Taranto e l’Unità d’Italia. Cataldo Nitti

ph Daniela Lucaselli

di Daniela Lucaselli

Esponente di rilievo in Puglia, animato da nobili ed alti ideali patriottici, nacque a Taranto il 13 maggio 1808. La sua formazione la ricevette  nel Seminario tarantino e a Napoli si laureò in Giurisprudenza. Dedito alla letteratura classica compose rime e prose.

A Napoli frequentò la casa del’ex Arcivescovo Giuseppe Capecelatro e strinse amicizia con noti liberali, tra cui il concittadino Nicola Mignogna.

Tornato nella sua città natale si dedicò con zelo alla sua professione, rivolgendo uno sguardo particolare al mondo degli umili.

In una sua monografia, stampata a Napoli nel 1857, lo scrittore parla della crescente povertà del proletariato tarantino, dovuta, a suo parere,  alla decadenza dell’industria cotoniera, di cui Taranto vantava un impareggiabile primario nella Regione, dovuta al diffondersi delle macchine e dei prodotti tessili meno costosi. Sollecitava la gente del posto a dedicarsi, con spirito di sacrificio, zelo ed amore, all’agricoltura, che poteva diventare una rigogliosa risorsa, grazie alla ricchezza del suolo. Ma questi suggerimenti non furono ascoltati.

Francesco II nominò Ministro dell’Interno e della polizia un suo amico, Liborio Romano, che si prodigò per il buon esito del moto nazionale e della spedizione dei Mille, appena iniziata in Sicilia.

In Basilicata, terra strategica nella marcia dei Mille, erano presenti vivaci contrasti fra i reazionari e i liberali; le plebi erano insoddisfatte e costante era il presidio delle truppe borboniche. Bisognava affidare l’incarico ad un uomo di fiducia e il Romano pensò al nostro patriota. Il Nitti, che si era allontanato dalla politica militante, partì subito per Napoli per incontrarsi con l’amico e abbracciò la causa unitaria, fiducioso della monarchia di Vittorio Emanuele II. Il 14 agosto era a Potenza dove pubblicò un proclama, nel quale, sviscerando il suo odio contro la tirannide, chiedeva collaborazione per costruire e realizzare quegli ideali di pace, di cui era portavoce.

Intanto scoppiava, sostenuta dal Partito d’azione, l’insurrezione del popolo lucano.

Nicola Mignogna gli propose di mettersi a capo del Governo provvisorio, ma il Nitti, fedele al suo mandato, non accettò. Dichiarò che era più logico e legale, per il bene della Patria, demandare i poteri al municipio di Potenza, sola autorità che era in grado di sostituirlo.

Questa decisione non fu condivisa dai due amici.

Ed anche il municipio non accettò il potere affidatogli dal Nitti.

Garibaldi il 7 settembre entrava vittorioso in Napoli, e il 9 settembre fu proclamato il Governo provvisorio sotto  il re Vittorio Emanuele II e  Giuseppe Garibaldi.

Il nostro concittadino fu nominato governatore della provincia di Bari e l’11 novembre pubblicò un nobile appello, in cui diceva di aver accettato l’incarico perché fiducioso che tale mandato gli desse l’opportunità di migliorare l’agricoltura, i traffici, l’attività dei porti.

A Bari si organizzò una manifestazione, a cui parteciparono anche le donne, per festeggiare l’ingresso trionfale di Vittorio Emanuele in Napoli. Il Nitti in quest’occasione, esortò le donne baresi a prodigarsi a favore della  futura generazione, a trasmettere una formazione morale e patriottica alle nuove menti, a supportare con un’opera di fratellanza le classi più disagiate, a riconoscere i nobili ideali del nuovo governo, che auspicava per il popolo la libertà.

La carica politica del Nitti fu di breve durata, in quanto il politico espresse il suo disaccordo col ministero che voleva mandare nella provincia di Bari le truppe per fronteggiare eventuali manifestazioni in favore dei Borboni.

Il 22 dicembre fu sostituito da Salvatore Stampacchia. Rimase profondamente rammaricato per non essere riuscito, per la brevità dell’incarico, ad aiutare il popolo barese a migliorare le proprie condizioni di vita, fiducioso comunque nel suo successore, assertore dei principi liberali.

Tornato a Taranto nel 1861, il Nitti fu eletto presidente del primo Consiglio Provinciale di Terra d’Otranto.

Pubblicò un opuscolo che dimostrava come Taranto possedesse caratteristiche topografiche e storiche superiori a quelle che vantava  Brindisi: il suo porto, se da un canto, garantiva un facile ingresso, dall’altro era un sicuro scudo capace di contrastare qualsiasi flotta nemica.

Pasquale Imperatrice, a questo riguardo, così si esprime: “è la prima voce che si leva, sollevatrice del porto di Taranto e del suo Arsenale Marittimo”.

A livello locale non si ebbero riscontri a proposito, al contrario dell’”Indipendente” di Napoli, fondato da Alessandro Dumas, che pubblicò articoli interessanti, tanto che il governo mandò a Taranto il colonnello del genio Navale Rifezzi per un sopraluogo.

Il nostro politico, amareggiato sempre più delle condizioni precarie in cui versava la gente della sua città, propose e sostenne la fondazione di una scuola agraria e di un istituto nautico, in grado di garantire una formazione professionale e una inerente attività occupazionale.

Inoltre il Nitti dimostrò l’ingiustizia di un’antica imposta feudale, per mezzo della quale il demanio dello Stato riscuoteva un quarto o un quinto sul prezzo della pesca che si faceva nei due mari di Taranto. Il governo liberale riconobbe le inique ragioni di tale provvedimento e l’abolì.

Ma il problema ancora non risolto era il porto, punto nevralgico di difesa della nostra penisola.

Verso la fine del 1864 il governo mandò a Taranto una commissione di Ammiragli e di Generali, presieduta dal generale Valfre.

Il Nitti pubblicò un opuscolo che illustrava i vantaggi economici e strategici che potessero derivare dalla struttura portuale.

Preziosa via aperta al commercio dell’Oriente ed, eliminando le discordie economiche e militari tra le nazioni, oculata tutela alla libertà del Mediterraneo.

La Commissione condivise la tesi e sostenne la costruzione di un altro Arsenale Marittimo di Stato. Questa decisione allarmò i pescatori, timorosi di essere danneggiati, nel loro mestiere.

Nitti li rassicurò.

L’opera del nostro concittadino continuò a favore di una società migliore: istituì asili d’infanzia, diffuse l’istruzione fra i ceti meno abbienti, procurò lavoro agli operai e si interessò della loro formazione,  provvide alla vecchiaia, aiutò i poveri nelle malattie.

Non condivise il comunismo in quanto, come  sosteneva il Lamartine, era “la fine di ogni lavoro e la distruzione dell’umanità”.

Fu nominato Senatore e si prodigò fino agli ultimi giorni alla grandezza della sua città.

Il ministro Acton presentò alla Camera un progetto con cui Taranto, al posto di Napoli,  era dichiarata sede del secondo Dipartimento Marittimo.

L’insigne patriota, il nostro concittadino, esempio di civili virtù, morì il 31 gennaio 1898.

La città di Taranto gli dedicò una delle vie principali ed un istituto di istruzione secondaria  di secondo grado.

 

Bibliografia:

  • S. La Sorsa, Il Centenario dell’Unità d’Italia a Taranto, in Rassegna Mensile della città di Taranto, edita dal Comune di Taranto, Anno XXX – Gennaio-Dicembre 1961, Numero 1-12, Locorotondo (1961).
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