di Armando Polito
Alla spiulèddha l’amico Massimo Vaglio ha dedicato con la consueta bravura un recentissimo post. Le mie considerazioni saranno, perciò, solo di natura filologica e dettate dalla simpatia che, essendo tutt’altro che attraente, provo per tutto ciò che, almeno apparentemente, non gode, nell’immediato, di una grande considerazione anche da parte di persone di notevole intelligenza. Pure io, però, indipendentemente dall’intelligenza che lascio agli altri giudicare con benevolenza non pietosa, tra Manuela Arcuri e una cozza…E la Manuelona nazionale non me ne vorrà se la userò come metafora per dire che tra lei e una cozza c’è lo stesso rapporto che intercorre tra la spiulèddha e il melone. Un rapido sguardo ad alcuni dei sinonimi citati da Massimo (meloncella, menuncèddha e cucumeddha) conferma per spiuleddha la forma diminutiva. Infatti la nostra voce, come dimostra la variante di Melpignano (spurièddha), quella di Galatina e Ruffano (spiurèddha) e soprattutto quella di Parabita (sburièddha) è diminutivo da sbùria che, come il corrispondente italiano spuria è dal latino spùri(am), accusativo femminile dell’aggettivo spurius/a/um=spurio, illegittimo, bastardo, che ha origine etrusca e non è, come si potrebbe suggestivamente supporre, da ex privativo+purus. Insomma tutta la negatività della voce risulta appena appena ingentilita dal diminutivo nella nostra spiulèddha che, perciò, alla lettera, significa piccola bastarda, in contrapposizione, naturalmente al sanguepuro (me lo invento dal momento che purosangue è stato riservato, sempre dall’uomo…, al cavallo) melone. Quanto agli altri sinonimi, per alcuni parla altrettanto chiaramente il suffisso (questa volta, a scanso di equivoci, dispregiativo) –àzzu (corrispondente all’italiano –àccio) (cummarazzu, cucumbarazzu), sicché solo pagghiòtta del Brindisino e Tarantino (che trova il suo omologo nel Leccese in paddhòtta e in italiano in pallotta=piccola palla, oggetto di piccole dimensioni e forma tondeggiante) sembra essere, tra tutti, il meno offensivo e razzista.
senza dimenticare il nostro “sburiu” per spurio e il relativo verbo “sburiare”, riferito ad un figlio del tutto diverso per caratteristiche fisiche e/o morali rispetto agli altri
A titolo di conferma leggere:
http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2011/06/12/Un-rifugio-stagionale-salentino:-la-pagghiara
“Gli abitanti delle casupole e pagghiàre vicine, a quell’ora già tutti a lavoro nei campi, raccoglievano il messaggio. Dopo il tramonto, finito il lavoro, sarebbero tutti convenuti ad ammirare (o criticare) la pagghiàra, a salutare i nuovi arrivati e a portare lu lotu ti lu icinàtu, cioè un simbolico dono di benvenuto, consistente in tre cocche ti frise t’uérgiu (tre paia di ciambelline d’orzo) o una fazzolettata di pomodori o qualche spiuréddhra (mellone spurio maturato anticipatamente); intanto non facevano i sordi, e attraverso le terse sonorità della campagna filtrava la loro strofa di saluto-risposta”
giusto Nino, era sfuggito!