LE OCCASIONI DI PEPPINO CONTE. GIUSEPPE CONTE E L’OLIO DELLA POESIA
di Paolo Vincenti
“I sognatori si giocano la vita come i bersagli dei freddi tiratori di coltelli e i poeti sono i sognatori e piacciono alle prostitute” : avercene di sognatori come Giuseppe Conte, classe 1952, una vita “di fughe e di pretesti”, spesa per la poesia e per la crescita culturale salentina, spesa a cercare, ogni mattina,“ il nettare di un giorno”, a inseguire parole, a prendere “le misure del cuore” di tutti quelli che ha incontrato e continua ad incontrare sulla sua strada. Fra fogli, telefonini e documenti vari, sparsi sulla sua disordinata scrivania, Conte ci apre il suo archivio di ricordi, offrendo alla nostra adorante e mai soddisfatta curiosità la sua lunga e varia esperienza di vita, di lavoro e di cultura.
“I sognatori si giocano la vita e come un branco di stanchi gabbiani sono corrosi di viaggi fruttuosi ma pure inconcludenti”: avrà anche avuto dei viaggi andati a vuoto, ma un viaggio sicuramente fruttuoso per Conte è stato l’Olio della Poesia, da quando, nel 1995, con un gruppo di amici, fra cui Giovanni Invitto, decise di organizzare una serata culturale, nel suo paese natale, Serrano, frazione di Carpignano Salentino.
In quella serata, intitolata La parola e il suono, si può cogliere il germe di quello che sarebbe diventato uno dei più originali appuntamenti culturali dell’anno, sicuramente l’evento estivo più interessante e prestigioso della provincia leccese. Nel variegato panorama dei premi salentini, infatti, L’olio della Poesia, che si tiene proprio a Serrano di Carpignano Salentino (patria, fra gli altri, di Liborio Salomi e Temistocle De Vitis), si distingue da tutti gli altri per la sua originalità e per la poeticità della proposta: questo evento ha visto passare, nel piccolo paese della Grecìa Salentina, poeti del calibro di Mario Luzi, Edoardo Sanguineti, Giovanni Raboni ed Alda Merini. In questa serata, interamente dedicata alla parola poetica, che richiama a Serrano tantissima gente, stipata fino all’inverosimile nella ristretta Piazza Lubelli, si compie ogni anno un piccolo miracolo.
La poesia, ritenuta cosa noiosa, difficile, per pochi, diventa invece partecipazione, comunione di intenti, ascolto attento e quasi religioso. “Questa comunione”, scrive Fabio Tolledi in un vecchio numero di “Lecce Sera”, “è stato fondamento di molte civiltà, per secoli. Soprattutto nel Salento. Oggi sembra che ogni giorno sempre più lo dimentichiamo, tradiamo questo legame che fonda ogni comunità, ogni capacità di sentire, di guardare, di ascoltare veramente. Segno e lezione importante per questo Salento, oggi”.
La particolarità della manifestazione è data dallo scambio che si fa tra olio e poesia. L’autore premiato offre i suoi versi e l’organizzazione del premio lo omaggia con un quintale di olio extra vergine di oliva, squisitamente salentino. Ad offrire l’olio è la cantina olearia carpignanese San Giorgio, fra i principali promotori del premio.
Nell’occasione, viene stampato da Manni Editore un quaderno fuori commercio che è già oggetto di culto per tutti i collezionisti e gli appassionati di rarità bibliografiche. Questo libretto viene distribuito gratuitamente, in un numero molto limitato di copie, ai presenti alla serata e, per un certo periodo, è stato anche distribuito, sempre in tiratura limitata, ai lettori dell’ “Immaginazione”, prestigiosa rivista letteraria fondata dallo stesso Manni.
Deus ex machina di questo premio è Giuseppe Conte, poeta, ex bibliotecario, funzionario della Provincia di Lecce e abile promotore culturale. Peppino Conte, il “pescecapone”, come ama autodefinirsi, ha coordinato abilmente in questi dieci anni di vita del prestigioso premio tutte le serate e non è ancora stanco, ma anzi continua a macinare idee e nuovi propositi con l’entusiasmo di un ragazzino.
Non è un uomo che ama guardarsi indietro, Giuseppe Conte, o cullarsi sugli allori di una carriera comunque strepitosa. Lo fa, quando lo fa, solo per dovere di cronaca, stimolato magari da qualche amico o da qualche appassionato di cultura salentina.
La prima edizione dell’Olio della poesia, nell’ormai lontano 1996, premiò Edoardo Sanguineti e la audacia sperimentale dei suoi ermetici versi. Da allora, lo scrittore d’avanguardia è divenuto un amico di Conte e del Salento, dove spesso e volentieri è ritornato in questi anni, soprattutto in occasione delle varie edizioni della manifestazione culturale.
Il secondo anno toccò ad un altro gigante della poesia italiana essere premiato: Mario Luzi, a cui Manni dedicò un libretto fuori commercio dal titolo Coro.
Per il terzo anno, fu premiato Giovanni Roboni, poeta milanese scomparso pochi anni fa che, dal quaderno stampato da Piero Manni per la serata, intitolato Cinque strofe, offrì appunto cinque liriche inedite ai suoi lettori salentini. “Tra le pietre del Salento, versi e rime condite all’olio d’oliva”, titolava quell’anno “Liberazione”, giornale comunista, l’articolo dedicato alla manifestazione carpignanese, a dimostrazione dell’attenzione riservata anche dai media nazionali all’evento.
L’intima morte della parola : nel 1999, viene premiata Alda Merini, fra i massimi esponenti della lirica contemporanea, che in quella occasione, sulla stampa locale, rievoca il suo rapporto con il Sud, con Taranto soprattutto, per via del suo matrimonio con Michele Pierri.
Naturalmente, quella che era una bellissima idea di Peppino Conte e Giovanni Invitto, non si sarebbe mai potuta trasformare in realtà se non avessero fatto sponda le istituzioni. Innanzitutto, il Comune di Carpignano Salentino, grazie all’allora assessore alla cultura Osvaldo De Donno, convinto assertore della bontà del progetto, e poi la Provincia di Lecce, grazie al Professor Invitto che era all’epoca assessore provinciale alla Cultura.
Nel corso degli anni, a questo primo nucleo di enti promotori, si è aggiunto il Comune di Taviano, quando Presidente della Provincia di Lecce era Lorenzo Ria, già Sindaco della città dei fiori, il Comune di Cursi, non solo per ragioni di vicinanza geografica a Carpignano ma anche per affinità elettive con l’allora Sindaco Gigi De Luca, anch’egli appassionato operatore culturale, il Comune di Otranto, che ospita per una settimana di vacanza i vincitori del premio, l’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, il “Centro Studi Comi” di Lucugnano, il cui Presidente Donato Valli per molte edizioni è stato presente alla manifestazione come autorevole relatore, il Provveditorato agli Studi e l’Università di Lecce.
“Serrano si adagia in una ubertosa pianura di secolari ulivi che sono alla base dell’economia locale” dice Donato Valli sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 31/07/ 1998, “ La laboriosità degli abitanti coincide con l’umiltà di questa pianta povera e solenne, utile e tenace. E il derivato dell’ulivo, l’olio, è diventato a sua volta simbolo del derivato più nobile dell’attività creatrice dell’uomo, la poesia. Spremitura d’animo, di sentimenti, di pensieri, la poesia; spremitura di fatica, di sacrificio e di stagioni, l’olio. […] Proprio a Serrano è nata l’idea di celebrare questa associazione inconsueta tra la poesia e l’olio: l’olio della poesia, insomma.[…] Questa analogia, che unisce due sfere di pensiero e due realtà così lontane, non è un semplice accorgimento retorico; è il punto minimale di comunione tra i significati della poesia e quelli dell’olio. Si incontrano, in quel punto singolarissimo, ciò che l’uomo sa creare con l’intelligenza e ciò che sa creare col lavoro e col sacrificio. E’ questo connubio che si vuol celebrare a Serrano.[…] E’ significativo il gesto che il paese compie: il dono dell’olio, frutto del lavoro, è come il ramoscello dell’ulivo portato dalla colomba dopo il diluvio. E’ un messaggio di riconciliazione e di rinascita. Serrano per un giorno diventa l’arca della nuova speranza.”
Nel 2000, viene premiato Nico Orengo, l’autore di Cartoline di mare, Ribes, Miramare, Le rose di Evita, ecc, uno fra i più importanti poeti italiani viventi, e, nel 2001, Francesco Guccini, a conferma della versatilità e della poliedricità con cui è stata intesa la parola “poesia” dagli organizzatori del Premio.
Infatti, nel 2002, Serrano ha regalato il suo bene più prezioso, l’oro liquido, ad Arturo Morales, poeta civile cileno fino ad allora inedito in Italia, i cui testi vennero pubblicati nel quaderno Smarrimenti del mondo, curato da Massimo Melillo per Manni, nella solita edizione limitata e fuori commercio. In quel caso, “l’olio della poesia e della libertà”, come venne ribattezzato dal mensile della Provincia di Lecce (8agosto 2002), fece conoscere ai salentini un fecondo autore cileno, Morales, e i suoi versi, che sono come un grido contro ogni sopruso e contro le dittature del mondo.
Il Salento ha ormai imparato a conoscere questo importante appuntamento culturale che non accetta steccati fra le varie forme di comunicazione poetica, tanto vero che nel 2003 viene premiato Roberto Vecchioni, rappresentante della migliore tradizione dei cantautori impegnati italiani.
“L’olio della poesia scorre nelle strade del Salento tra i versi dei poeti che incontreremo di anno in anno. elemento essenziale la poesia… una goccia d’olio un verso di poeta tra le pietre forti della nostra terra” si legge sul cartoncino di presentazione della serata.
“Nel titolo di questa iniziativa” scriveva Diogene (Conte editore) nel settembre 2000, “si è voluto condensare una serie di significati, di metafore, che volevano cogliere i nessi storici e letterari, reali e fantastici, ambientali e magici, economici e umani della nostra regione salentina. In questo contesto è nata la manifestazione che ha incontrato tantissimo interesse non soltanto tra gli addetti ai lavori[…] ma anche tra i giovani e tra gli studenti che numerosi sono stati presenti alle varie edizioni.
L’Olio della Poesia è divenuta ormai punto di riferimento della operosità culturale del Salento[…] Una manifestazione di poesia che non si ferma alla poesia-anche se di poesia vive a pieno- ma che sa vivere di entusiasmi di antiche abitudini, di antiche amicizie, di antichi sapori, di colori tutti salentini eppure universali, di parole, di suoni, appunto.[…] Ecco la necessità della poesia, dell’olio. Ecco il necessario metabolizzare di due alimenti che nutrono allo stesso modo il corpo e l’anima e rendono l’uomo elemento centrale di un viaggio verso la conoscenza e soprattutto l’autoconoscenza, cosa quest’ultima assai più importante”.
Nel 2004, il premio è stato assegnato, ex aequo, a due autori: Hannan Awward, palestinese, e Meir Wieseltier, israeliano, e non può certo sfuggire l’alto valore simbolico di un premio andato a due cittadini di due paesi da sempre in lotta fra loro. Negli ultimi anni, oltre al riconoscimento più ambito, sono stati assegnati anche i premi minori Salento d’amare e Millennium.
Nel 2005, il premio è andato a Valerio Magrelli: Da noi non fa mai notte è il titolo del libretto di Massimo Melillo dedicato al poeta da Manni; infine, nel 2006, il premio è andato a Ruy Duarte De Carvalho, poeta proveniente dall’Angola, una delle voci più autentiche e importanti della letteratura contemporanea africana e il titolo del libretto dedicato al poeta è, molto significativamente, Geografia delle voci (e altre terre).
Nel 2007 è stata la volta del poeta siriano Adonis, introdotto da Francesca Corrao, docente di letteratura araba all’Università Federico II di Napoli, e traduttrice delle poesie di Adonis che, durante la serata del 17 giugno, sono state distribuite su un libretto, stampato in 999 copie come di consueto dall’editore Manni e regalato ai presenti. I testi poetici di Adonis sono stati letti dall’attrice Carla Guido. “Leggere poesia incontrare poeti”: questa la dichiarazione d’intenti che si legge nella presentazione del Premio. Leggere poesia e incontrare poeti è quello che fa, da sempre, Giuseppe Conte, che dopo Azzurro, del 1984, ha pubblicato Il giardino di Merope, nel 1987, Le occasioni del pescecapone (IL Laboratorio 1989), Al cormorano bianco di Babele (1991, Pensionante dei Saraceni).
Peppino Conte ha partecipato a quella straordinaria stagione di fermento artistico e grande esplosione creativa che ha visto operare insieme Antonio Verri, Francesco Saverio Dodaro, Aldo D’Antico, Fernando Bevilacqua, Antonio Errico, Edordo De Candia, Salvatore Colazzo, Aldo De Jaco, Maurizio Nocera, ecc.
Ha curato due antologie di autori salentini e ungheresi, con le due lingue a fronte: La czarda e il vento e Il cuore di Amleto. Proprio per l’originalità e l’unicità del premio L’Olio della Poesia ha ricevuto, nel 2005, in Cile, un riconoscimento ufficiale presso la Sebastiana, la casa-museo di Pablo Neruda.
Nel 1992, ha pubblicato Luna alla volta (Edizioni Erreci) per la collana “I Mascheroni”, diretta da Antonio Verri, e nel 1997, La complicità del pane; nel 2001, Di fughe di pretesti (Edizioni del pescecapone). “Un piccolo paese d’un silenzio che nessuno sa indovinare dove cresce di sfuggita una tiepida ricca miseria nei colori scordati entrati senza fretta da lungo tempo in cuori bene impagliati”.
E’ del 2003 Le misure del cuore, con prefazione di Antonio Errico, un pensiero finale di Franco Simone e copertina di Luigi Marzo. “Un piccolo paese di maghi viventi si muove dentro il tuo occhio pieno d’uccelli appena l’occidente a braccia appiattite sul petto tace invisibile tra la vigna e l’ulivo”.
Da alcuni anni, per le Edizioni minime del Pescecapone, pubblica, in occasione del Natale o di altre ricorrenze particolari, alcuni volumetti di poesie, non in vendita, in 33 copie numerate, dedicate e chiuse a mano, che distribuisce solo a pochi amici e parenti. Queste edizioni, come Due poesie e un fiore, per il Natale 99, oppure Arsapi del sud, di Maurizio Nocera, per il Natale 2000, o ancora Doi arconi d’oro di Addolorata Coricciati, maggio 2001, sono copie uniche in cui insieme ai testi compaiono degli acquerelli originali di Lucio Conversano, come per Rissose armonie di Giuseppe Conte, parole e colori per il Natale 2004 e L’amata genia che adoro, pensiero d’auguri, di Giuseppe Conte e Alessandro Laporta, Natale 2005.
“Chi pensa che i sogni potranno finire non conosce la delizia della solitudine che risveglia la vita il suo dolore supremo i risvolti superbi dell’amore i suoi eccessi di canto”.
Una vita veramente vissuta quella di Peppino Conte, fra il sogno della poesia e la realtà del contingente, fra otium e negotium, sempre con audacia, con impegno, con voglia di fare: “ma i sogni i sogni se son così belli vanno lasciati al vento al tempo che li veste di nuove stagioni alla memoria fiorita altrove”. Sorgono da sole le parole di Peppino Conte e vengono fuori dalle sue pagine con immediatezza,con il ritmo che gli dà Conte, che le fabbrica nella “sua casa segreta”, la casa che abitano i poeti. “Mia poesia entro in te da nessuna porta con nessuna chiave a volte con forza rompendo le vetrate sventrando le finestre tagliandomi le mani bellezza della sofferenza gridando i tuoi miracoli assurdi i tuoi sconcerti di donna le tue disarmonie colorate i tuoi ferimenti d’amante […] tu mi prendi in ostaggio mi violenti con grazia ogni respiro mi tagli ogni sguardo mi rivolti il cielo mi combini l’inferno eppure mia poesia proprio allora io trovo in te una pace tremenda”.