di Paolo Vincenti
E’ stato pubblicato Tuglie la storia, le storie di Ortensio Seclì, edito dal Laboratorio di Parabita (2007) per la collana di studi e ricerche “La Meridiana”. Abbiamo ormai imparato a conoscere Ortensio Seclì come uno studioso attento e rigoroso, esperto di “storie e genealogie di Terra d’Otranto”; ce ne ha già dato ampia prova con i precedenti Parabita. Origine storia genealogie di 99 cognomi, Matino tra ‘500 e ‘700, Casarano grande e piccola, tutti editi dalla parabitana casa editrice Il Laboratorio di Aldo D’Antico, il quale, sulla seconda di copertina del libro in esame, afferma: “ Questo lavoro su Tuglie riveste diversi significati: tra i più evidenti c’è quello di restituire ad un paese il proprio orgoglio e la propria dignità di essere e di manifestarsi, tra i più profondi quello di contribuire a capire la storia di tutti noi, di Tuglie come di Parabita, del Salento come della Puglia, in quanto tutti facciamo parte del grande disegno dell’avventura umana. Ortensio Seclì non si smentisce, anzi dimostra sempre di più cosa significhi ricercare, cosa vuol dire scrivere la storia, con un rigoroso metodo di consultazione delle fonti e dei documenti, avvalorando ormai una consolidata procedura d’indagine storiografica che si differenzia notevolmente dalle narrazioni agiografiche e incensatorie dei tradizionali racconti storici. Archivi, scritture, registri, relazioni, regesti, relevi, sono i materiali su cui lavora uno storico serio, per ricondurre alla conoscenza e alla visibilità dei moderni non tanto le nostalgie del passato quanto le prospettive per un futuro più avvincente”.
Il libro, dedicato “a Don Nicola Tramacere, arciprete emerito di Tuglie, in memoriam”, con una copertina di Mario Cala, reca una Prefazione di Enzo Pagliara e Luigi Scorrano ed una Postfazione di Aldo de Bernart.
Nella sua ricerca, Seclì, dopo alcuni anni di paziente lavoro, ripercorre le dinamiche storiche, sociali, economiche, culturali e religiose della Tuglie del Settecento, con un metodo d’indagine ormai solido e ampiamente sperimentato dall’autore nelle sue precedenti fatiche letterarie, attraverso la consultazione delle fonti edite, vale a dire l’ampia pubblicistica su Tuglie, e, soprattutto, delle fonti inedite, cioè, in primis, i Catasti Onciari di Tuglie e di molti paesi del circondario, i Protocolli notarili nell’Archivio di Stato di Lecce, ed i Libri delle nascite, dei battesimi, dei matrimoni e dei morti, presso gli archivi parrocchiali e gli archivi comunali di molti paesi del Medio-Salento le cui sorti, in qualche modo, si intrecciano con quelle di Tuglie. Sì, perché, ricostruire le genealogie degli abitanti di un casale vuol dire seguire anche i flussi migratori degli abitanti stessi (quanto mai vero nel caso di Tuglie, che ha avuto un enorme incremento demografico fra Seicento e Settecento, con arrivi da tutto il Salento, da Patù a San Pietro in Lama, da Matino a Galatone, da Lequile a Corigliano, ecc.), ricostruire le vicende di una famiglia attraverso il percorso, a volte lineare, più volte tortuoso, che ha compiuto quella famiglia, con un procedimento diacronico, risalendo indietro nel tempo fino ad arrivare al capostipite della famiglia stessa, per non parlare poi delle eventuali ramificazioni che un ceppo principale può avere.
Come scrive Seclì, “andare a ritroso nel tempo per trovare l’alba del proprio cognome […] è un po’ come risalire la corrente di un fiume per trovare la sua sorgente, quella piccola polla d’acqua iniziale, principio di un rivolo che, aumentando sempre più la sua portata, sarà generatore di tanti ruscelli tutti creatori e continuatori della vita. Quel primo nucleo famigliare iniziatore della genealogia, similmente a quella prima polla d’acqua, dà inizio ad una comunità capace di popolare dapprima un borgo e poi diramarsi in innumerevoli ramificazioni che sarà difficile, e qualche volta impossibile, seguire e intrecciare in maniera completa”. Tutto ciò deve essere attentamente analizzato da uno studioso per riuscire a ricomporre l’albero genealogico di una famiglia ed il lavoro si complica quando non ci si occupa di famiglie blasonate (un esempio di scuola è, in questo senso, la famosa opera “Armerista e Notiziario delle famiglie nobili notabili e feudatarie di Terra d’Otranto”di Amilcare Foscarini ), che hanno lasciato grandi testimonianze di sé, nei castelli, nei palazzi, nei monumenti, nelle chiese, nelle varie dimore gentilizie sparse sul nostro territorio, oltre che nei documenti scritti, come libri di memorie, opere letterarie, testamenti, nell’araldica, nei ritratti, nella statuaria, in monili, armi, stoffe preziose, smalti, ori e argenti, cartoline, ecc., rendendo molto facile la trasmissione della loro storia e la memoria delle loro gesta; ma si tratta, invece, di oscure, anonime famiglie di Terra d’Otranto, di contadini, di artigiani, di umili lavoratori, apparentemente passati “senza lasciar traccia”, per dirla con Manzoni. In realtà, questa gente, che ha popolato i vari feudi dell’antico Salento, ha lasciato, eccome, traccia di sé, nei segni del lavoro, nei campi dissodati e bonificati, nell’antropizzazione dei centri urbani e, ancora di più, delle campagne, con la costruzione di muretti, carrarecce, pajare, canali, aie, masserie, torri, jazzi, che disegnano le geometrie del nostro caratteristico ed invidiato paesaggio salentino e che sono, anch’essi, tracce significative e preziose per la ricostruzione del nostro passato , monumenti della civiltà contadina che i nostri padri ci hanno lasciato in eredità e che a noi tocca rispettare e valorizzare poiché in questi segni, nelle case bianche, nelle corti, nei frantoi ipogei, nei manufatti di terracotta e di rame, nelle capase, nelle mattre, nei limmi e nei fisculi, sta la loro eredità.
Proprio in ciò consiste il valore aggiunto dell’opera di Seclì, quello di rendere onore alle famiglie comuni, perché è vero che “la storia siamo noi”, come canta De Gregori, ed fatta da tutti, non solo baroni, conti, principi e regnanti, grandi condottieri e politici, insomma quei salentini illustri dei quali piace, anche a chi scrive, intrecciare medaglioni da offrire ai propri lettori. Dopo le notizie storiche, nel libro seguono le genealogie di oltre cento famiglie tugliesi, precedute da una scheda analitica dei cognomi.
Questo libro ci aiuta a capire che ciascuno di noi è parte in causa nel grande disegno dell’evoluzione storica, ciascuno è un tassello prezioso in quel puzzle che è la storia minuta di uomini e donne, i quali, con i loro sacrifici, con la loro quotidiana lotta per la propria emancipazione e per il progresso civile, hanno fatto grande la comunità di appartenenza, e il lavoro di Ortensio Seclì, facendo luce sulle vicende del paese di Santa Maria Goretti e della Madonna di Montegrappa, e aiutando la comunità tugliese a meglio riconoscersi nelle proprie radici e a ritrovare il senso di una appartenenza identitaria, dà anche a tutti noi un piccolo grande contributo alla migliore conoscenza della nostra storia.