Una spina in gola

di Raffaella Verdesca

E non è un modo di dire! E’ vero, Alessio era distratto, disordinato, a volte smemorato, ma questa volta era stata solo sfortuna nera.

“Buoni questi saraghi che ti ho preparato, vero amore? Mi son ricordata che sono il tuo pesce preferito e quando stamattina li ho visti sul banco al mercato, non ho resistito alla tentazione di comprarli.” la moglie.

“Grazie tesoro, davvero squisiti.” lui.

Era stata una giornata infernale: il commercialista gli aveva riservato la stangata a tradimento, un autovelox mimetizzato in un cespuglio lo aveva folgorato, sempre a tradimento, a una velocità di oltre 160 km/ora su una statale con il limite dei 70, il figlio minore aveva ritirato la scheda di valutazione scolastica che definire tradimento era solo un simpatico eufemismo e la piscina, che gli era costata quanto il Tower Bridge, si era arrugginita tradendo sfacciatamente il suo conto in banca.

All’improvviso, il consueto silenzio dell’ora dei pasti in casa Stecchi fu lacerato da un’imprecazione sommessa: “Aarrgh! Cara…! Coff! Coff! Aiut…!”

“Che ti prende, amore? Sembra quasi che soffochi.”

“Una spina, cazz…! Un bicchiere d’acqua, svelta!”

Ci mancava pure quel maledetto sarago a mettere in onda l’anteprima del Giudizio Universale!

Più che di un ennesimo tradimento, a questo punto si trattava di una vera e propria congiura!

La donna, senza riempirsi la testa di inutili supposizioni, tornò lesta dalla cucina con in mano una caraffa d’acqua da due litri: “Manda giù, manda giù, amore!” e presa dalla foga del soccorso, travasò fino all’ultima goccia del recipiente nella bocca del marito, neanche fosse stato un imbuto.

Mai occhi umani furono più espressivi di quelli di Alessio in quel momento: rossi, fuori dalle orbite, bagnati come se tutta quell’acqua se la fossero bevuta loro.

“Il medico! Chiamiamo un medico!” riuscì a balbettare l’uomo con sgomento, sentendosi la spina sempre più conficcata in gola, come se quella schifosa avesse messo radici con l’innaffiata di prima.

“Ma il medico sei tu, amore!”

“Lo so, tesoro, ma non sono il Pronto Soccorso, no?! Su, accompagnami in ospedale che mi sento morire!” e non avrebbe saputo spiegarsi se era solo per la maledizione del sarago, o se per quell’esercito di fastidiosi contrattempi, in arte ‘sfighe’, che quel giorno avevano fatto a gara per strozzarlo.     

La grossa Jeep sgommò sul selciato facendo rabbrividire vicini e passanti.

“Ooopss! Scusami, amore, mi è scivolato il sandalo!” urlò la consorte in preda al panico, “L’avevo detto alla commessa che queste scarpe avevano una chiusura difettosa, ma quella neanche a parlarne: –No, no, signora, è una sua impressione, deve solo prendere dimestichezza con l’aggancio!- Come se non sapessi che pur di venderti qualcosa, certa gente sarebbe capace perfino di giurare che la Terra è quadrata o che tutti siamo uguali! Roba da matti! E mi son costate pure un occhio della fronte!” si lamentò la donna ormai più infastidita dal difetto scoperto nell’ultimo acquisto, che preoccupata della sorte del marito.

Abbandonato senza forze sul sedile, Alessio si sentì così tramortito, che l’idea di un incidente sulla strada che portava al Pronto Soccorso o la consapevolezza di avere accanto una moglie senza cervello, non gli fecero più alcun effetto.

La brusca frenata davanti all’ “Accettazione”, però, gli strappò d’un tratto la pelle di dosso.

“Niente paura, è stata una manovra inevitabile, angelo mio: grazie a Dio son riuscita a infilarmi la scarpa prima di scendere dall’auto! Cosa avrebbero pensato quelli là fuori vedendomi con un piede nudo?”

Il medico di turno si precipitò insieme all’infermiere ad accogliere l’infortunato che, a giudicare da tutto quello stridore, doveva essere piuttosto grave.

Invece di un moribondo, però, il dottor Chinisi si trovò di fronte il collega del reparto di cardiologia, tutto intero e all’apparenza più isterico che in fin di vita.

“Che mi venga un colpo, Alessio, che diamine ci fai qui? Cosa ti è successo?”

“Lascia perdere! Mi è rimasta incastrata una spina di pesce nella gola!”

“Ma cos’è, uno scherzo? Ti vuoi per caso vendicare della partita di calcetto che hai perso ieri contro di noi?”

Alessio si sentì schiacciato da una simile superficialità, crudele almeno quanto la spina che gli trapassava la gola. Nel frattempo bruciore e dolore aumentavano. Venne chiamato l’otorino e finalmente si dette inizio alla manipolazione del malcapitato.

“Guarda, guarda, questa spina ha preso casa nella tua tonsilla. Ma come diamine hai fatto?” insorsero i presenti contrariati e stupefatti.

“Se avessi saputo come non farlo, adesso starei meglio e soprattutto non sarei qui!”

“Anestesia!”

Silenzio.

“A noi due, spina della malora! Eccola! Eccola! Ce l’ho! Acc…, si è spezzata!”

“E ora che si fa?” chiese allarmato il medico-paziente.

“Lo vuoi proprio sapere? A) Punto primo, non si mangiano più saraghi. B) Punto secondo, quando si mastica non si pensa né all’amore nè ai soldi. C) Punto terzo: antibiotici, antibiotici e antibiotici finchè la tua tonsilla non ne avrà piene le tasche! Buona questa, no?”

Alessio scese dal lettino più stralunato di prima e, barcollando, si sentì disgustato dalle battute dei colleghi, molto meno, invece, dall’anestesia.

Lui e la spina uniti per sempre.

“Guido io.” propose la moglie appena lo vide uscire malfermo dall’ambulatorio.

“E’ perché sto ancora in piedi che mi minacci di morte?”

“Oh no, amore, sai bene che è per non farti stancare! A proposito, ti annuncio con orgoglio che ho finalmente capito come funziona la fibbia del sandalo. E tu, maritino, tutto risolto con la tua spina?”

“Più che altro, ho dissolto la speranza di venirne fuori, cara. Da domani, però, sia chiaro: solo scarpe senza lacci né fibbie e purè e verdure a colazione, pranzo e cena, grazie.”

“Dio mio, non stai facendo altro che rimproverarmi tutto oggi, tesoruccio! Per quanto riguarda la guida un po’ sfacciata di prima, sai già che è stata tutta colpa del sandaletto e di quell’oca della commessa che me l’ha venduto. Vogliamo mettere sotto accusa anche il mio modo di cucinare ora? Due sole parole: la prossima volta mangia piano!”

Accesa la jeep, la donna diede ancora una controllatina ai sandali: sgommata, lieve testacoda e via verso casa! Niente da fare, quelle scarpe dovevano essere riportate in negozio al più presto.

Ci fosse stato un centro che ritirasse dal mercato anche le mogli difettose!

Per Alessio la notte fu graffiante come la sua povera gola bucata e il sonno delirò sotto il potere residuo dell’anestetico.

“Ma la mela di Biancaneve è per caso lontana parente della spina del sarago?” si chiese ad un tratto nel cuore della notte, svegliatosi in preda a uno stato di delirio. “Con tutta l’invidia che c’è in giro, niente di più facile che io sia caduto vittima di un maleficio.”

La soluzione al suo caso sarebbe potuta essere un bacio appassionato da chi sapeva lui, ovvero l’esatto contrario dell’anestesia e il miglior antidoto contro il malocchio.

Andarselo a cercare l’indomani? No, l’agenda degli appuntamenti era piena e pure il giorno dopo aveva da fare tra uffici e banche. Una vera frana, doveva ammetterlo, nel campo della ricerca di principesse bacianti.

All’improvviso gli venne un’idea fantastica: certificato di malattia e terapia intensiva di svago.

Si rasserenò e di colpo s’intorpidirono anche tutte le sue farneticazioni.

Alle prime luci del giorno, scorse emozionato l’ultimo astro scintillante da un angolo della sua finestra, guardò in cagnesco la scatola degli antibiotici, un buffettino alla gola(“Ahia!”) e…sogni d’oro senza orari!

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