Quannu lu mare rusce a la Jannara, pigghia li boi e va’ a ara’
di Gianni Ferraris
La jannara è un luogo, una spiaggia, un mare-lago (apparente ossimoro), che si trova andando verso San Foca. Ci andiamo spesso per farci il bagno. Ci sono bimbi che giocano e genitori tranquilli perché l’isolotto veglia su di loro. Lei, la grande roccia con la caverna, galleria, antro dei misteri che porta nel mare aperto, è lì a proteggere dalle mareggiate e dalle onde. Quando ci passi dentro e superi quelle colonne d’Ercole per addentrarti verso il mare aperto, verso l’ignoto che rumoreggia, quando hai davanti il mondo ignoto anche se sai che le coste albanesi sono a poche miglia, però fingi che ci sia l’ignoto davanti a te, allora puoi pensare a mille cose, magari ti torna in mente Lucio Lombardo Radice quando scriveva del concetto di infinito, quello che noi, miseramente umani, grandiosamente persone, immensamente soli di fronte all’immenso, non riusciamo a concepire. Cos’è il nulla e cos’è l’infinito? Macchè, abbiamo i sensi e intuiamo, almeno pensiamo di farlo, una fine ed un limite, che è quello dello sguardo, dell’udito, là fuori senti la forza del mare quando non è cheto e calmo.
Però se sei nel laghetto a nuotare puoi veramente essere sereno. La Jannara. Chissà mai se deriva da “gennaio” oppure, come mi dice l’amica che mi ha raccontato il proverbio, da ianua, porta, sembra proprio quello, un’apertura che ti conduce verso il fuori. Con tutte le implicazioni pratiche e psicologiche e filosofiche che comporta l’andare fuori. E’ il figlio adolescente che affronta il primo bacio in un luogo in penombra. E’ l’ingresso in società di un tempo. E’ trovarsi in un’agorà dopo aver chiuso il portone di casa. E’ l’esame di maturità che ti scaglia, senza che tu te ne renda neppure conto, nel mondo degli adulti, dove i sogni sono altra cosa, e non te la senti neppure più di spaccare il mondo in due. Poi uscirai ancora mille volte e altre mille, fino a quando qualcuno ti dirà che hai raggiunto “la saggezza della maturità” e tu annuisci e dici che forse è vero. Però se ti potessero leggere nel pensiero rimarrebbero allibiti, per il turbinio di parole che frulla là dentro, forse si renderebbero conto che si, è vero, non farai mai nessuna rivoluzione, neppure incruenta, ma, caparbio come un mulo, ti stupisci da solo per quante volte mandi a quel paese qualcuno che senti “vecchio” piuttosto che maturo. E ti commuovi come anni prima guardando un tramonto (o un’alba, questo si che è un vantaggio dell’età matura – adulta – senile, si dorme meno ma si sogna ad occhi aperti).
La porta che si apre, che non permette agli estranei di invadere casa tua… E tu pensi che la natura è un meccanismo perfetto, non ha messo porte fra l’Italia e le coste libiche, perché tutto è casa di tutti. Chi vuole mettere serrande è un poveraccio, è persona senza dignità. Al mio paese si dice “vuole battere la fisica” per dire pazzo, folle, fuori dal mondo. La fisica non si batte, la natura non si deve violare perché poi si vendica.
Porta, ianua, di Giano, il bifronte che era custode proprio delle porte e dei passaggi (ianuae e iani) e dei ponti. Era lui che custodiva entrate ed uscite mentre le due facce vegliavano nelle direzioni opposte, fuori e dentro, fuori e fuori, dentro e dentro. Anche lui era finito, proteggeva tutto ciò che aveva un inizio ed aveva una fine. Ah l’antica saggezza che sapeva degli dei ma sapeva del qui ed ora, quello che spesso scordiamo pretendendo di essere altrove e in altri tempi, magari nel passato che qualcuno vuole pieno di mulini bianchi e di lavandaie felici e canterine, anche se sappiamo che i nonni mangiavano pane nero e le lavandaie avevano la schiena spezzata. Il limite della nostalgia che spesso è come una lente che distorce i contorni delle cose.
La porta… dove porta? Finchè non apri non sai. Ma alla Jannara ti puoi calare nei panni di Indiana Jones attraversando quei pochi metri di antro. Quando vedi la luce ma puoi immaginare mostri marini.
I pescatori sapevano la saggezza “Quannu lu mare ruscia…” quando il mare impetuoso riempie la grotta della jannara, prendi i buoi e vai a da arare. Perché è tramontana e non puoi uscire in mare, è pericoloso. Però vai in campagna, il vento benefico tiene lontani i temporali e ti aiuta, non corri pericolo. D’altra parte loro, i pescatori, da sempre aiutano chi si perde fra le onde, a nuoto e con improvvisate imbarcazioni. Loro sanno l’importanza dell’accoglienza. Janua o gennaio? Non lo so, però “porta” mi piace.
Non so con quale zattera sono arrivata a questo articolo di Fondazione di Terra d’Otranto, oppure a nuoto… non so…è un esercizio nuovo, ma sono approdata alla Jannara di Gianni Ferrarsi. Bella.
Non è un luogo che frequento in estate, ma nelle altre stagioni ha tutta una magia che ammalia, quando è coperta dalla bruna posidonia, poi, sembra un luogo primordiale. Come sia sopravvissuta alla smania di modernità è un mistero che non consola. E’ la località prescelta per la TAP,.un oleodotto le passerà vicino, si dice con certezza. Allora sarà improbabile nuotare, sognare, meditare.
Che ne dite? E pensare che non ci sono più neanche i buoi.