di Antonio Bruno
I consumi di pere si mantengono su livelli bassi: nella Ue a 27 risultano inferiori ai 6 chilogrammi annui pro capite. La produzione mondiale si attesta sui 21 milioni di tonnellate. Italia e Spagna registrano consumi superiori ai 10 chili all’anno, un livello che costituisce l’“obiettivo” anche per Germania e Gran Bretagna dove però le abitudini alimentari lo rendono difficilmente raggiungibile. In questa nota la proposta di coltivare in coltura specializzata una cultivar di pera presente nel Salento leccese.
“Ogni albero, ogni grossa pietra, ogni buca, ogni prato, ogni campo ha una propria individualità e spesso un nome. La stessa tendenza si manifesta nell’individualizzazione e spesso anche nella antropomorfizzazione dei periodi di tempo. Almeno un terzo dei giorni dell’anno sono individualmente distinti e il contadino non usa mai numeri, ma sempre nomi individuali per indicare queste date” – per la pressione del cristianesimo sostituendo, poi, “i santi ai giorni” (Thomas e Znaniecki, 1968: 171).
Quante pere c’erano nel Salento leccese?
In una pubblicazione del prof. Giacinto Donno la coltivazione degli alberi di pero nel Salento leccese alla fine degli anni 50 del secolo scorso era tutta in coltura promiscua e si attestava intorno ai 2mila e 500 ettari con una produzione di 11mila quintali di pere.
Gli alberi di pero si trovavano sparsi tra i vigneti, i ficheti, e oliveti. Le piante di pero venivano lasciate a se stesse e potevano essere anche si 100 anni e più. Alcune risultano innestate su franco, altre su perastro o perazzo (Pyrus communis L.) oppure sul calaprice (Pyrus amygdaliformis Vill.).
Mia madre e le pere “Petrucine” del Salento leccese
Mia madre me lo chiedeva sempre, ogni anno; era la sua una memoria di un gusto, di un sapore, di un’emozione ovvero le pere petrucine del Salento leccese. Mi diceva che da bambina lei le mangiava sempre e che purtroppo non se ne vendevano più.
La categoria sistematica di riferimento per un Dottore Agronomo è la varietà
Io ho imparato nei lunghi anni di studio prima all’Istituto Tecnico Agrario “Giovanni Presta” e poi alla Facoltà di Agraria dell’Università di Bari quello che mia madre mi diceva desiderando la sua pera “Petrucina” perché nell’ambito della mia professione di Dottore Agronomo la categoria sistematica di riferimento è la varietà. Perché? La spiegazione è presto data. Infatti se io avessi detto a mia madre che a casa, nella fruttiera, campeggiavano delle splendide pere e che quindi poteva mangiare quelle, io avrei detto una cosa imprecisa perché dire solo pera non definisce il frutto specifico, ma per descrivere esaurientemente la pera dobbiamo aggiungere la sua varietà. Infatti a mia madre mancavano tanto le pere petrucine e non una qualsiasi pera.
Ma com’è la pera Petrucina?
Una pera della varietà petrucina ha il sapore dolce dovuto al contenuto di carboidrati DIVERSO rispetto alle altre varietà e soprattutto alla presenza significativa di fruttosio che dona il gusto dolce, oltre alla presenza di sostanze quali vitamine e flavonoidi che variano da una varietà all’altra.
La pera di varietà tradizionale “Petrucina” siccome ha avuto un carattere di coltivazione diffusa e sistematica ecco si può anche definire cultivar che deriva dall’inglese cultiveted variety che poi significa intuitivamente “varietà coltivate”.
La petrucina è solo nei giardini della cinta della Città di Lecce e nella Grecia Salentina
Secondo lo studioso Francesco Minonne la pera “Petrucina”, detta anche Pedicina e Pera di San Pietro, era anticamente molto diffusa e io sono daccordo con lui. Infatti mia madre la cercava perché da ragazza era facilmente reperibile in commercio. Sempre secondo Minonne, oggi la “Petrucina” sarebbe relegata in vecchi giardini della cinta della città di Lecce e nella Grecia Salentina.
I componenti nutrizionali della pera Petrucina
La questione è comunque tutta giocata dai componenti nutrizionali più abbondanti nelle pere che sono i carboidrati (amido e glucosio), i quali variano tra una varietà e l’altra dall’8 e all’11%. Le pere presentano anche un buon contenuto di fibra. L’acido organico più abbondante è l’acido malico. I frutti maturi contengono discrete quantità di acetaldeide, sostanza ritenuta la responsabile dell’insorgenza del fenomeno del riscaldo (danno da conservazione del frutto). L’astringenza e il sapore amaro presente in alcune varietà, caratteri normalmente non desiderati, sono attribuiti alla presenza di sostanze tanniche, fenoliche e polifenoliche.
Per non avere la bocca piena di astringenti tannini ci vuole l’ammezzimento
Mi madre adorava queste piccole pere con la polpa bianca e granulosa che maturavano la prima decade di luglio. E allora come mai non si coltivano più anche se il sapore è ottimo?
Prima di tutto non le coltivano perché sono piccole, ma la ragione più profonda è che le pere Petrucine per essere gustate hanno bisogno dell’ammezzimento.
Come dici? Non sai cos’è l’ammezzimento? Non ti preoccupare caro, meglio così, se no io a che servirei? Allora devi sapere che se tu raccogli le pere petrucine queste sono ancora acerbe e se sei impaziente e tenti di mangiarle appena colte dall’albero, subirai il tipico effetto astringente provocato dall’elevato contenuto di tannini. Invece se sei paziente e prenderai le pere petrucine, riponendole ben distanziate l’una dall’altra, su un vassoio di cartone o cassetta di legno, conservandole in un luogo asciutto e senza luce, finchè non avranno raggiunto la giusta maturazione, allora proverai l’emozione di un gusto e sapore unico che ha segnato mia madre per il resto della sua vita.
La pera è una fonte di benessere
La pera è un concentrato di micronutrienti essenziali alla vita e fonte di benessere; quelli che le donano il colore e specificità del gusto sono idratanti, in quanto contengono grandi percentuali di acqua ed hanno minerali ad alto livello di assimilabilità, essendo inseriti in un ambiente biologicamente “attivo” a differenza dell’acqua di sorgente.
A fronte di un’alta concentrazione di micronutrienti, la pera generalmente si presenta con un tenore calorico e, salvo alcune eccezioni, con indice glicemico basso, in particolare se la pera è consumata integra di tutte le sue parti.
Le prospettive Ecologiche dei Dottori Agronomi
L’Orto Botanico della Università del Salento ha la varietà di pera petrucina quindi si può tentare una sua moltiplicazione con conseguente coltivazione per produrre pere per il mercato perché …. “Un albero di pero non è mai solo quell’albero di pero: è quest’albero qui, davanti a me e radicato nella terra, e nessun altro, ed è, insieme nello stesso tempo, parte vivente di un habitat, che è parte di una comunità ecologica, che è parte di un ecosistema, parte a sua volta della biosfera.
Queste prospettive “ecologiche”, di cui Catton indica la carenza nelle scienze sociali, sono presenti e operanti entrambe nel pensiero e nella pratica dei Dottori Agronomi.
E, per noi, come uomini che fanno esperienza del mondo, la percezione e l’uso di quest’albero di pere “petrucine” è insieme immediata nel legame, o non legame, che abbiamo con la sua presenza, e mediata dai millenni di memorie collettive che hanno elaborato il rapporto e la percezione della comunità umana cui apparteniamo (che ci ha formati quali siamo) con quest’albero, quest’habitat, quest’ecosistema.”
Bibliografia
Annuario si Statistica Agraria – Istituto Centrale di Statistica – A.B.E.T.E. Roma 1956; 1957;1958
Masseria Ficazzara, Il pero
Francesco Minonne, I nomi e le piante: per una storia delle varietà agrarie del Salento
La frutta mediterranea: caratteristiche e proprietà nutrizionali, Informazioni gentilmente offerte dal Dott. Di Gioia Fabio laureato in scienze e tecnologie agrarie presso la facoltà d’agraria di Firenze.
Ispra, Quaderni, Frutti dimenticati e biodiversità recuperata
Giuseppe Pallotti, Interpera “fotografa” produzione e consumi
A titolo di conoscenza, nello studio di Francesco Minonne dal titolo “I NOMI E LE PIANTE: PER UNA STORIA DELLE VARIETA’ AGRARIE DEL SALENTO”, parlando della pera “Petrucina” (e riporto qui di seguito un pezzo estrapolato dal suo studio) attribuisce a Giulietta Livraghi Verdesca Zain la denominazione-traduzione “Pera di San Pietro”.
Nella bibliografia cita anche il libro da dove ha attinto la notizia.
I1 Pero
Più di venti varietà diverse di pero, un tempo diffuse su tutto il territorio salentino,
sono oggi confinate a sparuti esemplari di alcuna importanza economica
e spesso del tutto abbandonati. Si tratta delle cosiddette “peraglie”, di piccole
dimensioni, con scarsa attitudine alla conservazione. Un tempo era la presenza
di numerose varietà, a maturazione scalare, che garantiva la costante presenza dei frutti sulla tavola.
Anche in questo caso i tanti nomi locali sono legati alla provenienza come:
“Franchiddhese” e forse anche la nota varietà “Petrucina”, un tempo molto comune nella cintura leccese, che Giulietta Livraghi Verdesca Zain (1994) indica come “Pera di San Pietro”; va detto che in alcune aree questa varietà viene anche detta “Pedicina” a sottintendere un riferimento al lungo peduncolo che la caratterizza. Non mancano le entità denominate con la connotazione più evidente dei loro frutti; è il caso di “Pero rosso”, “Cazzatello”, “Campanello”, “Pero cera”, “Faccia rossa”, “Ficateddhu” o, infine, con il periodo di maturazione come “Perella di maggio”, “San Giovanni”, “Pero d’inverno”.
Peraglie
I nomi e le piante: per una storia delle varietà agrarie del Salento
Bibliografia
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AA.Vv., Il Germoplasma frutticolo in Italia, Roma, M.I.P.A.F., 2003.
G. BARBERA, Il sistema tradizionale del mandorlo nella Valle dei Templi e il
‘Museo Vivente, in “Italus Hortus”, vol. VII, n. 3-4, Atti del Convegno “I sistemi
frutticoli tradizionali nel meridione: tutela e valorizzazione delle risorse
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A. FILIPPE II-L. RICCIARDI , L’erosione genetica di specie agrarie in ambito mediterraneo:
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G. LIVRAGHI VERDESCA ZAIN, Tre Santi e una campagna: culti magico-religiosi
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di Lecce nel reperimento e la propagazione delle vecchie cultivar di Ficus
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F. MINONNE, M. MADONNA, F. IPPOLITO, E. VINCENTI, R. ACCOGLI, G. DE GIORGI,
S. MARCHIORI, La conservazione delle vecchie cultivar di specie fruttifere
presenti nel Salento, Cahiers OPTIONS mèditerranèennes, CIHEAM/IAMB,
2002.
F. VALLESE, Il Fico, Catania, Libreria editrice Francesco Battiato, 1909.
LE PERE “PITRUCINE” IN UN OMAGGIO
ALLA MIA GIULIETTA
Con te
erano divenuti tutti
grandi personaggi,
le piante, i frutti
e le erbe di campagna.
In gran parte
erano ospiti
della tua cucina,
ospiti d’onore
degni del massimo rispetto.
Tra i frutti,
più degli altri
trattati regalmente,
primeggiavano
li pire piticìne,
le più adatte – dicevi -,
le uniche
per fare bene-bene
la perata.
Razza rara
– tant’è che ne avevamo
solo due alberi alla “Corte” –,
queste pere
venivano dette pure “pitrucìne”,
favoleggiate oltretutto
perché raccolte,
nella gioia di un rito,
il giorno di san Pietro..
Oltre a regalarne
caniscie e ccaniscie
a due conventi
ne trasformavi un quintale
in marmellata,
ottima – ribattevi –
per gli strudel, i panzerotti
e le crostate,
ma insostituibile
nel composto della faldacchiera
con la quale farcivi
gli agnellini e i pesci
che a Pasqua e a Natale
artisticamente modellavi
con la pasta di mandorle
dalle tue stesse mani
lavorata.
Grazie per i ricordi speciali di un infanzia salentina unica nei suoi profumi di pere .ma a proposito vorrei chiedere a voi cultori delle varietà di pere nostrane non trovo più una pianta di però che faceva delle pere verdi piccole dette in dialetto capuano ” pira maredda ” se avete la pianta ditemi dov’è grazie