Vallone-De Viti De Marco, un binomio inscindibile nella vita politica nazionale e meridionalista

“SIAMO IL CERVELLO DELLE MASSE”

di Tommaso Manzillo

Il contributo che qui vorrei proporre è la testimonianza di un’amicizia profonda e sincera tra due autorevoli personalità salentine, che fino alla fine hanno combattuto contro le tante problematiche del Mezzogiorno, all’indomani dell’Unità d’Italia.

Fu una vera “fratellanza”, come avrebbe detto Antonaci (1999, pag. 707), nell’intento comune di dare onore alla vitalità del Sud, in termini di idee e di propositi, per “agganciare”, politicamente, economicamente, culturalmente e socialmente la nostra regione al resto d’Italia: sono battaglie ancora vive e presenti ai giorni nostri, ma non saprei dire se, chi vuole incarnare oggi questi ideali, sia degno di essere, se non paragonato, almeno animato dallo stesso spirito politico dei due coetanei Antonio Vallone e di Antonio De Viti De Marco. Quest’ultimo tenne, il 19 aprile 1925, un pubblico discorso di commiato per l’amico di una lunga vita politica, da poco scomparso (7 febbraio dello stesso anno), in occasione dell’inaugurazione della lapide in sua memoria apposta nella sede del Liceo-ginnasio “Pietro Colonna”.

Antonio Vallone

Vallone-De Viti De Marco era un binomio inscindibile nella vita politica nazionale e meridionalista, un’amicizia nata forse ancor prima di quella riunione che si tenne a Casamassella tra Vito Fazzi, lo stesso Vallone e il fratello di Antonio dello scienziato delle finanze, quando fu deciso che il nostro concittadino avrebbe dovuto affrontare la battaglia contro il comune avversario del collegio di Maglie. Da allora ci fu una vera e profonda amicizia tra Vallone e De Viti De Marco, come riporta il discorso del professore universitario, tanto che nelle elezioni del 1919 si trovarono insieme in una lista di “blocco”, dopo forti pressioni da parte di Alfredo Codacci-Pisanelli, contro “la violenza del bolscevismo ammantato di socialismo”. Purtroppo, Giolitti pose un veto al pericoloso repubblicano Vallone, che fu costretto ad abbandonare la lista e, con lui, per spirito di solidarietà, lo stesso De Viti De Marco. Successivamente, fu Giolitti ad invitare il nostro concittadino a far parte del Governo di Sua Maestà con la carica di Sottosegretario ai Lavori Pubblici. Questo creò grande imbarazzo per Antonio Vallone, tanto da coinvolgere l’amico di Casamassella. La questione era se accettare l’incarico per il bene della nostra terra a scapito della propria coerenza politica, che non poteva accettare un repubblicano onesto nel Governo di Sua Maestà: quale migliore occasione per il Sud di dotarsi delle migliori infrastrutture per la sua economia e la sua crescita, ma alla fine vinse la coerenza politica di Vallone, che lo ha sempre visto avversario del Giolitti e delle sue logiche politiche manipolatrici. De Viti De Marco rispose all’amico: “ Se deciderai di accettare, noi tutti te ne saremo grati nell’interesse della nostra Regione; ed io prendo l’impegno di ripeterti questi ragionamenti e di spiegare la tua condotta in un pubblico scritto o discorso”. Il giorno dopo Vallone comunicò all’amico che avrebbe rifiutato l’incarico, con grande gioia per De Viti De Marco per aver tenuto fede alla sua straordinaria coerenza di pensiero. Antonaci riferisce, a pag. 709 di Galatina Storia & Arte (1999), che Vallone andò alla Camera nelle elezioni del 1919, con de Viti de Marco e Codacci-Pisanelli.

antonio de viti de marco

Amarono profondamente il Mezzogiorno, pur non essendo affetti da meridionalismo bensì desiderosi che la nostra terra salisse al livello delle altre più evolute parti d’Italia. Per questo Vallone era uno strenuo difensore della libertà economica, lottando contro ogni forma di protezionismo che penalizzi l’agricoltura del Mezzogiorno a vantaggio delle industrie del Nord e della burocrazia parassitaria dello Stato, intesa come fonte di spreco del denaro dei contribuenti meridionali. In questo Vallone trovò un valido sostenitore in Antonio De Viti De Marco, incarnando perfettamente l’ideale della “Grande Italia”, forte di una più ampia libertà economica e politica, per tutte le attività industriali e per tutte le regioni.

Oltre all’amore per la politica e per la libertà, ebbe un’altra grande passione, ossia quella per la cultura. Da ingegnere e dottore in fisica, Vallone amava inaugurare scuole, dotando la nostra città “di tutte le scuole atte a diffondere la istruzione professionale tecnica e classica in tutti gli strati della popolazione”, fino alla regificazione del Liceo-Ginnasio. In questo Vallone contribuisce all’elevamento della nostra città, definita da De Viti De Marco “un’oasi di cultura e di progresso economico in tutta la provincia”.

Ma c’erano delle distanze tra i due amici, dato che il repubblicano Vallone era un anticonservatore, o meglio un laburista, come dice Antonaci, mentre De Viti De Marco era un convinto radicale liberista. Ci fu una questione che li vide contrari: il destino dell’Acquedotto Antico, società inadempiente, che Vallone voleva statalizzare, mentre De Viti De Marco sosteneva la necessità di sostituire la società inadempiente con altra, forte di capitali e nel guadagno dell’esercizio. Il tutto finì con l’istituzione di un Consorzio, la cui presidenza spettava alla Provincia di Lecce, che aveva acquisito il diritto di preferenza. De Viti De Marco tanto insistette per persuadere gli on. Nitti e Grassi a fermarsi sul nome del nostro Antonio Vallone, ma questi uomini avevano già deciso “di fare dell’Acquedotto un mercato elettorale con la deputazione e con la città di Bari. L’intrigo parlamentare eliminava ancora una volta un galantuomo e un competente”.

Dal discorso dello scienziato delle finanze si alza un monito a tutti i cittadini galatinesi e alla politica di oggi, che prenda esempio dall’intensa attività di Antonio Vallone per il bene di Galatina e del Mezzogiorno, caratterizzata dalla coerenza politica, dall’amore per la propria terra e per i propri ideali, difesi in ogni istante contro i soprusi provenienti da interessi personali. Certamente erano anni intensi, caratterizzati da cruenti battaglie per la libertà del pensiero economico e politico, incarnate perfettamente dai nostri illustri conterranei. Il Sud ha sempre offerto valide personalità nel panorama nazionale, com’è ancora oggi, senza scordare gli straordinari esempi di queste due figure che qui ho presentato, testimonianza vera e sincera di una comunanza di interessi per amore della propria terra, andando oltre ogni tipo di bandiera politica. Un vero esempio per la politica di oggi e per chi è in cerca di un modello cui fare riferimento. Come affermò De Viti De Marco in quel giorno, “noi siamo qui le assise della parte più ristretta e intellettuale, siamo il cervello, non il sentimento delle masse popolari. Non siamo qui per redigere l’atto di morte; ma per decretare che Antonio Vallone è degno della posterità; e per redigere l’atto di nascita della nuova vita morale e politica”.

Cittadini, siate fieri del vostro concittadino!”                            

 


[1] De Viti De Marco A., Mezzogiorno e democrazia liberale. Antologia degli scritti, a cura di A. L. Denitto, Palomar, Bari, 2008, pag. 423 e ss, brano concesso alla curatrice del libro dal prof. Giancarlo Vallone. Il testo del discorso fu pubblicato a Galatina, nello stesso anno, da Marra & Lanzi, con una prefazione dell’allora preside del Liceo-ginnasio “Pietro Colonna”, Giacomo Candido.

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