Fulvio Colucci
Giuse Alemanno
INVISIBILI
Vivere e morire all’Ilva di Taranto
Non molto tempo fa gli operai dell’allora Italsider vennero chiamati metalmezzadri. Era la generazione dei Cipputi, dei sindacati e degli scioperi che paralizzavano la produzione, della terra o del mare da coltivare, dopo il turno.
L’Italsider non c’è più. C’è l’Ilva. Una nuova fabbrica con un nuovo nome e nuove regole, ma soprattutto una nuova generazione. Una generazione che sogna la grossa vincita al gratta e vinci o al massimo la divisa, da carabiniere.
Per i nuovi operai dell’Ilva, divisi in normalisti e turnisti, il sindacato è lontano; al suo posto ci sono i tornei di calcetto aziendali che favoriscono la comunicazione, ma non troppo. Rimangono la paura di non tornare più a casa e i santi a cui affidarsi, una volta custoditi nei portafogli ora immagini su cellulari. Le immagini dei santi si affiancano a quelle delle mogli, dei figli e delle famiglie e di loro è tutto quello che oltrepassa i tornelli dell’Ilva. La vita scandita dai turni. Tra la fabbrica e la vita fuori, lo spogliatoio dove si svestono i panni civili e si indossa la divisa, da operai. Sullo sfondo una città lontana assente, dai contorni sfumati come fosse di sabbia, la stessa sabbia che si indurisce nel naso e lo fa sanguinare.
Giuse Alemanno, scrittore, ha vinto numerosi premi letterari, è stato vicedirettore de «La Voce del Popolo», lavora all’Ilva di Taranto dal 2001.
Fulvio Colucci, giornalista, lavora nella redazione tarantina della «Gazzetta del Mezzogiorno». Nel 1995 ha vinto il premio “Ilaria Alpi”.
F.to 13×19; pp. 112; 10.00 euro; Illustrazioni Christian Imbriani.
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