Luigi Corvaglia: non solo letterato
Impegno sociale e fedeltà agli ideali repubblicani caratterizzarono la vita dell’autore di Finibusterre
di Fernando Scozzi
Di Luigi Corvaglia (Melissano, 1892 – Roma, 1966) si conoscono le opere filosofiche e letterarie, lo spirito critico e l’ardore polemico; ben pochi conoscono, invece, il suo impegno sociale che si manifestò non solo nell’attività di amministratore comunale, ma anche in quella di imprenditore.
Fin dal 1910, studente universitario del primo anno di Giurisprudenza, si iscrisse al P.R.I. rimanendo fedele per tutta la vita all’Idea mazziniana di Giustizia e Libertà. (1) Rivendicò i diritti della comunità melissanese spesso sacrificati alle esigenze del Comune capoluogo e agli interessi di pochi notabili locali. Nel suo opuscolo Melissano (edito nel 1910) Luigi Corvaglia invitò i concittadini all’unità: Unitevi figli del popolo, emancipate la frazione elevandola a Comune indipendente. Auspicò l’associazione dei lavoratori nei rischi e nei vantaggi della proprietà terriera; chiese ai contadini di mandare i propri figli a scuola, tutti i figli, sopportando anche la miseria, poiché nella evoluzione progressiva della società, li renderete capaci di seguire il progresso universale. Accusò il sindaco di Casarano di aver privato la frazione di servizi pubblici indispensabili: per due anni, o Signori, Melissano è rimasta senza guardie, senza custode pel cimitero, senza spazzino e perfino senza levatrice.
In realtà, le critiche di Luigi Corvaglia non erano dirette all’amministrazione comunale, ma all’avv. Felice Panico (assessore delegato della frazione) il cui potere economico pervadeva la società melissanese e impediva l’affermazione di una classe di professionisti che intendeva guidare lo sviluppo della comunità melissanese.
In occasione delle elezioni politiche del 1915, Luigi Corvaglia si schierò con Nicola Marcucci ed avversò il deputato uscente Antonio De Viti De Marco perché – scrisse in un manifesto – il Collegio esige che sia liberato dall’incubo che l’opprime: l’ambizione, il disprezzo verso gli umili, il favoritismo agli alti eunuchi del privilegio.(2)
Con una serie di fogli pose all’attenzione degli amministratori comunali e soprattutto dei suoi concittadini (dei quali auspicava la redenzione umana e civile) le esigenze della Comunità melissanese, evidenziando la necessità dell’approvvigionamento idrico dell’abitato, l’importanza del piano regolatore, della pubblica illuminazione, della viabilità urbana e rurale. Nel 1920, di fronte alla volontà dell’amministrazione comunale di impegnare le risorse finanziarie in tutt’altra direzione, Luigi Corvaglia propose un referendum per conoscere se prima di erogare il denaro pubblico in opere voluttuarie non convenga, per per senso di dignità e di igiene, provvedere alle esigenze più urgenti e sistemare le vie interne, rese per l’abbandono impraticabili. Se non convenga di più dare al paese il suo accesso logico alla stazione ferroviaria, ordinando lo sviluppo delle vie che di giorno in giorno si sviluppano senza nesso e sistema. Se prima delle opere sciagurate progettate dal Comune di Casarano, giovi un edificio scolastico e lo sanno i figli dei poveri ed i poveri insegnanti, che marciscono d’inverno e soffocano d’estate, in abituri miserabili. (3)
Dopo la grande guerra, alla quale partecipò con il grado di tenente, si impegnò per l’autonomia della frazione e quando nel 1923 Melissano divenne Comune, fu nominato assessore. Era l’occasione per far recuperare al paese il tempo perduto in secoli di dipendenza amministrativa; invece, nel volgere di pochi mesi, i contrasti con il sindaco, avv. Felice Panico, determinarono lo scioglimento del primo consiglio comunale. Invano, Luigi Corvaglia chiese al prefetto di fare piena luce sulle Questioni morali di Melissano; (4) inutilmente si appellò al patriottismo dei reduci, perché l’affermazione del movimento mussoliniano e la nomina del fascista podestà Luigi Sansò, misero a tacere ogni polemica e seppellirono nell’archivio della prefettura le carte dell’inchiesta, con le denuncie, i manifesti e le richieste del filosofo melissanese.
Luigi Corvaglia, quindi, si ritirò a vita privata, non aderì al fascismo e si dedicò agli studi filosofici e letterari. Infatti, dal 1925 al 1931, pubblicò le commedie (La Casa di Seneca, Rondini, rappresentata a Lecce nel teatro “Paisiello”, Tantalo, Santa Teresa e Aldonzo); nel 1934 diede alle stampe Vanini, edizioni e plagi, l’anno successivo scrisse un saggio su Vanini e Leys per la rivista crociana La Critica.
Contemporaneamente si dedicò all’imprenditoria: aprì uno stabilimento vinicolo, un molino ed un panificio, bonificò 200 ettari di terreno incolto e malarico facente parte della masseria “Marini”, situata a due passi da quel mare Jonio che fece da sfondo al suo romanzo Finibusterre.
Fu uno dei fondatori della Cantina Cooperativa e dell’Unione Agricola di Melissano, costituite per sottrarre i rurali (così definiva i lavoratori della terra, rivalutandone la funzione) allo strapotere contrattuale degli acquirenti di uva.
Terminata la seconda guerra mondiale, egli fu nuovamente chiamato a far parte della giunta comunale di Melissano ed essendo uno dei fondatori del P.R.I. a Lecce, fu candidato nella lista repubblicana per l’Assemblea Costituente: battaglia di testimonianza in una provincia tra le più monarchiche d’Italia e così lontana dal partecipare alla formazione di quella coscienza nazionale che Luigi Corvaglia auspicava nei Quaderni Mazziniani. Il Nostro, infatti, fu votato solo dal 10% degli elettori melissanesi, mentre in ambito circoscrizionale conseguì 562 preferenze su 6.970 voti di lista.
L’insuccesso elettorale e il dissenso con Randolfo Pacciardi (segretario nazionale del P.R.I.) segnarono il distacco dalla politica, vista, ora, come gioco del parteggiare, vecchio tristo gioco italico, che consente ancora una volta di essere contro qualcuno(5) e come regno dei partiti nei quali si perpetua la gestione del potere fine a sè stesso. Tra l’altro, i suoi interessi culturali lo rendevano quasi “estraneo” alla comunità melissanese; anche per questo si trasferì a Roma dove, frequentando le biblioteche Casanatense, dei Lincei, Nazionale e Vaticana, approfondì gli studi di filosofia rinascimentale e scrisse una grande quantità di opere, molte delle quali rimaste inedite. Solo d’estate ritornava a Leuca per abitare in compagnia degli “Dei Terminali”, ai quali aveva dedicato la sua villa.
Ma, nonostante la lontananza, Luigi Corvaglia non dimenticò mai il suo paese, lo testimonia anche la lettera seguente nella quale egli constata amaramente la distanza che lo separa da Melissano e ne sintetizza le vicende degli ultimi cinquanta anni, nelle quali è facile intravedere un acherontico retaggio, causa dei tanti problemi della comunità melissanese. La lettera, datata Roma, 27 febbraio 1958, è indirizzata al sindaco di Melissano, avv. Elio Santaloja, che aveva chiesto al Corvaglia notizie sullo stemma civico:
Caro Elio,
lo stemma che ha Melissano è quello di Casarano. Quando il paese fu eretto Comune autonomo, i Commissari (io, l’avv. Felice Panico e il dott. Vito Caputo) chiedemmo alla prefettura l’autorizzazione ad assumere come stemma quest’impresa: un cespuglio di melissa in fiore, su cui un’ape si libra cogliendo il polline; intorno, in cartiglio, la scritta “Apis non vespa”. Che il motto non piaceva per il suo mordente, proponemmo in subordine un tratto dell’ape oraziana. Ma a quei tempi montava la marea fascista e la prefettura bocciò la proposta in odium auctoris. Così restò l’impresa casaranese della quercia, con la serpe che sale per il tronco, vieto motivo dell’iconografia araldica italiana. “Impresa cesarea”, secondo i facili etimi che ritrovano Cesare alle origini del paese di Papa Tomacelli, Ottavio a quelle di Taviano, Eraclio a quelle di Racale e sciolgono in prae-siccum Presicce, in ricca d’acqua Acquarica, o appiccicano le ali ad Alliste, marchianamente ignorandone l’origine greca della bellissima, rimasta nel nome dialettale “Kaddhiste”, ecc… .
Per l’impresa di Casarano c’è pero un’altra versione meno aulica. Essa trae l’etimo dal gergo, per metatesi, da casara, alias sacàra, il che spiegherebbe la presenza della serpe che monta per raggiungere i nidi della chioma dell’albero. Se così fosse, bisognerebbe conservare quest’impresa ch’è così congeniale anche a Melissano, per via del rettile.
Caro Elio, sorvola su questa nota, che a dirla col De Bonald, mi suggerisce la “collera dell’amore”, verso il mio paese natale, sempre e ancora a me diletto, ma purtroppo così remoto da come io l’avrei voluto. E se ti riesce, dai pure a Melissano uno stemma tutto suo; ma sovrattutto risveglia intorno a te la gioventù non ancora decrepita per ridare al paese la sua tradizione di serietà, di onestà e di intelligenza operosa. Luigi Corvaglia.
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(1) La fedeltà alle idee mazziniane venne richiamata dallo stesso Corvaglia nel suo epitaffio, trascritto sulla lapide affissa dal Comune di Melissano sulla casa dell’illustre studioso:
Luigi Corvaglia
Letterato
Trasfigurò in religione umana
Finibusterre
Del pensiero rinascimentale
Trasse alla luce obliterate sorgive
In tempi scardinati
Vivendo intrepidamente fedele
All’idea mazziniana
Di Giustizia e Libertà
(2) “Vigilia elettorale nel collegio di Gallipoli”, manifesto di L. Corvaglia, datato 19.3.1915.
(3) “Per un referendum”, manifesto di L. Corvaglia, datato aprile 1920.
(4) “Le Questioni Morali di Melissano”, manifesto di L. Corvaglia, datato 6.12.1924
(5) “L’acherontico retaggio (con elogio della vita comune)” , Matino, S. A. Tipografia, 1945 (« Quaderni mazziniani », n. 3).