Riproponiamo il saggio di Luciano Antonazzo sulla chiesa e convento di S. Maria della Pietà dei frati Minori Osservanti di Ugento. La scorsa notte, tra il 15 e 16 febbraio 2011, sconosciuti hanno appiccato un incendio nella sagrestia della chiesa, distruggendo molti dei sacri paramenti e una antica statua di Cristo morto in cartapesta. Sembra che le fiamme non abbiano arrecato danni al prezioso coro ligneo dei Fratelli Candido di Lecce.
Sull’entità del danno e sull’identificazione degli autori stanno indagando i Carabinieri e le Autorità competenti.
Spigolature Salentine si associa allo sgomento e al dolore della popolazione di Ugento per così grave e inqualificabile gesto.
Intorno alla fondazione del convento e della chiesa di S. Maria della Pietà dei frati Minori Osservanti di Ugento[1]
di Luciano Antonazzo
Molto poco si conosce della storia degli edifici civili e sacri di Ugento e quel poco è sovente frutto di affermazioni non supportate da alcuna indagine storica o critica.
Paradigma di tale modo di procedere e che ha assunto dignità di verità acquisita è la data di fondazione del convento, con annessa chiesa, dei Francescani Minori Osservanti.
La loro erezione dagli scrittori locali si fa risalire al 1400, ma questa datazione è la conseguenza di una errata lettura del De Origine Seraphicae Religionis del 1587 di Francesco Gonzaga. Questi aveva testualmente scritto che nel 1430 l’“Illustrissima, atque Franciscanae Observanti familiae addictissima Bauciorum prosapia, [2] aveva fondato entro la cerchia muraria della città il convento “sub invocatione B. Mariae de Pietate”, senza indicare il nome di chi lo volle.
Padre Bonaventura da Fasano nelle sue Memorabilia[3] riferì invece, seguito in ciò dal Wadding,[4] che ad erigerlo era stato Raimondello Orsini del Balzo.[5]
Gli scrittori posteriori presero per buona l’indicazione di quel nome, ma avvedutisi dell’anacronismo per cui Raimondello non poteva essere il fondatore del convento in quanto egli era deceduto nel 1406 ritennero di superare tale discrasia anticipandone l’erezione al 1400.
Raimondello nel 1391, al ritorno di una campagna in oriente per combattere i turchi, avendo sperimentato la bontà ed assistenza caritatevole offerta dai francescani, aveva voluto loro testimoniare la sua gratitudine facendo costruire in Galatina la superba Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, della Vicaria di Bosnia, affidandone la costruzione della navata centrale all’architetto Francesco Colaci di Surbo, lo stesso che, secondo alcuni, [6] avrebbe prestato la sua opera anche nella costruzione della casa Minoritica di Ugento, il che come vedremo non può essere.
Se effettivamente il convento fosse stato invece eretto nel 1430 il suo fondatore non avrebbe potuto che rispondere al nome di Giovanni Antonio Orsini del Balzo, primogenito di Raimondello e Maria d’Einghen, contessa di Lecce, e temutissimo Principe di Taranto.
Questi elevò Ugento a capoluogo di Contea facendovisi erigere non lontano dal convento una sontuosa ed estesa residenza che, in piccola parte, è giunta sino a noi con il suo stemma scolpito su un portone in via delle Benedettine. [7]
Questo suo stretto legame con la città potrebbe deporre pertanto più in suo favore che di Raimondello come fondatore del convento, ma in realtà l’erezione di questo non si deve né a Giovanni Antonio, né a suo padre che possedette Ugento solo per pochissimi anni.
Ed allora come sciogliere il dilemma?
In soccorso ci viene un inciso di Padre Benigno Perrone che riferisce: “Il 19 giugno 1473, Papa Sisto IV con un suo breve concesse al cavaliere ugentino Angliberto di innalzare nella medesima città una nuova casa dell’Osservanza, dedicandola alla Concezione della B. Vergine Maria. Ma nella prima storiografia francescana pugliese non ha trovato spazio l’ubicazione di un secondo convento della medesima famiglia minoritica in Ugento”.[8]
In effetti non risulta essere mai stata costruita una seconda “casa minoritica” nella città, ed anzi appare alquanto strano potesse essere stata avanzata una richiesta in tal senso poiché non se ne vede né la logica né la ratio.[9]
A nostro avviso infatti l’espressione “una nuova Casa dell’Osservanza” va intesa non nel senso di un secondo monastero francescano in città ma nel senso di un nuovo complesso monastico sotto la regola di S. Francesco che andava ad aggiungersi ad altri esistenti in questo lembo del Salento; se Padre Benigno ha inteso invece trattarsi di un secondo convento dello stesso Ordine fu perché dava per scontato che il primo era già stato eretto nel 1430, mentre sembra che così non fosse.
Dati oggettivi assieme ad alcune considerazioni consentono infatti di affermare che l’autorizzazione concessa da Papa Sisto IV aveva ad oggetto l’unica “casa francescana” che sia mai esistita in Ugento e che la stessa fu fatta costruire non dagli Orsini del Balzo ma dai del Balzo, come correttamente riferito dal Gonzaga e suffragato da prove testimoniali.
Se effettivamente Raimondello avesse fatto costruire il nostro convento, certamente vi avrebbe fatto apporre la sua arma, e lo stesso dicasi per il figlio Giovanni Antonio che non mancò di apporlo sulla sua residenza ugentina; invece l’unico stemma presente nel complesso monastico è diverso dal loro in quanto rappresenta solo la stella a sedici punte, ossia lo stemma proprio ed originario della famiglia del Balzo.[10]
Lo troviamo riprodotto in bassorilievo sulla porta di un vano all’estremità del corridoio a destra del chiostro e scolpito nella pietra che funge da chiave di volta del locale superiore affacciantesi sulla chiesa ed adibito un tempo a luogo di clausura.
Se dunque l’erezione del convento si deve alla famiglia del Balzo chi fu dei suoi rappresentati a volerlo?
La sua identità non può ovviamente che corrispondere a quella del destinatario dello stesso breve papale, il “cavaliere ugentino Angliberto”; e tale personaggio non è altrimenti identificabile che in Aghelberto del Balzo, Conte di Ugento ed effettivamente discendente e rappresentante della “prosapia Bauciorum” a differenza di Raimondello Orsini che, figlio del conte di Nola Nicolò Orsini e di Sveva del Balzo, aveva voluto aggiungere al cognome paterno quello della madre quando subentrò, come Conte di Soleto, allo zio Raimondo del Balzo.
Aghelberto, figlio del duca d’Andria Francesco III, era entrato in possesso del feudo di Ugento nel 1463 per essergli stato portato in dote da Maria Conquesta, figlia naturale ed erede (della contea) di Giovanni Antonio Orsini del Balzo, e ne rimase in possesso fino al 1486 allorché fu accusato di tradimento alla Corona.
Il convento, stando a quanto sopra, dovrebbe quindi essere sorto tra il 1473 ed il 1486, ma considerati i gravi rivolgimenti politici e la minaccia turca che caratterizzarono gli anni successivi al 1480, è verosimile che la sua ultimazione non fosse posteriore a quest’ultima data.[11]
A supportare questa conclusione concorre l’ipotesi non peregrina che il Gonzaga, preciso nell’ attribuire ai del Balzo la fondazione del convento, potesse essere incorso in un errore nella trascrizione della data per aver letto nel documento che aveva visionato, magari per lo scolorimento dell’inchiostro, un “3” al posto di un “8”.
Del resto un errore del genere è riscontrabile addirittura nella data di dedicazione della cattedrale di Ugento. In tutti i testi si trova infatti scritto che quella avvenne il 30 giugno del 1745, data ripresa dalla grande lapide che nel 1770, dopo alcuni lavori di ristrutturazione, Mons. Gian Donato Durante fece apporre al di sopra del protiro. Nessuno si accorse del grave errore del lapicida che nell’ultima cifra della data riportata in documenti coevi e successivi alla conclusione della nuova cattedrale vi lesse un “5” al posto di un “3”.
In conclusione riteniamo di poter ragionevolmente affermare che la posa della prima pietra del nostro convento, ad opera di Aghelberto del Balzo che, probabilmente in corso d’opera, decise di intitolarlo non più alla Concezione ma a S. Maria della Pietà, sia da fissarsi a subito dopo la concessione papale del 1473 e la sua edificazione completata nel 1480.[12]
[1]Questa breve esposizione è tratta da un volume, in attesa di pubblicazione, sulle più antiche chiese ed ex monasteri della città di Ugento.
[2] Trad: L’illustrissima, nonché alla famiglia Francescana Osservante favorevolissima, prosapia dei del Balzo.
[3] Bonaventura da Fasano: Memorabilia Minorum Provinciae S. Nicolai Ordinis Minorum Regulalaris Observantiae,, Bari 1656, p.64.
[4] Luca Wadding: Annales minorum seu Trium Ordinum a S. Francisco Institutorum, Firenze 1932.
[5] Benigno Francesco Perrone: La regolare osservanza francescana nella terra d’Otranto, Congedo Ed. 1993, vol. II (I conventi della provincia minoritica di S. Antonio) , scheda I, p. 9.
[6] F. Corvaglia: Ugento e il suo territorio, Editrice Salentina, Galatina 1976, p. 106.
[7] Inquartato: nel 1° e 4° di rosso alla stella d’argento crinita di 16 raggi (dei del Balzo), nel 2° e 3° d’oro alla cornetta di verde (degli Orange), con sul tutto un cuore con scudetto bandato d’argento e di rosso, col capo del primo caricato da una rosa di rosso e sostenuto da una fascia d’oro caricata da un’anguilla ondeggiante ( degli Orsini).
[8] B. Perrone: op. cit,.vol. II, pp. 9-10.
[9] All’epoca esisteva in Ugento un altro monastero, e precisamente quello dei Celestini, sotto il borgo, intitolato a S. Pietro da Morrone.
[10] Tale simbolo (al quale, in seguito a matrimonio fu aggiunto quello degli Orange) rappresentava la stella cometa e stava a significare la presunta discendenza dei del Balzo da Baldassarre, uno dei Re Magi.
[11] Nel 1480, anno dell’ assedio e conquista da parte degli ottomani di Otranto, Aghelberto fu impegnato a consolidare le fortificazioni di Ugento per contrastare le loro scorrerie sul nostro litorale. Negli anni seguenti fu invece occupato ad ordire con altri baroni contro il sovrano e quindi a difendersi (inutilmente) dalle accuse di tradimento verso la Corona.
[12] Trova così conferma il significato da noi dato all’espressione “una nuova casa dell’Osservanza” di Padre Perrone poiché il monastero di Ugento andò ad aggiungersi a quello di S. Maria la Nova eretto nella vicina Racale nel 1445.
Pubblicato su Spicilegia Sallentina n°7