di Armando Polito
Come riprodurlo.
Dei due metodi di riproduzione che mi accingo a descrivere il secondo è quello che garantisce i migliori risultati: 1) per seme: si raccolgono i semi alla fine dell’estate e si interrano abbastanza superficialmente anche in vaso, purchè questo sia esposto al sole per almeno due-tre ore al giorno; l’acqua va somministrata moderatamente e con regolarità da febbraio a giugno, il periodo vegetativo della pianta. La concimazione va fatta dalla primavera fino all’inizio dell’autunno, una volta al mese, con fertilizzante liquido aggiunto all’acqua di annaffiatura. La potatura consiste nell’eliminazione dello stelo quando questo è sfiorito. Il bulbo diventa di dimensioni adatte al suo utilizzo dopo non meno di quattro, cinque anni; 2) per bulbillo: separare a fine estate i bulbilli che si formano alla base del bulbo madre e metterli a dimora definitiva in autunno a una distanza di almeno dieci cm. l’uno dall’altro. Concimare e annaffiare come nel metodo di riproduzione prima descritto. Il bulbo assume dopo non meno di tre anni dimensioni che lo rendono utilizzabile.
Le proprietà afrodisiache del bulbo nelle testimonianze degli autori antici.
Testimonianza molto più antica di quella del X° secolo riportata nella prima puntata sulle presunte proprietà afrodisiache del bulbus si ha nel mondo greco in Dioscoride Pedanio (I° secolo d. C.) (De medicinali materia, II, CLXI): “Il bulbo commestibile. Il bulbo commestibile è noto a tutti come cosa che si può mangiare; salutare per lo stomaco, libera l’intestino, è rossastro e viene importato dalla Libia; è amaro, simile alla scilla, più salutare per lo stomaco, favorisce la digestione. Tutti sono aspri, danno calore e eccitano al rapporto sessuale…”.
Non dissimile opinione anche in ambito romano: Publio Ovidio Nasone (I° secolo a. C.-I° secolo d. C.) (Remedia amoris, 795-800): ”Ecce, cibos etiam, medicinae fungar ut omni/munere, quos fugere, quosve sequare, dabo./ Daunius, an Libycis bulbus tibi missus ab oris,/ an veniat Megaris, noxius omnis erit./ Nec minus erucas aptum vitare salaces/et quidquid Veneri nostra corpora parat./Utilius sumas acuentes lumina rutas/et quidquid Veneri corpora nostra negat.” (Ecco, ti darò anche, per usare ogni dono della medicina, i cibi da evitare e da seguire. Il bulbo della Daunia o quello mandato a te dalle coste della Libia, o venisse da Megara10, ti sarà comunque nocivo. Nondimeno è opportuno evitare le afrodisiache ruchette e tutto ciò che prepara i nostri corpi all’amore. Più utile che tu prenda la ruta che aguzza la vista e tutto ciò che nega i nostri corpi all’amore).
Dello stesso tenore quella posteriore di Marco Valerio Marziale, poeta latino del I° secolo d. C.: (Epigrammaton libri, III, 75, vv. 1-3): “Stare, Luperce, tibi iam pridem mentula desit,/luctaris demens tu tamen arrigere. Sed nihil erucae faciunt bulbique salaces…” (Già da tempo, o Luperco, per te il pene ha smesso di indurirsi, tu pazzo tuttavia tenti di rizzarlo. Ma a nulla servono la ruchetta e i bulbi afrodisiaci…); (XIII, 34: “Cum sit anus coniunx et sint tibi mortua membra, nil aliud bulbis quam satur esse potes.” (Qualora tua moglie sia vecchia e il tuo membro sia morto nient’altro puoi che saziarti di bulbi).
Non dissimile la testimonianza di C. Plinio Secondo (I° secolo d. C.) (Naturalis historia, XIX, 30): “…in Africa nati maxime laudantur, mox Apuli” (…sono apprezzati soprattutto quelli nati in Africa, poi quelli dell’Apulia), in un altro la proprietà di cui stiamo parlando (op. cit., XX, 105) :”Venerem maxime Megarici stimulant…”(I bulbi di Megara stimolano al massimo grado il desiderio amoroso…). Contemporanea e dello stesso tenore è la testimonianza di Lucio Giunio Moderato Columella (De re rustica, X, 105-109):” …quaeque viros acuunt armantque puellis,/ iam Megaris veniant genitalia semina bulbi /et quae Sicca legit Getulis obruta glebis /et quae frugifero seritur vicina Priapo, /excitet ut Veneri tardos eruca maritos” (…e vengano da Megara i fecondatori semi di bulbo che eccitano gli uomini e li armano per le fanciulle e quelli che la Numidia raccoglie coperti dalle zolle getule e la ruchetta che viene seminata vicina al fecondatore Priapo per svegliare all’amore i mariti addormentati).
Non poteva mancare Petronio Arbitro (I° secolo d. C.) (Satyricon, 130) col suo Polieno che, dopo aver fatto cilecca con Circe, corre ai ripari così: “…mox cibis validioribus pastus, id est bulbis cochlearumque sine iure cervicibus…” (…subito nutritomi di cibi più adatti, cioè bulbi e teste di lumache senza salsa…)”.
Senz’altro la più ricca testimonianza è poi quella di Ateneo di Naucrati (II°-III° secolo dopo C.) con le sue numerose citazioni che costituiscono ciò che ci resta di autori antichi: (I deipnosofisti, II, 64): “Alessi per spiegare la forza dei bulbi nelle faccende d’amore, dice: -Cozze pinna, aragosta, bulbi, lumache, conchiglie, uova, piedi cotti di pecora; simili farmaci uno potrebbe trovare più utili di questi per chi ama le etere?-; Archestrato : – dico di godere delle scodelle di bulbi e cavoli, e di tutti gli altri piatti-“; (op. cit., II, 65): “Eraclide di Taranto, nel Simposio: -Un bulbo e una lumaca e un uovo e simili cibi sembrano generatori di sperma, non per l’essere molto nutrienti ma per avere omogenee le prime qualità e la stessa forza dello sperma; Difilo : -I bulbi sono di difficile cottura ma molto nutrienti e salutari per lo stomaco; inoltre sono purgativi e indeboliscono la vista, ma sono eccitanti nei rapporti sessuali. Il proverbio dice: Per niente ti gioverà il bulbo se non hai vigore. In realtà sono afrodisiaci tra loro quelli chiamati regali, che sono superiori agli altri, tra i quali quelli rossastri. Invece quelli bianchi e quelli della Libia sono simili alla scilla; i peggiori tra tutti, però, sono quelli egiziani”; (op. cit., l. II, 66): “Sulla preparazione dei bulbi Filemone dice: -Se vuoi il bulbo, guarda quanti altri ingredienti devi comprare perché esso sia apprezzato: formaggio, miele, sesamo, olio, cipolla, aceto, silfio. Esso di per se stesso è spregevole e amaro-. Eraclide di Taranto volendo limitare l’uso dei bulbi nei conviti dice: “-Bisogna porre un limite al cibo eccessivo e soprattutto a quello che ha del vischioso e dell’appiccicaticcio: per esempio, le uova, i bulbi, i piedi di animali, le lumache e simili. Rimangono infatti nell’intestino per troppo tempo e trattengono i liquidi-“.11
Un cenno sulla più allettante, per chi ci crede, proprietà del bulbo è dato di cogliere nei Colloquia familiaria (1522) di Erasmo da Rotterdam12: “LA. Quid si episcopus suis diceret ne quis haberet rem cum uxore nisi die Lunae, Jovis et Sabbati; committeret crimen qui clam aliis diebus uteretur uxore? SA. Arbitror. LA. Quid si ediceret ne quis bulbis vesceretur?. SA. Quid istuc ad pietatem? LA. Quia bulbi provocant libidinem” (LA. Che diresti se un vescovo prescrivesse ai suoi fedeli di non avere rapporti con la moglie se non di lunedì, giovedì e sabato; commetterebbe peccato se di nascosto avesse rapporti con la moglie negli altri giorni? SA. Credo di sì. LA. Che diresti se prescrivesse di non mangiare bulbi? SA. Che cosa ha che fare questo con la religiosità? LA. Poiché i bulbi provocano la libidine)13.
La fama di afrodisiaco del lampascione continua, comunque, fino ai nostri giorni: non a caso in Spagna esso è chiamato Hierba de los amores.
prima parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/03/05/il-lampascione-in-quattro-puntate-1-4/
terza parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/03/11/il-lampascione-in-quattro-puntate-3/
quarta parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/03/22/il-lampascione-in-quattro-puntate-4/
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10 Megara è il nome di due città, una in Grecia (Nisea), l’altra in Sicilia (Iblea); è difficile identificare quale delle due sia quella citata dagli autori. Se nell’elenco di Ovidio l’ordine di citazione è in rapporto alla distanza, si tratterebbe della Megara greca.
11 Passi per le uova, per i piedi di animali e per le lumache, ma i fatti dimostrano che i lampascioni, a parte la flatulenza, richiedono la disponibilità di un bagno a poche ore dalla loro consumazione; debbo pensare che Filemone non li abbia mai mangiati o, se lo ha fatto, che fosse afflitto da una forma indomabile di stitichezza…
12 Desiderii Erasmi Roterodami colloquia, a cura di Rod. Stallbaum, Lipsia, 1827, pg. 247.