di Marcello Gaballo
Il popolo salentino ha personificato anche i mesi dell’anno e da molte generazioni si tramanda questo breve raccontino, nel quale Febbraio chiede una cortesia al fratello Marzo:
frate Marzu, frate Marzu
damme tò giurni
e bbiti a ‘sta ‘ecchia cce lli fazzu!
Ca ci li giurni mia
l’abbìa tutti
facìa cuajare
lu mieru intra ‘lli ‘utti.
(fratello Marzo, fratello Marzo/ prestami due giorni dei tuoi/ e vedrai cosa farò a questa vecchia./ Avessi tutti i miei giorni/ farei congelare il vino nelle botti).
Ma a questa considerazione bisogna aggiungere anche un proverbio, che si recita a Scorrano:
Lu tàccaru cchiù gruessu
àzzalu pi marzu
(la legna più grande riservala per marzo).
Ogni commento si può risparmiare, visto che le temperature di questi giorni confermano la secolare esperienza in fatto di metereologia.
Ancora una conferma?
Ci fribbaru no fribbarèscia
marzu mmalepensa
(se febbraio non porta il suo freddo, marzo potrebbe pensar male riguardo la sua reputazione di mese più freddo dell’anno).
Ci fibbraru è vintarulu ‘mprena l’arvili cu lu culu
cu llu scelu ti fribbaru mèndule no puni allu panaru
Mia nonna Addolorata Polinmeno da Spongano (LE) raccontava che febbraio perse due giorni a causa della vendetta che suo fratello gennaio doveva attuare per punire una vecchia superba e maldicente che nei suoi confronti affermò: “SCATTA E CREPA SCINNARU, CA LE PECURE MEI L’AGGIU TRASUTE DE LU QUADARU!” Ciò avvenne quando, in origine, gennaio era composto da soli 29 giorni. Allora gennaio sdegnato e offeso si rivolse al fratello febbraio che in origine ne aveva 30 di giorni, e gli domandò un solo giorno in prestito, uno soltanto affinchè potesse vendicarsi di quella vecchia non riconoscente.
“UNU SE LU MPRESTAU, N’AUTRU NE LU RUBBAU…” e fu così che a quella vecchia maldicente il giorno seguente le pecore morirono tutte per il freddo che gennaio ebbe la forza di portare.
Da allora gennaio fu di 31 giorni e febbraio di 28.
bellissima questa integrazione, credo nota a pochi salentini. Dà senso compiuto anche al proverbio. Grazie, anche perchè hai contribuito a togliere dall’oblio un racconto del nostro popolo