di Francesco Tarantino*
Le campagne di Supersano, piccola cittadina del centro del Salento Leccese, potrebbero sembrare a prima vista, assolutamente banali e quasi soprattutto scontate se non ci si addentra nelle sue specialità ormai rare.
Certamente insolito tale paesaggio nel Salento leccese per l’assenza quasi del tutto dei tipici muretti a secco molto più presenti in altre aree ove il carsismo è più palese.
In realtà, a ben vedere, le specificità del paesaggio e degli habitat naturali in questo territorio sono solo apparentemente nascosti, ma molto evidenti ed affascinanti sapendo di essere nel Salento e non in contesti continentali e pede-montani.
Un incredibile insieme di fattori geologici e climatici ha fatto la storia di questo luogo spesso però assolutamente sconosciuto alle popolazioni del territorio, con le conseguenze che ne derivano dall’ “ignoranza storica”: la distruzione, il degrado o addirittura il falso storico, eventi negativi che si sono verificati in questi ultimi due secoli a Supersano.
Ciò che nel resto del territorio leccese è rarità, qui è la norma ad iniziare dall’acqua di superficie. Nei periodi autunno-vernini trovare affioramenti di acqua nelle campagne è la norma, tanto che nelle annate più abbondanti di piogge i terreni diventano impraticabili per mesi interi, senza meraviglia per nessuno. Ciò si verifica per effetto della presenza di banchi di argilla poco sotto la superficie del suolo agrario che rendono impermeabile il tutto, facendo diventare tutto il comprensorio una vera e propria bacinella di acqua. Tali accumuli si verificano in maggior misura nelle aree di compluvio ed in particolare nella località che attualmente è denominata “serra di Supersano”. Un tempo davano origine anche a ciò che Cosimo De Giorni ha descritto come “lago di Sombrino”, prosciugato nel secolo scorso con l’imponente opera di bonifica che ha portato alla costruzione della voragine assorbente ancora oggi funzionante.
Quando le piogge sono temporalesche e copiose l’acqua corre verso la “serra” da tutti i comuni limitrofi: Ruffano, Montesano, Scorrano, inondando i canali che corrono parallelamente alla dorsale del promontorio, ma spesso non trovando via di deflusso rimane stagnante e putrida come succede nella parte interna verso Botrugno, Scorrano e Cutrofiano. Spesso i canali di bonifica non riescono a svolgere a pieno il loro compito anche per l’ attuale fase di degrado di tutto il territorio e per effetto della crisi dell’agricoltura.
Un “suolo estremo” quindi che passa dalla collosità tipica dell’argilla in fase umida ad una inusitata tenacia in estate allo stato secco, solo in parte attenuata dalle numerose sabbie calcaree sempre presenti, ma molto diverse dalle tipiche terre rosse più facili da incontrare oltre Supersano.
La presenza dell’olivo, attuale coltura prevalente del luogo, è in queste condizioni assolutamente inopportuna, come ben sanno tutti gli esperti di agricoltura per l’ insofferenza che questa pianta ha per l’acqua stagnante nel terreno.
Neppure il clima è favorevole a questa pianta per via del freddo, quasi continentale in inverno ed in primavera, fattore che ancora oggi incide profondamente sull’habitat del territorio.
In realtà come molti studiosi hanno scritto (M.Marinosci, C.De Giorgi, M.Mainardi) il territorio di Supersano era il centro del “Bosco Belvedere” luogo mitico da cui nasce il presente scritto.
Luogo mitico per le descrizioni che gli autori prima citati ne hanno fatto, che ci portano oggi, solo ad immaginare, come poteva essere questo territorio.
La risposta a questa unicità, anch’io nel mio piccolo, l’avevo già data nel 1990 scrivendo del Bosco Belvedere quale “Amazzonia Salentina” su una rivista culturale: “Onbord”. In quella fase storica della difesa dell’ambiente sulla Terra, si discuteva molto degli scempi che si compivano in America latina ed in particolare a carico della Amazzonia Brasiliana.
In quel breve saggio richiamai l’attenzione su quanto danno era stato compiuto tra l’800 ed il ‘900 a Supersano per effetto delle stesse cause: la pressione demografica, la necessità di mettere a coltura nuove terre. La situazione in –forma ridotta- era la stessa della odierna Amazzonia: un vero e proprio “paradiso terrestre” ricco di flora e fauna uniche, raso al suolo e sostituito da quello che oggi è “la foresta di olivo”, agronomicamente inadeguata, ma ormai paesaggisticamente da tutelare.
Il primo, illustre e drammatico grido di allarme a questo scempio, fu dato da C. De Giorgi, nel noto libro “La Provincia di Lecce:bozzetti di viaggio” che descriveva l’abbattimento delle grandi querce che si erigevano maestose nelle campagne di Supersano.
La descrizione puntuale e fantastica del luogo era stata data precedentemente da M. Marinosci dove sono ben descritte sia le piante che gli animali presenti.
Il luogo era quindi un vero “eden”, che ricerche non ancora confermate, fanno risalire addirittura ad epoca post-glaciale, ma certamente presente in epoca classica: greca e romana. Area ricca di acquitrini, di animali selvatici stanziali e migratori, profondamente ombroso e fresco per la presenza di tipiche latifoglie continentali. Qui, le querce, dominanti in tutto il Salento, diventano in modo specifico “a foglia caduca” proprio per il freddo insistente in inverno. Prendono il nome di Quercia farnetto (Quercus frainetto), Quercia virgiliana (Quercus virgiliana), Quercia pubescens o roverella (Quercus dalechampi). Ma non solo. Marinosci descrive in modo puntuale la presenza del Castagno, albero tipicamente collinare che ordinariamente vive dai 500 ai 1.000 metri di altitudine, dell’Olmo tipico dei climi freddi continentali, del Carpino, ed in ultimo del Frassino indicandone la presenza anche di esemplari “maestosi” che addirittura primeggiavano sulle più diffuse querce.
Questo luogo fantastico, ormai distrutto, era però anche difficile ed inospitale per gli abitanti dei secoli passati. Dovendo fare una immaginaria ricostruzione dei luoghi non si possono non mettere in evidenza le direttrici stradali da cui si potevano osservare tali luoghi e in generale come il bosco era vissuto dalle popolazioni.
Le strade che intersecavano il territorio di Supersano erano ben diverse dalle attuali e di conseguenza davano al paesaggio una prospettiva completamente diversa.
L’antica via dell’Olio che da Otranto portava a Gallipoli correva molto più a Nord dell’attuale strada che congiunge Supersano con Casarano e Scorrano. Ma la strada che meglio di tutte apriva il paesaggio verso il “Bosco” correva da nord a sud, lungo il crinale della “serra” dalla parte più alta della stessa. Era la strada che nel 1957 C.Scigliuzzo chiamava “via misteriosa” in quanto attraversava con forti dislivelli, luoghi impervi e selvaggi oltre che i luoghi di culto bizantino: le odierne Madonna di Coelimanna e della Serra.
Allora come oggi si apriva quindi, ai viandanti, guardando verso Est, un paesaggio forestale incredibile nel centro del Salento leccese. Si direbbe senza dubbio “fuori luogo” e oggi sarebbe un’attrazione naturalistica di valore inestimabile.
E’ in questo contesto naturale che i monaci basiliani tra il IX ed il XIV secolo hanno sviluppato la loro presenza culturale storica. La presenza della ben nota cripta e degli affreschi tuttora conservati ne sono illustre testimonianza.
Monaci prevalentemente “eremiti” con dimostrati contatti culturali con le comunità di Otranto, Bari e Foggia in Puglia, San Giovanni in Fiore in Calabria e certamente con la Sicilia. Eremiti sì, ma molto esperti ed utilizzatori delle risorse del Bosco. Nell’alto medioevo quindi il Bosco era un luogo impervio e di difficile vivibilità, ma nello stesso tempo era fonte di attività e di vita quotidiana.
E’ in questo habitat naturale e culturale che quasi certamente si diffuse la coltivazione dell’albero della manna, comunemente chiamato “Orniello” classificato con il nome scientifico di Fraxinus ornus. Albero più piccolo del suo simile “Fraxinus oxycarpa” o Frassino meridionale che invece è spontaneo in questo territorio, ma meno adatto alla produzione della manna. Quest’ultimo già ritrovato da Oreste Caroppo nel 1995 nei terreni paludosi ed umidi di Supersano, fu ritrovato anche dal sottoscritto nella primavera 2002 stavolta sulle pendici della “serra” nel tratto tra il Santuario di Coelimanna e la Chiesa della Madonna della Serra. E’ ormai noto tra gli studiosi di archeobotanica che è presente oltre che a Supersano in alcune stazioni verso i laghi Alimini. Il Frassino meridionale è albero maestoso dal luminoso fogliame, con tipica fioritura, foglie terminanti a punta, corteccia grigio chiaro.
L’Orniello invece ha foglie ovali, verde chiaro, con una tipica peluria sulla pagina inferiore che parte dal picciolo e prosegue verso quasi tutta la nervatura centrale.
Il portamento è in questo caso più compatto e quindi l’albero raggiunge dimensioni di gran lunga inferiori al precedente: massimo 10 metri contro i 20-25 metri del Frassino meridionale.
L’Orniello
è conosciuto da sempre per la possibilità di ricavare un essudato che ha proprietà medicamentose: la 6-H14-O6), che è un alcool esavalente del mannosio, volgarmente chiamato zucchero di manna.
Le caratteristiche e le proprietà della manna sono numerose, ma le più conosciute sono: digestivo, blando lassativo, rinfrescante, regolatore intestinale, sapore dolciastro di colore biancastro e forma amorfa.
La presenza di questo albero è certa e documentata nelle aree delle comunità monastiche bizantine da sempre, ma non è documentata la coltivazione e sfruttamento dell’albero nel Salento. In questi anni si è potuto fare solo delle ipotesi sulla presenza della pianta: gli indizi vi erano tutti, ma nessuna certezza.
L’habitat era ed è certamente ancora idoneo alla crescita di questa bella latifoglia mediterranea, anche se predilige altitudini ben più importanti del livello del mare a partire dai 500 metri fino a spingersi in Sicilia sulle Madonie a 1.400 metri.
Da non trascurare l’appartenenza botanica della famiglia “Fraxinus” alle “oleacee” quindi ad impollinazione anemofila come quasi tutte le altre latifoglie presenti in zona, querce, olmo e castagno. Ed ancora la contiguità filogenetica proprio all’olivo ora dominante in tutta l’area.
La presenza del “Frassino meridionale” detto anche “ossifillo” era un altro indizio importante e per lunghi anni si è ipotizzato l’utilizzo dello stesso per ottenere la manna.
Ma è stato il nome del Santuario, ancora oggi molto conosciuto, di “Coelimanna” a creare le basi di questa ricerca. Santuario importante per i pregiati affreschi e la incantevole Cripta che li custodisce. Il santuario del 1700 ne ha conservato il nome e ne ha amplificato la credenza popolare, con il racconto ancora oggi molto vivo dell’apparizione della Madonna alla pastorella che si trovava sulle pendici di questa rupe.
Ma come ha ben detto lo storico Emilio Panarese nessun nome e/o toponimo locale è “calato da cielo”, se non fortemente radicato nella tradizione, nella cultura e attività del luogo.
Come poteva spiegarsi questo nome “Coelimanna” a Supersano, proprio a fianco alla cripta basiliana? Le ipotesi su questa origine sono state, tra storia e leggenda, tra le più stravaganti e assortite, ma nessuna con una base storica valida.
Lo stesso Panarese, dopo aver consultato dei colleghi di storia locale, ha confermato che il nome possa essere derivato proprio dall’utilizzo di varietà di frassino coltivate allo scopo e così scrive: è assai verosimile che alcuni anacoreti in qualche campagna di Supersano siano riusciti, in età tardomedievale, a ricavare la manna con tecniche rudimentali da qualche varietà di Fraxinus ornus, e che la cripta in cui pregavano e riposavano, per questo motivo, l’abbiano intitolata Coelimanna. Altrimenti non si spiegherebbe il nome.
Dell’”orno della manna” e della “tarantola” parla nel 1770 Domenico Cirillo, noto patriota della Repubblica napoletana ma anche medico e botanico, in una pubblicazione che ne descrive la produzione e la diffusione della pratica di coltivazione.
Della presenza dei frassini ed anche dell’orno parla Martino Marinosci nel suo fondamentale “Flora Salentina” del 1870 che così scrive: «doviziosi di varie specie di querce, come quercus robur, pedunculata, ilex, prinos, pseudo-coccifera ed altre; di carpini neri carpinus ostrya, nonché di faggi, tassi, olmi, orni o l’albero della manna, ed il fraxinus excelsior, che in gran copia alligna nel bosco di Belvedere presso Supersano».
Mancava quindi il ritrovamento odierno per avvalorare non solo la presenza dell’orno, ma in particolare il nome “Coelimanna” dato al luogo.
In occasione di un laboratorio didattico con gli studenti dello Scientifico Capece di Maglie, percorrendo i sentieri alle spalle della Cripta a non molti metri della stessa, mi sono imbattuto in questo albero dal portamento arbustiforme, posto in posizione di ombra per il sovrastare dei pini d’Aleppo, ma ben visibile e riconoscibile.
E’ stata una sorpresa quasi da non credere fino a quando non ho consultato ed avuto conferma da parte del prof. Silvano Marchiori dell’Università di Lecce e da Giulio Gerardi, uno dei massimi conoscitori e coltivatori di manna sulle Madonie siciliane, della precisa identità dell’albero ritrovato. E’ molto probabile che altri cespugli siano presenti nella boscaglia impenetrabile ed inaccessibile della serra che dalla masseria Stanzie si dirige verso sud fino a Ruffano, così come è possibile che si ritrovino altre presenze lungo i corsi d’acqua ancora oggi molto diffusi, ma ciò necessita studi e ricerche più approfondite.
Proprio Giulio Gerardi ha mostrato meraviglia per il fatto che in un luogo lontano dalla zona tipica di coltivazione della manna ci sia un santuario dedicato alla “manna”.
Una altra nota curiosa e particolare è che la festa popolare e religiosa della Madonna di Coelimanna di Supersano è proprio il 2 luglio, data coincidente dell’inizio estate, proprio con l’inizio della raccolta della manna.
Letteratura citata
- Martina Marinosci, La flora salentina, Ed.Sal. 1870;
- Cosimo De Giorgi, La provincia di Lecce: bozzetti di viaggio, Galatina, Congedo Editore, 1975;
- Michele Mainardi, I boschi del Salento, Lecce, 1989;
- Paul Arthur e Valeria Melissano, Supersano un paesaggio antico del basso Salento, Galatina, Congedo Editore, 2004;
- Bruno Contini, Squarci di campagna, Lecce, Edizioni Grifo, 2009;
- Rossella Sansone, La cripta della Madonna di Coelimanna, Editrice Salentina, Galatina, 2003;
- Domenico Cirillo, Philosophical transactions of the Royal Society of London, Royal Society London, VOL 60, 1770;
- Francesco Tarantino, Salento paesaggio della semplicità, Lecce, Edizioni del Grifo, 2004;
- Giulio Gerardi, Memoria sulle piogge di Manna, Palermo, Ed. Az. Agr. Dimanii, 1989.
*Docente di Scienze Naturali Liceo Statale“Capece” Maglie LE
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