di Armando Polito
Sono strasicuro che se il Maestro fosse vivo sarebbe il primo a non considerare irriverente il titolo di questo post, perché è una caratteristica di chi è veramente grande (e lui lo è) quella di apprezzare con spirito sportivo qualsiasi critica fondata… ammesso che la mia lo sia e che non sia io, invece, a scambiare lucciole per lanterne dopo averlo accusato di aver scambiato la svolta con il volo.
Il pomo (mi auguro che non mi vada di traverso…) della discordia è la voce neretina utulisciàre usata nel senso di rotolare; al lemma corrispondente lo studioso tedesco rinvia a ulutàre dove, dopo aver registrato per Ruffano la variante utulàre (di cui utulisciàre è forma frequentativa), mette in campo, per quanto riguarda l’etimo, il latino volitàre. Questa voce è attestata, addirittura, nel latino classico col significato di svolazzare qua e là; infatti essa è forma iterativa di volàre. Ora è abbastanza evidente come tra il concetto di rotolare e quello di svolazzare qua e là i punti di contatto siano abbastanza labili, per non dire inesistenti. Il verbo da mettere in campo non è volitàre ma volutàre, anche questo intensivo, ma di vòlvere=far girare; sicché ulutàre è figlio della trafila: volutàre>olutàre (aferesi di v-)>ulutàre; di quest’ultima voce , poi, è sviluppo, per metatesi –lut->-tul– la variante di Ruffano utulàre.
Non è da escludersi, fra l’altro, che quel volitàre invece di volutàre sia frutto di una citazione a memoria o, addirittura, di un errore di stampa.
A completare il quadro: per il neretino c’è il quasi omofono ulitàre usato nel senso di sporcarsi fisicamente ma anche moralmente a causa di cattive frequentazioni (statte attentu cu ci ti ulùti!=sta’ attento a chi frequenti!). È voce non presente nel vocabolario del Rohlfs. Per quanto riguarda la sua etimologia la prima tentazione è quella di farlo derivare dal precedente volutàre1, ma ad un più attento esame, anche per la conservazione dell’originario vocalismo, mi appare più attendibile come padre il latino oletàre=sporcare, forma fattitiva di olère=aver odore, per cui si passa dal concetto di emettere odore, anzi puzza, a quello di far puzzare, cioè sporcare in senso letterale e metaforico).
Spero solo di non aver detto troppe zozzerie… e di non aver rimediato la figura del personaggio in vignetta.
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1 Anche perché certe frequentazioni hanno il loro momento saliente in volteggi di natura non propriamente ginnica…
Utulisciare, mi ha sempre ricordato il gesto di rotolare le botti (utti) per spostarle di posto. O quando si lavavano con quel gesto tipico di farle ruotare sul posto oscillando (scimmarisciata).
ulitare è genericamente utilizzato nel senso di “sporcarsi”, specie riferendosi a bambini. Mi pare che venga anche usato per le donne di facili costumi che sono avvezze “cu ssi ulùtanu bbone bbone cu quistu o cu quiddhu”. In entrambi i casi si tratta pur sempre di “rivoltarsi”: nel fango nel primo caso, nel letto nel secondo. Trovo perciò attinenza tra i due verbi
Continuo a pensare che la relazione tra ulitare e utulisciare sia solo semantica e non etimologica, anche perché trovo che il “moralismo” popolare in cui si è esaltata la sessuofobia del passato (?) non avrebbe consentito o mal avrebbe sopportato che da un verbo legato al mondo dei bambini se ne sviluppasse (sia pure solo con l’aggiunta del suffisso frequentativo) un altro più o meno evidentemente legato alla sfera sessuale o, comunque, ad un’attività sessuale da riprovare (almeno sulla carta…). Ringrazio anche l’amico Angelo, soprattutto per quel “scimmarisciàre” che non conoscevo (la possibilità, invece, che le prime due sillabe di utulisciàre possano essere legate a utti è da escludersi) e che il Rohlfs non registra. Credo che sia composto da s- intensiva (dal latino ex) e il corrispondente dialettale dell’italiano mareggiare; se è così, viene confermata, se pure se ne avvertiva il bisogno, la creatività del dialetto: lavare le botti è come creare al loro interno una piccola mareggiata.
sciammarisciare – ho dimenticato una a
è usato anche per riferirsi a uno scuotimento anche del corpo.
” ma ce mme sciammarisci…, no te stai fermu?”
La a in più autorizza a supporre, dopo la s- (da ex) anche un’originaria preposizione ad (exadmarisciàre>sciadmarisciàre>sciammarisciàre.
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