Un’insospettabile parentela: fricìre, frìzzulu, ‘nfrizzulàre e ‘nfrizzulisciàre
di Armando Polito
Ad essere sincero l’insospettabile del titolo anche a un non addetto ai lavori potrebbe sembrare poco discutibile, relativamente alla prima voce rispetto alle altre tre, per i modesti dettagli fonetici in comune (in pratica fri-) e per agganci semantici che, almeno a prima vista, non sono immediati.
Partiamo da quello che si rivelerà essere il capostipite: fricìre. Esso ha il suo omologo italiano in friggere, che è dal latino frìgere (superfluo far notare che si tratta di una radice onomatopeica). La forma dialettale ha comportato un normalissimo passaggio alla quarta coniugazione e relativo spostamento dell’accento (come in liggìre, italiano lèggere, latino lègere).1
Passiamo a frìzzulu che a Nardò indica le briciole della crosta del pane (in altre zone pezzetti di pane fritto) e, al plurale (li frìzzuli), le olive avvizzite e cadute. Prima di passare alla sua etimologia, per rendere di più immediata comprensione i passaggi fonetici, metterò in campo l’italiano frizzare, che è da un latino *frictiàre, dal tema di frictum participio passato del citato classico frìgere2. Sull’evidenza del rapporto semantico fra friggere e frizzare non è il caso di spendere neppure una parola. Da frizzare, poi, è derivato frizzo=motto arguto e pungente; senzazione di dolore o vellicazione pungente. Il dialettale frìzzulu non è altro che il suo diminutivo, che si è portato appresso l’idea della fragilità (dovuta alla perdita dell’acqua) insita nella natura croccante della frittura.
Siamo a ‘nfrizzulàre (forma verbale da in+frìzzulu, con successiva aferesi di i-) usato nel senso di gualcire, raggrinzire (riferito a un tessuto); anche qui basterà pensare all’aspetto superficiale di qualsiasi cosa sottoposta a frittura.
Chiudiamo con ‘nfrizzulisciàre in cui il suffisso iterativo –isciàre aggiunto alla radice del verbo precedente ha finito per inventare un grado verbale riservato all’aggettivo: il superlativo. Se un vestito nfrizzulàtu può anche, in mancanza di meglio, essere indossato, uno ‘nfrizzulisciàtu non sia mai! Ancora una volta la potenza creativa del dialetto!
* Hae menzora ca aggiu misu a ffricire la camisa sua e quandu si ‘nfrizzulèscia? (È da mezzora che ho messo a friggere la sua camicia, ma quando si gualcisce?) Questa parentela non mi convince…
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1 Composto di fricìre è (con aggiunta in testa della preposizione ex con valore parzialmente privativo) sfricìre= soffriggere.
2 In latino c’è un altro frictum, supino, però, di fricàre=strofinare, da cui l’italiano fregare e, il corrispondente neretino friculàre attraverso frècula=fregola.
Arrivo con il mio piemontese: “Friciolé” è friggere nell’oilio e nel burro, ma è anche “fremere di impazienza” “Mi i j’ero lì ch’i fricolavo” “Io ero lì che fremevo” “Friceul” è “frittella” “Friciolin” diminutivo è soprattutto riferito a una fanciulla Piccolina e Vivace “It ses un friciolin” “Sei un bel tipo, vivace e frizzante”. Come vedi, anche qui, in parte siamo parenti.
Sergio Notario
Avrai capito che mi è sfuggita una “i” In “Mi i j’ero lì ch’i fric(i)olavo”