Borgagne, incastonata nel paesaggio di pietra e di ulivi…

di Pino de Luca

 

40° 16′ 35” Nord; 18° 20′ 15” Est. Ci vivono circa duemila abitanti, a due passi dal Mare Adriatico, nel cuore del Salento. Borgagne, frazione di Melendugno. Dal 23 al 26 di giugno si veste a festa. Raccoglie poeti, musicisti, scultori e pittori nelle sue corti e nelle sue stradine, s’ illumina questa “chiccara di porcellana” incastonata nel paesaggio di pietra e di ulivi che scivola verso un drappo di costa così bella, così bella che un suo angolo si chiama “Poesia.”

Borgoinfesta non è una festa nel senso classico delle feste, non ha riti propiziatori da richiamare e nemmeno ringraziamenti ultraterreni. Borgoinfesta è un mutuo che si paga per poter godere della felicità. Un mutuo in conto capitale per investimenti sicuri e redditizi. Un mutuo per poter coltivare la memoria al di fuori di ogni retorica, semplicemente come radice feconda che nutre l’albero del presente e fa ben sperare per una copiosa raccolta di frutti nel futuro.

Angelo (si chiama così, quando si dice i nomi …) ha pensato a suo nonno, a quel patrimonio di scienza e di conoscenza che poteva perdersi con la naturale, anche se dolorosa, fine del percorso terreno. E ha messo in piedi questa idea di vita. Condivisa e partecipata perché la memoria non è di Angelo ma di tutti, è diventata un grande appuntamento con un calendario straordinario. Esporlo? Nemmeno per sogno: www.borgoinfesta.it la tecnologia ci soccorre evitandoci la pena della didascalia ed evitandovi la noia dello spulcio.

Immergersi in Borgoinfesta è riprendersi il tempo per pensare, per essere, per vivere: “settàmune nu picca/ ca difriscàmu…” (sediamoci un momento/che riposiamo) dicono due versi della poesia “Sentiti Genti” che apre il racconto.

Entrando a Borgoinfesta non si entra nella sagra paesana, nel fumo di improbabili servole e patatine fritte nel bisunto. Si respira l’aria della comunione di genti che si raccontano con i propri linguaggi, si partecipa ad un piccolo pezzettino di ragioni per le quali vale la pena vivere.

Borgoinfesta è partecipazione di numerose comunità del cibo, è creazione di pozzi in Africa ed ora che i pozzi ci sono, di orti insieme a Slow Food ed al Vescovo di N’Dali, Mons. Martin Adijou, che sarà a Borgagne il 26 giugno.

Gli umani, quando rivendicano il diritto ad essere umani, sono capaci di miracoli strabilianti: a Borgagne canti con le ‘Ngrecalate e torni a Roma più sereno e più lucido, a Borgagne bevi un bicchiere di vino e aiuti una cipolla a crescere in Benin. Io lo trovo semplicemente straordinario.

Ho fatto ad Angelo qualche domanda, anche perfida, dei suoi rapporti con la politica e con le istituzioni. Ed Angelo, candido, mi ha risposto che tutti sono i benvenuti a Borgoinfesta, che ogni contributo è utile a far comunità, a tessere socialità, a includere partecipazione. Lo scrivo nella speranza che chi legge intenda e silente agisca, in cambio di nulla, solo perché va fatto.

E per Slow Food ho chiesto quale fosse il prodotto caratteristico di Borgagne, Angelo non lo sa.

In realtà Borgagne non ha prodotti da presidio. Borgagne potrebbe essre un prodotto da presidiare, anche ricordando quello che disse Antonio Muci al Congresso Slow Food del 2010: “vanno bene i magazzini per prodotti della terra e delle mani dell’uomo, ma forse è ora di edificare anche i magazzini della memoria, scrigni preziosi di conoscenza e di emozioni.”

Si cominci da Borgagne, che chi ben comincia è a metà dell’opera. E da Angelo, e da suo nonno, e da tutti coloro che si impegnano a Borgoinfesta una cosa è evidente: si può fare, basta farlo.

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Un commento a Borgagne, incastonata nel paesaggio di pietra e di ulivi…

  1. chiccara… fino a qualche mese addietro era un ricordo familiare… mmmariiiiia, pigghia na chiccara pi Giuliettu!
    Un salto di 55 anni e mi ritrovo a fare un po’ di footing a siboney, havana -cuba, quando cade da un albero maestoso -guira- una specie di noce di cocco.
    Chiedo ad un contadino come si chiamasse, avendo come risposta…JICARA (chiccara, più o meno con questa pronuncia), dalla cui noce spaccata a metà,fabbricata artinagialmente, si beveva di tutto, dal ron alla cioccolata

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