“Cristo alla grotta” a Martina Franca

 

di Dora Liuzzi

È una chiesa antichissima in cui c’è una grotta. Una volta vi si accedeva da un incrocio, sito in via Paolotti, e il viottolo aveva al suo margine un’antichissima croce con i sacri simboli. Esso poi dava vita, lungo il percorso, a caratteristiche gradinate che rendevano faticosa l’andata e ancor più il ritorno.

Oggi questa chiesa è nascosta da palazzi non completati e ridotti a ruderi pericolosi per i bambini. Tali costruzioni si sono sostituite agli alberelli selvatici e soprattutto alle bellissime e profumate ginestre che, con i vari tipi di erbe officinali, rendevano tipica la flora di tale zona.

Sulla porta della sagrestia c’è la data del 1673 che è forse la data del restauro. All’interno è custodito un Cristo schiodato e morto; le sue ferite sono estremamente realistiche ed è ritenuto miracoloso.

Dal 17 novembre 1792 fu concessa l’indulgenza plenaria a tutti coloro che visitavano il tempietto e recitavano cinque Pater ed Ave il secondo venerdì del mese di marzo, nel giorno della Invenzione della Croce (3 maggio) e nel giorno dell’Esaltazione della Croce (14 settembre). Da allora furono moltissimi i pellegrini che, specie in tempi di guerra, carestie ed epidemie, vennero qui per affidarsi alla clemenza di Gesù.

Sulla parete destra stanno gli affreschi di Carella, noto pittore martinese, realizzati nel 1791. Di fronte c’è un antichissimo affresco che rappresenta Gesù crocifisso, le due Marie, lo Spirito Santo, il sole e la luna.

Qui fu ucciso da due balordi un anziano e colto eremita che si chiamava Luca e conosceva bene le erbe medicinali. Questo eremita abitava in una stanzetta vicino alla grotta. In questa stanzetta, in tempi lontani, abitò una famiglia con sette figli, parecchi dei quali andavano a dormire nella chiesa di Cristo alla grotta, non trovando spazio nella stanzetta.

Sul frontespizio della porta della chiesa vi è scolpito il seguente motto devoto sotto l’immagine di Gesù crocifisso:

Ego te exaltavi magna virtute;

et tu me suspendisti in patibulo Crucis.

 

La chiesa di Cristo alla grotta rientra tra le chiesette suburbane presso le quali venivano abbandonati gli esposti (o proietti). I bambini venivano abbandonati di notte dietro la porta dell’abitazione o nel giardino della romita (con questo termine si indicava una perpetua o la sagrestana di una chiesa, solitamente extra moenia, la quale viveva nei locali vicini al luogo di culto); di giorno venivano abbandonati nella chiesa, talvolta sull’altare di questa. Altre chiesette suburbane erano quella della “Madonna delle Grazie” e quella dello “Spirito Santo”.

La romita, effettuato il ritrovamento, provvedeva a portare il bambino all’ufficiale dello Stato Civile per la compilazione dell’atto di nascita o lo consegnava alla ricevitrice dei proietti.  Tra gli esposti trovati nella Grotta del Crocifisso va ricordata una certa Agostina, trovata il 22 marzo 1825 alle ore 20 sopra l’altare esistente nella cappella del Crocifisso, vestita con due cenci, uno di lana e un altro di bombace e un altro di lana verde per uso di fascia; un certo Alfredo Quirico scoperto il 17 settembre 1828 alle ore 17 sopra l’altare della cappella del Crocifisso, ricoperto da due cenci di stoppa, una camicia di bambagia, una fascia d’uomo e un fazzoletto in testa.

Nel vano sotto l’altare della cappella c’è una scultura ligna policroma raffigurante il Cristo deposto (misura cm 45×158), con il corpo adagiato su un cataletto per l’allestimento in chiesa e per il trasporto processuale. Il corpo del Cristo ha numerose ferite grondanti di sangue, mentre il volto esprime sofferenza con gli occhi aperti e la bocca semichiusa, con una bella chioma di colore castano e con la classica barba alla Nazarena a due punte. Il cataletto su cui poggia la scultura è realizzato in legno scolpito ricoperto con una preparazione a gesso e colla, bolo e foglia d’oro, misura cm 194 per cm 67 per cm 37, ed è caratterizzato ai quattro angoli da angeli in legno scolpito con preparazione a gesso e colla e stesura di pigmento a tempera.

La sacra immagine di Gesù Cristo schiodato era adorata sin dall’inizio non solo da molti cittadini, ma anche da forestieri che, per ottenere grazie, correvano a folla da i paesi vicini e nella chiesa si vedevano molte insegne di voti fatti per le grazie ottenute.

pubblicato su Spicilegia Sallentina  n°7.

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