfogo, se ha alle spalle le tue motivazioni, può servire. A me pertanto non la fai, lo so che da domani ti rimetterai al tuo paziente lavoro di studio e salvaguardia, non potrai farne a meno, testardo neretino, Tauro non Bovi! ;)
Carissimo Dt. Marcello.
Come non condividere il tuo prezioso articolo e i validissimi interventi di tanti lettori?
Purtroppo di queste lamentele ne abbiamo ascoltate tante e quasi tutte sono state disattese e dimenticate e penso che nel dimenticatoio finiranno pure queste.
Per sensibilizzare la cittadinanza e gli enti preposti al rispetto dell’igiene e del decoro urbano avrei da fare una mia modestissima proposta:
Perchè tramite questa rivista culturale ed altre testate informative locali non si lancia una campagna indirizzata a sensibilizzare tutti quanti i cittadini?
Tale campagna dovrebbe essere, martellante, insistente, persistente, ossessiva, noiosa e petulante. Ogni giorno, ripetutamente agli occhi e alle orecchie di tutti, dovrebbere risuonare incessantemente sempre gli stessi inviti a comportarsi in modo civile e decoroso, invitando i vigili ed altre forze di polizia a emettere multe pesantI a tutti i trasgressori sorpresi a non rispettare determinate regole, non solo, quotidianamente farei pubblicare e rendere noti tutti i nominativi dei trasgressori, in modo che si vergognassero delle loro azioni e fossero da esempio e anche da monito per chi vorrebbe ancora emularli.
Forse le mie proposte sono troppo utopistiche e non facilmente realizzabili ma davanti a questo andazzo qualche iniziativa azzardata andrebbe tentata altrimenti staremmo sempre a osservare le stesse e solite indecorose visioni
Condivido pienamente il dolore di Marcello e di tutti i miei compaesani che prima di me hanno commentato questa lettera. Che dire?
Di certo non ha alcuna colpa l’attuale Amministrazione appena insediatasi (sebbene io non sia un suo elettore). Credo che la colpa debba ricercarsi da un lato nella incapacità di tutti coloro che hanno amministrato questo paese negli ultimi 40 anni. E dall’altro lato la colpa è di tutti quegli imbecilli che graffitando i monumenti e il borgo antico del nostro paese non fanno altro che far sprofondare la nostra città splendida a cui io (come del resto tutti noi) sono legato ed innamorato, al rango di un autentico letamaio.
Carissimo Marcello,
sono profondamente addolorata e costernata nel sentirti addirittura dire quel terribile “non vale la pena…”, mentre io so bene che nessuno meglio di te sa quanto e come valga la pena…!!!! E condivido l’olimpica certezza di Pier Paolo: che da domani, anzi da oggi stesso, tu sia come sempre al lavoro, il tuo bellissimo e prezioso lavoro di ricerca e di conoscenza del patrimonio storico e artistico della tua città (e non solo!!).
La frase forse più bella che ebbe la bontà di dire il Sovrintendente per i BB.CC. (ecc.) della Puglia nel lodare il mio lavoro di ricognizione e ricerca, in occasione del dottorato, fu questa: “Non c’è tutela senza conoscenza”. Nessuno può avere realmente a cuore ciò che gli è estraneo (funziona così, purtroppo, anche tra esseri umani!). Dunque conoscere è il primo atto verso l’amare. E a chi il compito di far conoscere se non ad uno studioso serio, scrupoloso, colto e appassionato come te?! E per di più dotato di capacità organizzative e relazionali fuor del comune!
Se i cittadini (e non solo i neritini, come sai bene!!!!) conoscessero di più , amerebbero di più. In questo, però, consentimi, io vedo proprio – e specificamente – lo spazio d’azione delle istituzioni: tutte, da quelle scolastiche a quelle amministrative. Con la collaborazione dei privati, tanto degli studiosi – come te, appunto – quanto di imprenditori e altri soggetti attivi nel milieu economico locale.
Uno dei punti nodali del discorso, secondo me, è questo, e lo pongo come domanda/provocazione aperta: quando la provincia di Lecce e tutti i suoi comuni (tra cui, a far da esempio negativo, Lecce stessa) la smetteranno di concepire solo questo devastante e depauperante turismo stagionale-balneare e di considerarlo come una manna del cielo? Quando (ri)cominceranno a pensare in primis alla popolazione stabilmente e storicamente residente, alla sua (vera) cultura, ai suoi bisogni di varia natura – tra cui importantissimi, a fianco di quelli occupazionali e relativi alle infrastrutture funzionali, quelli di un’identità appunto culturale ed estetica, oltre che morale e civica?
Fenomenologia del neretino, ovvero come essere masochisti convinti di essere nel giusto
Caro Marcello, diverse volte abbiamo discusso a quattr’occhi (anzi, direi a otto!) del male incurabile di Nardò, della boria congenita dei suoi cittadini, della mancanza di civiltà che li caratterizza. Anche io sono molto pessimista e non vedo a breve una via di uscita, almeno fino a che i nostri concittadini non cresceranno culturalmente. Tanto per cominciare ogni tanto dovremmo cospargerci il capo di cenere e sottoporci ad un sano bagno di autocritica dando ascolto a chi ci osserva dal di fuori. I neretini, ad ascoltare gli abitanti dei paesi limitrofi (e come dare loro torto?), non godono di una buona fama, anzi passano dovunque per chiacchieroni, sbruffoni, arroganti e inaffidabili; tutti i “nardiati” inoltre, chissà perché, pensano di avere tre quarti di nobiltà nel sangue. Questa presunta aura di nobiltà, della quale pensa di essere pervaso chiunque sia anche soltanto benestante, forse è dovuta ad una vaga consapevolezza dei fasti passati, ma ha ben poco fondamento sulla condizione attuale della nostra città, che versa in uno stato pietoso sia dal punto di vista culturale, che sociale ed economico. Tutto ciò resterà immutato finché i neretini non acquisiranno un po’ più di modestia e non cominceranno a guardare agli altri come esempi da seguire e non soltanto da criticare a priori, non si limiteranno solo ad andare a Santa Caterina, ma viaggeranno un po’ e conosceranno il mondo che li circonda. Questo è il problema principale, l’insularità dell’animo, come la definiva il protagonista del Gattopardo, la ristrettezza (direi grettezza) culturale di gran parte dei neretini, molti dei quali non hanno mai guardato (se non in maniera distratta) al di fuori del proprio orticello, e pensano che Nardò sia caput mundi, che non ci sia niente di meglio della propria città. Il neretino medio non trova niente di meglio che andare di domenica a Santa Caterina, magari con la lucidissima macchina nuova, dove sfoggiare vestiti, borse e gioielli costosissimi. Il neretino è il prototipo tipico della civiltà dei consumi elevato all’ennesima potenza, ma porta con sé inevitabilmente anche un substrato provinciale e limitato. Questa visione limitata, dovuta fondamentalmente ad una ignoranza di fondo, porta d’altra parte a snobbare i turisti considerandoli semplicemente degli scocciatori che occupano parcheggi utili nelle marine. I nostri concittadini, abituati a non fare più dei quattro passi necessari a prendere l’automobile (chi va a piedi è considerato un poveraccio), vedono i turisti solo quali portatori di disagio e non di ricchezza! Basti vedere anche quanti ostacoli incontrano i pochi intraprendenti gestori di nuovi esercizi commerciali nelle marine, tempestati di lamentele e di denunce per il disturbo della quiete pubblica e sotto la costante maledizione degli invidiosi che sperano che chiudano. Il neretino DOC, in sostanza, vuole stare tranquillo a casa propria, desidera avere sempre un parcheggio a disposizione e non essere scocciato: stamu bueni a casa noscia! Come si potrebbe altrimenti spiegare il grandissimo successo turistico di Gallipoli e Lecce e la pressoché totale mancanza di ricezione turistica della nostra città?
[Scusate lo sfogo e gli errori di sintassi, semmai dovessero essercene, in un testo scritto di getto sotto l’impeto della rabbia. Andrea.]
Marcello non mollare ! Chi ti scrive fa e ha fatto visite guidate nel borgo antico di Taranto e sa cos’è il degrado, la sporcizia, il menefreghismo civico e politico. Ma siamo ancora qua a lottare !!!!
@ Salvatore Calabrese NON CAPISCO perché lo debbano fare gratis le testate giornalistiche e i blog che fanno informazione giorno per giorno e campano di volontariato e non lo possa fare la pubblica amministrazione che, in questo modo, sosterrebbe delle iniziative “veramente” culturali.
Se la risposta è che i soldi non ci sono….. rispondo con una domanda…… che Vi invito a porgere ai vostri amici e compagni di partito….. com’è che hanno fatto già le prime convenzioni?
Ciao Marcello,
come avrai visto sicuramente ho commentato il tuo “j’accuse” già stamane, ma volevo inoltre dirti che in questo tuo atto d’accusa si evince in tutta la sua interezza , la passione per la tua città al momento tradita, e come in tutti i tradimenti, il ripudio dell’amato è il risvolto naturale per la fine di una storia d’amore.
L’amore e la passione però non si cancellano, e credo che al di là dello sfogo, il tuo amore verso Nardò, si sia rinvigorito, e forse questa “singolare” vicenda ha fatto scattare nel tuo ego, la molla giusta per cercare il bandolo di questa matassa così intrigata, che è la gestione della “res publica” e trasmetterlo a chi temporaneamente siede sulle poltrone di città, auspicando, che si inneschi anche nelle loro di coscienze, quel processo indispensabile che si chiama “amore e senso di appartenenza” tale da portarli a rispettare quello che in fondo dovrebbe essere un atteggiamento naturale, di chi appartiene a qualcosa e si propone ad amministrarla per farla crescere.
Che altro dire, basterebbe che ognuno nel suo piccolo facesse il proprio dovere e tutto sarebbe diverso, e come dico sempre io da madre e moglie, i figli non si educano con le parole ma con l’esempio, e questo vale anche in tutti gli ambiti, sociali, amministrativi, e quant’altro.
come sarebbe utile che qualche politico potesse applicare la teoria del vetro rotto
In genere questi sfoghi sulla pulizia e il decoro dei luoghi li archivio in un posto della memoria con il fondo bucato. La pulizia è un concetto relativo e spesso capita di vedere gente scandalizzarsi per un non nulla. Hai fatto bene a pubblicare le foto altrimenti anche questa volta avrei pensato al solito sfogo del solito esagerato.
Non credevo che Nardò avesse le strade in queste condizioni.
Spero che sia solo il sintomo di un abbandono di un’area della città che, tra il vecchio che è passato e il nuovo che non si sa ancora quale sarà, versa in un apatico abbandono. Certo è lo scrigno delle cose più belle di Nardò e non può essere abbandonato alla trascuratezza solo perchè non ci abita o non ci commercia nessuno.
Sperando sempre che i nuovi possibili restyling non siano peggio della parietaria e delle scritte sui muri di oggi. Ecco … , magari giusto la pulizia delle strade e qualche intonaco nuovo sarebbero la soluzione giusta e definitiva.
Un po di lettere del sindaco in tono amichevole ai frontisti privati e un po di lavoro specifico sulle parti pubbliche da parte dei manutentori comunali farebbero miracoli e senza tanto bisogno di aspettare i fantomatici progetti plurimilionari a cui spesso si rimanda tutto per pigrizia o malafede.
Un capitano non abbandona mai la nave nemmeno nel momento del naufragio. Capisco cosa hai provato in quei momenti. Ho letto nelle tue parole amarezza e disillusione. Se non ti conoscessi ti direi di non demordere; visto che un po’ presumo di conoscerti so bene che non solo non ti sei arreso, ma che stai già lavorando instancabilmente come fai ormai da tempo. Hai dentro di te una grinta, una vitalità che ti aiuterà a superare sicuramente questo “incidente di percorso”. Il tuo zelo è inimitabile perchè credi in ciò che fai e sai di riuscirci.Tu sei una guida encomiabile che lotta e lotterà sempre per la sua terra, una terra che ami, una terra tutta tua.
La “conditio sine qua non” per essere ammessi a candidarsi come amministratore pubblico, dovrebbe essere quella di accettare di divenire impopolare agli occhi di qualcuno, nell’interesse della collettività. Invece, in massima parte vengono elette solo quelle che brillano di insulsaggine, questo perchè risultano tranquillizzanti agli occhi della stragrande maggioranza dei cittadini, ai quali va bene così, pochissimi vogliono correre il rischio di venire pelalizzati proprio da coloro che hanno contribuito ad eleggere. La cosa può sembrare meschina, ma purtroppo è proprio così!!! Quindi speranze di buon governo, non ne intravedo, vedo però la possibilità di inchiodare gli amministratori alle proprie responsabilità, tallonandoli senza tregua, stremandoli, obbligandoli a far rispettare le leggi che per fortuna esistono. Gli è piaciuta la bicicletta??? Bisogna farli pedalare e sempre più velocemente!!! Bisogna far presto, prima che l’assuefazione al degrado prevalga.
Condivido le parole di Massimo Maglio. So – come affermano Pier Paolo, Daniela ed altri – che Marcello non demorderà, anzi sarà ancora più stimolato a portare avanti le sue ricerche, perché ha Nardò nel cuore. Purtroppo tocca a noi, cittadini semplici, vigilare e cercare di far aprire gli occhi agli altri cittadini semplici, raccogliere sempre più voci e pretendere con fermezza che chi ci rappresenta (di qualsiasi colore politico e luogo sia) amministri la cosa pubblica con rispetto, ponendo rimedio a tantissime macroscopiche negligenze.
Forse sembrerà azzardato, ma voglio provare ad avventurarmi in un piccolo parallelismo fra quello che è l’argomento della discussione a cui ha dato vita l’amaro sfogo del “nostro” Marcello Gaballo, e quello che, un paio di settimane fa, fu l’intervento dell’ottimo Bruno Vaglio in merito alla crisi del mercato delle angurie!
Il Dott. Vaglio, facendo una straordinaria analisi “sociale” prima ancora che economica, si diceva d’accordo sul fatto che la via d’uscita più plausibile fosse rappresentata da un “salto di qualità” legato all’istituzione di un marchio che legasse il prodotto al suo luogo di origine e ne garantisse lo standard qualitativo.
Dal mio punto di vista, però, il passaggio cruciale dell’analisi di Bruno Vaglio aveva a che fare proprio con l’impegno e la determinazione che questo tipo di passaggio avrebbe richiesto con l’implementazione delle tecniche produttive e l’introduzione di rigide e certificate discipline qualitative… i nostri agricoltori sarebbero stati pronti? Sarebbero stati consapevoli e disponibili all’introduzione di rigidi standard di produzione?
Se ci pensate, l’aspetto più prettamente sociale dell’analisi del Dott. Vaglio può tranquillamente essere adattato anche ad altre problematiche della nostra comunità.
Quanti di noi sono disposti a metabolizzare il “concetto di appartenenza ad un territorio” (sia esso una città… od un centro storico) come un fattore che comporti anche delle responsabilità nel prendersene cura?
Credo che questo tipo di lacuna sia terribilmente presente fra la nostra gente, ed è sin troppo evidente come essa possa essere colmata unicamente da un forte e rinnovato stimolo culturale… a patto che esso, attraverso scelte oculate e lungimiranti (è qui, che è determinante l’intervento delle istituzioni), riesca a rendere “tangibili” concetti apparentemente solo “accademici” trasformandoli una sorta di “cultura applicata” da vivere quotidianamente.
Gli amministratori che si sono avvicendati sino ad oggi, anzi, per essere ottimista, “ieri”… hanno indubbiamente gravi responsabilità per lo stato delle cose… ma siamo proprio sicuri che sia completamente colpa loro?
Credo che il “pretendere di essere ben amministrati” non ci esuli dal fatto che sia necessario, prima di tutto, diventare cittadini migliori!
Ringrazio di cuore amiche ed amici, cittadini e non, per le gradite manifestazioni di solidarietà al mio post del 26 luglio, inaspettatamente letto da circa 800 lettori. Qualcuno pensa si tratti del solito lamento, senza che poi accada nulla; qualcun altro addita alla classe dirigente le responsabilità di un degrado ampiamente illustrato; buona parte è rassegnata.
Il problema è complesso e prevede il coinvolgimento di tutta la cittadinanza, con a capo la civica amministrazione, che per prima dovrà decidere se il centro storico di Nardò vada o meno salvato, recuperato, tutelato. Se non c’è questo convincimento allora è inutile continuare a parlare e possiamo chiudere la discussione, avendo solo stuzzicato, in un giorno qualsiasi di luglio, gli animi dei neritini, preoccupati in questo periodo se spira lo scirocco o il ponente, che condizionano i loro bagni lungo la bellissima costa.
Ancora una volta ripropongo quanto ebbi modo di scrivere nel 1996, ripreso in più occasioni negli anni successivi. L’ampio centro storico non può essere miracolosamente cantierizzato, data la sua estensione (2,5 Km di perimetro urbano). Allora bisogna cominciare da qualche parte, che ho sempre individuato nell’ asse Piazza della Repubblica, Via Vittorio Emanuele, Don Minzoni, Lata e Nicola Ingusci, oltre a via Duomo e Via De Pandi. Niente di più intelligente poteva esserci offerto sin dal XVI secolo, quando la città registrò il suo definitivo ampliamento, con la struttura urbanistica tuttora sotto i nostri occhi.
E’ da lì, ribadisco, che debba rinascere la città commerciale, politica, turistica ed artistica. L’ arte, grazie al cielo, è già presente ed è straordinaria (si pensi allo snodarsi del complesso del Carmine, del Teatro, della piazza, di S. Domenico).
In piazza ci sono due importanti strutture sulle quali conviene insistere: l’ex “pretura”, già palazzo municipale, e il “circolo cittadino”, già Sedile. Su queste investirei molto: come in tantissime occasioni ho scritto alla prima ridarei la sua funzione storico-politica, impiantandovi gli uffici del Sindaco e dei suoi assessori, oltre la sala consiliare, all’ uopo trasformata in sala conferenze o galleria. La seconda, il Sedile, la adibirei a sede del Comando della Polizia Urbana. Alle varie associazioni riserverei locali più periferici.
Nel poco distante complesso dei Carmelitani troverebbero collocazione alcuni uffici, oggi ospitati in strutture prese in affitto. Nel castello impianterei, oltre all’ assessorato al Turismo, con un adeguato servizio di informazioni ed accoglienza turistica, gli altri uffici ed una pinacoteca. Emerge chiaramente la vicinanza fra tutto, con evidente risparmio di mezzi e di tempo, essendo molto più rapido spostarsi per esempio dalla piazza al castello, anziché dal castello a via Due Giugno o, ancor peggio, per recarsi all’ assessorato al Commercio.
Fin troppo evidente lo sviluppo immediato che si avrebbe e naturalmente l’ operazione richiamerebbe attività commerciali, recupero di immobili da decenni chiusi o sfitti, restyling degli edifici privati e così via. Ovvio che l’ asse in questione sarebbe interdetto dalla circolazione con automezzi, fatta eccezione per i veicoli autorizzati.
Non è fantascienza! Tutti i centri storici d’ Italia lo hanno fatto e noi siamo tra i pochi che ancora ci poniamo il problema se recuperare o meno il nostro e, ancor peggio, se chiuderlo o meno al traffico veicolare.
Se questa ipotesi venisse accettata, pur con il miglioramento e perfezionamento dei tanti validi tecnici operanti in città (io non sono un tecnico) sarebbe automatica la risoluzione dei tanti problemi. Certo una serie di ordinanze del sindaco, la rimozione di alcuni obbrobrii, l’applicazione del piano del colore, l’obbligo a manutenere almeno gli esterni delle abitazioni e una certa impopolarità, sono inevitabili.
Ma questo è compito della politica. Noi possiamo solo proporre, suggerire, stimolare, confermando quanto vogliamo che la città cambi, in meglio, senza voler distruggere quanto i nostri avi ci hanno consegnato e che abbiamo il dovere di trasmettere ai posteri.
Intanto cominciamo con poco, così come ha giustamente scritto tra i precedenti commenti l’ingegnere Angelo Micello, del quale riporto uno stralcio: “…magari giusto la pulizia delle strade e qualche intonaco nuovo sarebbero la soluzione giusta e definitiva.
Un po di lettere del sindaco in tono amichevole ai frontisti privati e un po di lavoro specifico sulle parti pubbliche da parte dei manutentori comunali farebbero miracoli e senza tanto bisogno di aspettare i fantomatici progetti plurimilionari a cui spesso si rimanda tutto per pigrizia o malafede”.
Caro Marcello ho letto il tuo articolo di sfogo. Da non neretino posso dire che tutta Nardò dovrebbe essere orgogliosa di avere un concittadino come te che tanto si impegna a riscoprirne le radici storiche. Spero anch’io , come altri che hanno commentato l’articolo, che questo rimanga un giusto sfogo verso chi di dovere e che il tuo impegno nello studio della storia e della cultura del nostro territorio continui con più passione di prima. A presto. Francesco.
concordo a pieno con Marcello..
e di sicuro diventerò “cerbero” .. ammesso che possa ancora servire a qualcosa.
Per sempre Neritino.
Giancarlo de Pascalis
benvengano i “cerberi”
Ci sono due cose che mi hanno stupito nell’argomento: la prima lo stato di degrado delle pubbliche strade nel centro storico di Nardò, la seconda la discussione sulle “competenze” e in particolare il tirare in ballo l’amministrazione di turno (o passata) e il sindaco che la rappresenta. La pulizia e il decoro delle strade non compete al sindaco di turno, specie in una città articolata e amministrativamente complessa come quella di Nardò che non conosco, ma che stento a pensare confrontabile con quella di un paesino salentino di 3-5.000 abitanti. Non è competenza del Sindaco, nè dell’Assessore di turno, preoccuparsi dei tempi, dei turni e della qualità della pulizia delle strade. Ci mancherebbe altro che una città di queste dimensioni elegga un Sindaco per perdere tempo ad andare a controllare le strade cittadine o impartire ordini diretti. Presumo che queste incombenze siano da tempo stabilite e fissate in programmi che, indipendentemente dalla presenza di un sindaco vigilante o di un commissario supplente, vadano avanti da sole sotto la sorveglianza di un qualunque dirigente. Non credo che lo stato amministrativo di una cittadina con tanti abitanti abbia ancora bisogno dell’intervento “politico-amministrativo” per spazzare le strade o vigilare sul territorio. Nelle osservazioni nei commenti precedenti avrei voluto capire se questa macchina dirigenziale ci sia, se sia inadatta o colpevolmente partecipe del degrado segnalato da Marcello. Prima di inchiodare il solito sindaco alla croce mi piacerebbe sapere cosa fanno i diretti responsabili della pulizia della città o la vigilanza urbana, quale siano le risorse assegnate e le caratteristiche di qualità richieste dai programmi di pulizia.
E’ chiaro che poi, in un secondo momento, alla politica compete la sorveglianza sui sorveglianti di cui si assumeranno le colpe sulla eventuale compiacenza.
Comunque anche ieri Nardò era sui giornali (Gazzetta del Mezzogiorno) per lo stato del centro storico e in particolare dei servizi igienici.
hai colto nel segno, caro Simone, e ringrazio anche te per il qualificato intervento. Come giustamente sottolinei, non ho voluto scaricare le responsabilità sugli amministratori, in carica da un mese circa, ai quali tuttavia spettano le scelte politiche su come “mantenere in vita” il centro storico di Nardò che, ti assicuro, è tra i più importanti ed estesi della provincia. Le decine di chiese, i palazzi nobiliari, le caratteristiche corti, la stupenda piazza, le edicole votive, sono ottima occasione per visitarla. Ne sono orgogliosissimo per tanta arte ed è per questo che ho voluto gettare la pietra nello stagno
Ciao Marcello,
sono Carmine Corvo e ti scrivo da molto lontano -da Teheran- dove vivo e lavoro da 5 anni. Da tempo non ci vediamo e non abbiamo avuto l’opportunità di incontrarci, ma, da neritino emigrato ,quando torno in Italia mi divido tra Roma e Nardò e resta poco per cercare gli amici. La nostalgia del paese dove sono nato e cresciuto sino a 18 anni, e dove tornerò a vivere quanto prima, si è molto acuita in questi ultimi tempi e per non perdere i contatti con le mie radici profondamente e tenacemente mantenute ben salde nella terra natia, quando la sera smetto di lavorare cerco su internet le news su Nardò e non manco di dare uno sguardo al sito di Spigolature salentine (complimenti a tutta la redazione..veramente ben fatto). Ho letto quindi con attenzione il tuo sfogo su l’incuria in cui versa il centro storico di Nardò. Hai ragione caro Marcello, è proprio tempo sprecato……a volte c’è da vergognarsi di essere neritini. Per la mia cocciutaggine a decantare il mio (nostro) paese sono tante le persone che ho trascinato a visitare le nostre bellezze ….ma anch’io a volte avrei voluto nascondermi davanti a certe situazioni. Ricordo ancora quella volta quando a P.zza Salandra ho cercato di non far vedere (ma è stato impossibile) una lercia, sporca e sbrindellata bandiera dai colori somiglianti al nostro tricolore sventolante sul pennone della ex pretura. Possibile che nessuno ha mai fatto caso a tale vergogna? Eppure il grado di sporcizia che la ricopriva lasciava presagire che fosse li’ da tempo immemorabile. E’ vero che non dobbiamo addossare le colpe al Sindaco di turno (auguri al neo-eletto) ma qualcosina in più potrebbe fare l’Amministrazione comunale. Per esempio……c’è qualcuno che se ne va in giro per l’Italia a fare le Conferenze sulle 5 vele (ora diventate 4) assegnate a Portoselvaggio e poi nessuno pensa, non dico di mettere un presidio fisso, almeno ad agosto, davanti alla spiaggetta per evitare che i soliti deficienti rovinino gli scogli per spalmarsi sul viso la crema miracolosa (lo so…. non ci sono i soldi ) , ma quanto costa fotocopiare e disseminare per la zona gli avvisi ai bagnanti fatti alcuni anni orsono su cosa si può e non si può fare in loco? (E’ vero , sono sul sito del Parco…ma a quanto pare non basta) L’anno scorso mi sono preso la briga di recuperare uno di quei cartelli ed appenderlo accanto alla scogliera in questione tra la meraviglia dei bagnanti e redarguendo alcuni di loro. Caro Marcello, conosco poco le bellezze artistiche del mio paese, lo ammetto, ma quelle naturali le conosco molto bene da quando da adolescente sfidavo l’ira di mio padre per andare a fare il bagno “sotta all’addu” (allora era disdicevole frequentare quei posti ..i signori andavano alla “Lampara”) “Ci ti succede quarche cosa a ddi parti non c’è ceddi cu ti iuta-era solito ripetermi. Soffro molto, quindi, quando noto il menefreghismo di chi dovrebbe occuparsi con più attenzione della cosa, anche se i soldi sono pochi. Che ci vuole per svuotare con più frequenza i secchi della spazzatura che i turisti, per fortuna, riempiono diligentemente sino però a traboccare per terra? (agli inizi dell’estate si trovano ancora i resti della gita del 1 maggio abbinati a quella di pasquetta) E la macchina dell’addetto all’avvistamento degli incendi è proprio necessario,che sia parcheggiata in bella mostra accanto alla torre dell’Alto , unico elemento stonato per chi fotografa la bellezza del promontorio a picco sul mare? E poi, in barba alle normative antincendio che annualmente emette la Regione Puglia ed ai divieti di parcheggio previsti dalla legge Regionale istitutiva del Parco, perchè si continua a far parcheggiare all’interno della cosidetta zona 2 antecedente alla discoteca Casablanca?. Con chi se la prenderanno i responsabili dell’Ente di gestione parco del Comune di Nardò ( che forse non sono mai scesi a porto selvaggio in vita loro) se malauguratamente dovesse scoppiare qualche incendio a causa del contatto delle marmitte catalitiche delle auto in divieto di sosta con l’erba secca che circonda la zona?
In conclusione, caro Marcello…..lascia perdere …è tempo sprecato. Non è solo colpa dell’ amministrazione comunale qualunque essa sia ..è colpa nostra…a Nardò siamo fatti cosi… le cose ce le lasciamo scivolare addosso. Fai come me che ad agosto evito accuratamente di andare a Portoselvaggio per non “farmi venire il sangue amaro”(lo so che tu abiti al centro storico e quando torni a casa la sera non puoi evitare lo spettacolo che hai descritto ) Rassegnati..Nardò non è più quella della nostra fanciullezza……con il tempo è peggiorata e siamo passati (altro esempio) dai poveri venditori di polpi piazzati negli anni sessanta nei pressi di Piazza castello, per cercare di sbarcare il lunario, agli innumerevoli ed intoccabili ( perché non regolamentati ….. e sarebbe un loro diritto)venditori ambulanti sparsi ad ogni angolo del Paese che hanno fatto commentare ad alcuni miei ospiti stranieri (sicuramente esagerando) che Nardò ..in fondo somiglia tanto a quei pittoreschi (sic!!!!) paesini dell’entroterra cosi’ ben descritti in un noto libro di Saviano. D’altronde, alle mie osservazioni circa la mancanza di rispetto che alcuni turisti incivili hanno per le nostre bellezze naturali, mi sono sentito rispondere da un nostro concittadino “ma lassali stare …puru iddi sonu ffare li vacanze” EVVIVA.
E comunque e nonostante tutto ho paura che anch’io resterò un NERITINO PER SEMPRE.
Sarò a Nardò per la seconda metà di agosto…sentiamoci.
Carmine
Non avrei mai immaginato, caro Carmine, di leggerti su un sito web e qui condividere impressioni e scoramenti che da anni ci siamo scambiati sulle sorti della nostra Nardò. Son più di dieci anni che ci dimostravamo entrambi preoccupati sull’abusivismo selvaggio, sul degrado del centro storico, sulle tante cose che non andavano (e che non vanno) e che bisognava cambiare. La tua assenza, per motivi di lavoro, vedo che non ti ha fatto dimenticare l’amata terra. E come si fa? ogni salentino che va via porta con sè l’amore del luogo natìo. Internet oggi sopperisce a tante carenze, un tempo così marcate, e invece di portarsi dietro riviste e libri che trattino della propria terra, con un clic ecco tornare a navigare, seppur virtualmente, tra i luoghi cari, fra la gente indimenticabile, magari scoprendo angoli che non si è avuto il tempo e la voglia di visitare e conoscere.
La caparbietà di allora mi è rimasta, così come intatto è ancora l’amore per la terra che ci ha visti nascere e crescere. Ma ho allargato gli orizzonti, caro Carmine, come avrai potuto notare, e da quel “Nardò Nostra” che allora fondai ecco che mi sono imbattuto in un’altra avventura, più grande di me, che mi ha consentito di scorgere e studiare realtà allora ignote, preoccupato com’ero ad interessarmi del solo nostro campanile. Sto conoscendo angoli bellissimi di questa meravigliosa terra che madre natura ha così tanto beneficato, panorami mozzafiato, tradizioni ricchissime dal punto di vista antropologico ed etnologico, arte straordinaria, con migliaia di opere sparse nei centri salentini di cui ignoravo persino l’ubicazione geografica.
Un mondo che continua a mantenere viva la passione di sempre, a rinvigorire l’amore per questa terra così maltrattata, deturpata, sfruttata, che dovremmo amare più di ogni altra cosa. Forse perdiamo tempo a rincorrere vecchi ricordi e amori sopiti, ma come si fa a restare indifferenti immergendosi nelle bellisisme acque salentine che nulla hanno da invidiare ai luoghi turistici tanto decantati e dall’altra parte del globo? Come si può restare insensibili passeggiando tra i secolari ulivi dell’Arneo, dove ogni pensiero che hai ti passa per l’assordante ma delizioso frinire delle cicale impazzite nei meriggi estivi? E come descrivere quell’aroma che lasciano le generosissime foglioline dei tumi appena li sfreghi con due dita. Quale pittore riesce a fermare quei mille colori delle pietre dei nostri muretti a secco, per secoli fermi ad accogliere ogni lichene che abbia scelto di soggiornarvi? Sai, Carmine, vi sono ancora i furnieddhi, le dispettose piche, le estese macchie in cui raccoglievi i gustosi marieddhi, i sipali vicino ai quali raccoglievamo le cozze piccinne subito dopo la pioggia settembrina che la Madonna della Grazia regalava dopo i torridi mesi estivi, quando la terra diventava ancora più rossa e il solo giallo delle stoppie rendeva quelle distese bicolori.
Qualcosa ancora sta restando, Carmine! Torna presto, prima che i colonizzatori e la distratta tua gente abbiano a cancellare questi ricordi di noi nostalgici e poveri illusi.
Un carissimo saluto e un grazie per leggerci da così lontano
Marcello
L’amore per la propria terra fa vibrare gli animi sensibili. Le parole di Carmine e di Marcello trasmettono un’indescrivibile emozione di vita, comunicano un “attaccamento” al proprio paese, quel paese che racconta la loro storia.
Nessuno, nè tanto meno voi, può demordere dall’intento di vedere il proprio Paese “sorridere”.
Il bel Salento e l’immondizia fatale
Il “j’accuse” di Marcello Gaballo. Lettera aperta ai cittadini di Nardò:
2 titoli che mi hanno molto colpito e che sottolineano qualcosa che durante i miei brevi soggiorni in Salento ha la capacità di dispiacermi profondamente .
Così quando ho dato qui a Firenze la mia adesione al programma “Puliamo il mondo” dal 16 al 24 settembre , è scattata la molla. Ho verificato sul sito “Puliamo il mondo” e su 100 Comuni della Provincia di Lecce aderiscono all’iniziativa solo in 8 = – del 10% . A me, partecipandovi, sembra un’ottima iniziativa ,ti dirò, anche e soprattutto per i partecipanti e le persone coinvolte.Partecipano babbi con i figlioli, bambini che ,forse,avranno da grandi un comportamento più attento all’ambiente e adulti che l’ ambiente lo rispettano . Posso comprendere come gli inizi possano essere terribilmente difficili , c’è la paradossale “vergogna”anche se solo per qualche ora di fare un lavoro identificato con i gradini più bassi del “prestigio” sociale . Eppure funziona e soprattutto in questo momento in cui il rispetto verso l’altro è diventato non un optional , ma un difetto , i piccoli atti di coraggio , di esposizione personale e di testimonianza pratica , credo siano importantissimi.
Con affetto e partecipazione Gfranco Todisco
Carissimo, mi trovi d’accordo con il tuo pensiero, tante volte mi sono trovato a vedere le stesse cose che hai visto tu. Mi sono chiesto quante e quali colpe hanno le amministrazioni comunali (di qualsiasi segno politico). Secondo me il problema vero siamo noi stessi cittadini, privi di qualsiasi interesse che puo’ essere condiviso con tutti per il nostro bene culturale. Siamo rimasti ancora all’idea del “Buenu io’ bueni tutti”. Il rimedio potrebbe essere “inuculato” dalle amministrazioni per sensibilizzare realmente la cittadinanza, creare dei gruppi anche di volontari che sappiano tenere a modo il centro storico sopratutto, stimolando le autorità a sanzionare penalmente chi imbratta pareti e quant’altro… Una soluzione puo’ essere anche l’obbligo al ripristino a spese proprie di quando sia stato danneggiato. Manca una guida seria, la gente si sa pensa ai propri interessi generalmente e della città e della sua importanza storico-artistica in effetti poco gliene cala. Cordialmente…