di Pino de Luca
Caro Vittorio,
quando ho saputo della tua morte mi sono incazzato con te. Con quella tua sconfinata, ingenua e incredibile fiducia nell’essere umano.
Ho pensato che se avessi avuto una qualche arma, un qualche addestramento, ti saresti difeso, ce l’avresti fatta a non morire come l’agnello sacrificale di una Pasqua qualunque.
Ho pensato poi che non l’avresti fatto, che saresti andato incontro al destino con la medesima serenità con la quale hai sfidato le bombe a Gaza, con l’incedere dell’uomo forte che va a vivere sotto la follia delle tempeste di fuoco israeliane su un popolo tenuto nel più grande campo di concentramento che sia mai esistito.
Ora le tue cronache non le leggeremo più, non vedremo le sofferenze di una terra con gli occhi di chi odia tanto la guerra da non dar pace a chi la persegue.
Ci sono, caro Vittorio, degli omuncoli anche in questo paese, gente malvagia che sa solo vomitare fango e stamparlo su fogli puzzolenti di marciume, stampati con i soldi di potenti che si stanno imputridendo e fanno imputridire anche il nostro paese rendendolo la più grande discarica della terra. Leggendo quei giornali e le parole di queste miserabili pantegane appestate, ho dovuto rileggere il tuo libro per “restare umano”. Come ben sai io non sono d’accordo con te, non ho né la tua infinita pazienza né il tuo gigantesco coraggio. Io perdo la prima e tendo a trasformare in avventatezza il secondo facendomi trascinare nella bolgia.
E per restare umano ho riletto il pezzo “dell’amore sotto le bombe”. Tu scrivi alla fine:
“Voltaire invitava a rispettare qualsiasi opinione, io invito a smetterla di gettare i semi dell’odio che qui, innaffiati di sangue, alimentano il germe di un risentimento insanabile.” p. 98
Qui i semi dell’odio sono innaffiati con inchiostro velenoso, tu inviti a smetterla, io per parte mia lo farei ingoiare a chi lo sparpaglia.
Ti saluto Vittorio. Con Amicizia Sempre.
Quelli sulla nave dei folli
Vittorio Arrigoni. Enzo Baldoni. Loro, anche loro sulla “nave dei folli”. Chi è un pacifista nel mondo delle guerre, della violenza, dei terrorismi? Chi se non un folle utopista fuori dal mondo della globalizzazione, del “buon senso”, dell’etica dell’esportazione di democrazia? Un altro caduto nel campo dell’arte. Aquiloni, come quelli afghani, che volano alti nel cielo, colorati, gioiosi. Eppure arrivano integralisti truculenti e fieri e li vietano. Esplode una bomba in una discoteca. “Canta Marika canta…” . Si vestono di esplosivo e vanno, per immolarsi sull’altare della liberazione. Missili, altri missili su Gaza. E ancora missili in Libia. Arrigoni che parlava di Palestina, trucidato da chi parla di Palestina. Dov’è finito il senso delle cose? Gino Strada che parla di pace e loro, i politici politicanti che lo guardano con malcelato disprezzo. “Perché mai parlarci di pace…” Cantava una volta Ivan Della Mea. Già, sembra inutile parlarne, sembra blasfemo il solo nominarla. Non si preoccupi chi legge, non starò a fare l’esame del DNA alle guerre per capire i torti e le ragioni. Una bomba che ammazza ragazzi in una discoteca è infame quanto i missili che colpiscono una scuola dall’altra parte, dalla parte dei “nemici”. Qualcosa manca, troppe cose mancano in questo modo di concepire la vita e la morte. I morti diventano numeri. “Perché mai parlarci di pace…”, perché le bandiere multicolori, perché la difesa dei diritti elementari? Se sono elementari non sono scontati? Già li sento quelli che hanno la verità in tasca: “bisogna schierarsi…”. Va bene, mi schiero: Sto con le persone di Palestina, sto con le persone di Israele, sto con le persone Afghane, sto con le persone sui barconi. “Eccolo qui il qualunquista, non prende posizione…”. Ascoltavo un notiziario, un simil giornalista diceva che “sono stati i palestinesi”. Da qui parte l’equivoco. Lanceremmo strali se qualcuno osasse dire “ad ammazzare Moro sono stati gli italiani…” con buona ragione le lanceremmo. Quando le responsabilità di un gruppo, di un singolo, ricadono sulla popolazione intera, nascono le guerre. Tutti contro tutti. E’ nei più criminali fondamentali del razzismo, del qualunquismo, del populismo. Quando un ministro addita gli immigrati tutti per un crimine, lancia un preciso segnale: “loro sono il pericolo”.
Non sto con chi indossa tute mimetiche e vuole bombardare tutti quanti. Una persona morta è solo quello, nulla più. Non è neppure più un nemico. Ah la saggezza popolare “Riposi in pace, parlandone da vivo però era un cretino…” Ora non lo è più.
La nave dei folli prosegue la sua navigazione, a vista, sempre più. E la nebbia non dirada. Intanto aspettiamo fiduciosi un aereo di Stato che “in nome del popolo italiano” riporti qui la bara con dentro il folle utopista Vittorio Arrigoni.
Perché un popolo osanna chi impugna il mitra e denigra chi porta l’ulivo?
Ma soprattutto perché festeggia la Domenica delle Palme?
non posso non lasciare una traccia qui ,dopo aver letto la pesantezza (per la tragedia che trattano) delle tue parole, ma altissime nell’inseguire e raggiungere Vittorio
grazie pino de luca
a