di Armando Polito
Analizzerò questa volta un nesso dialettale che se considerato in termini di economia del linguaggio sembra aver perso già in partenza il confronto con entrambi i corrispondenti semantici italiani: due parole contro una sola, due participi passati contro un avverbio. Ma le cose stanno veramente così? In realtà la partita che sembrava volgere a favore delle voci italiane per 1 a 0 ritorna all’istante in equilibrio se si pensa che apposta nasce dalla fusione di a+posta e che appositamente, come tutti gli avverbi in –mente, presenta una prima parte verbale/aggettivale (nella fattispecie apposita) e una seconda che non è altro che l’ablativo del sostantivo latino mens/mentis, per cui si può ben dire che tutti gli avverbi in –mente in realtà nascono da un originario complemento di modo o maniera latino (nel nostro caso adposita mente=con l’intenzione ben posta). E siamo 1 a 1. La partita, però, è appena agli inizi e ppuntàtu rriputàtu sta per esibirsi nei suoi numeri migliori. Vuoi mettere, intanto, la pregnanza semantica di una preposizione+un sostantivo (apposta) o di un participio passato/aggettivo+un sostantivo (appositamente) con la potenza di fuoco di due participi (il nostro nesso) che solo apparentemente sono passati, dunque di significato passivo, dal momento che i due verbi (in italiano sarebbero appuntare e reputare) sono transitivi? È evidente, infatti che entrambi sottintendono l’ausiliare avere, sicché le forme in realtà sono attive e le complete sarebbero state avendo appuntato e avendo reputato. 2 a 1 e palla al centro!
Nel nesso dialettale è ravvisabile quella figura retorica detta con parole greche ýsteron pròteron (alla lettera: cosa successiva cosa precedente) consistente nel collocare nella sequenza temporale inversa due azioni allo scopo quasi di annullare l’intervallo tra loro esistente. Di questa tecnica antica un esempio per tutti: moriamur et in media arma ruamus! (Virgilio, Eneide, II, 352); traduzione letterale: moriamo e lanciamoci nella mischia!
Tornando alla nostra espressione dialettale: l’appuntare (cioè il fissare, il decidere) precede il reputare (momento della valutazione), a sottolineare quasi l’estrema immediatezza del gesto scevro quasi da ogni calcolo preventivo: e la lingua s’incontra e si riscontra (forse dovrei usare l’imperfetto…) con la sequenza più preziosa che, lo dicono gli altri, è (azzardato usare il presente?) nel dna dei Salentini: quella della spontaneità. Risultato finale: dialetto batte italiano per 3 a 1.
Per finire: nessuno mi accusi di incoerenza. I risvolti della vignetta che segue configurano la situazione disperata che è alla base della legittima difesa o, meglio, dello stato di necessità; e se è dubbio che io sia competente di etimologie è stracerto, invece, che non sono un martire…
* Sto venendo per spaccarti la faccia apposta secondo il senso etimologico che dici tu…
** Pensaci bene prima di farlo e io sono disposto a rinnegare l’etimologia che ti ha fatto incazzare…