Quintino Sicuro: una vita diversa

Quintino Sicuro: una vita diversa

Ricordo del sacerdote-eremita di Melissano

a 42 anni dalla morte

 

di Fernando Scozzi

Il 26 dicembre 1968, sulle pendici del Monte Fumaiolo, muore don Quintino Sicuro, sottobrigadiere della Guardia di Finanza, eremita e sacerdote. Nato a Melissano nel 1920, si arruola nelle Fiamme Gialle  e nel 1941 partecipa alle operazioni di guerra sul fronte greco-albanese. Nel 1946 è promosso sottobrigadiere, ma l’anno successivo si congeda dalla Guardia di Finanza ed entra nel convento dei Minori Francescani di Ascoli Piceno. Il mondo non può darmi quella pace spirituale che si gusta all’ombra di una casa religiosa; e per questo, solo per questo – dice Quintino Sicuro – ho deciso di abbandonare il mio attuale regime di vita e mettermi sulla buona strada.

Quintino Sicuro, sottobrigadiere

Tuttavia non è ancora quello che vuole  e nel 1949 abbandona anche il saio francescano e i con i panni della Provvidenza, da vero sposo di Madonna Povertà, si ritira sull’eremo di San Francesco, a Montegallo (AP) dove vive nella preghiera, nella solitudine  e nella più assoluta indigenza.  Da qui, dopo diversi mesi, scrive alla madre una delle lettere più belle per spiegare un cambiamento così radicale nella sua vita, una scelta che non può essere compresa dai familiari. Quintino lo sa e scrive: Avrei tante cose da dirvi onde giustificare il passo fatto e per pacificarvi del mio nuovo stato di cose, eppure mi astengo, perché superfluo, e vi dico semplicemente  di avere fatto la volontà di Dio e di stare bene, perché sulla mia strada.

Quintino Sicuro, eremita

L’eremo costituisce una tappa importante per la ricerca di quella pace spirituale che Quintino spera di trovare pregando e facendo penitenza. Abbandona tutto, comprese le persone più care e proprio questa scelta costituisce la prova dell’autenticità della vocazione. La vita dei Santi, infatti, è costellata da chiamate e cambiamenti repentini: Gesù chiama e gli apostoli lo seguono abbandonando familiari e occupazioni; San Francesco, per rimarcare la separazione dalla famiglia, restituisce a suo padre perfino i vestiti; San Paolo cambia improvvisamente la sua vita sulla via di Damasco. Quintino Sicuro modifica radicalmente la sua esistenza tanto da rinunciare ad ogni preoccupazione della vita e quindi  poco importa se la gente mi dice pazzo. Basta che piaccia all’Amore. Rivolgendosi ai Suoi scrive ancora: “Voi, miei cari, non pensatemi ora un semplice mendicante ma un apostolo sulle orme del Maestro. Son felice, credetemi! Il Padre, nel dolce amplesso nel quale mi sono interamente abbandonato, non mi fa mancare nulla”.  E’ felice perché della sua esistenza ne fa quel che vuole; sono i parenti che soffrono e sopportano le spese di quella chiamata senza potersene fare una ragione, senza poter dire la loro. Per questo, Quintino invita i Suoi a non andarlo a trovare,  perché si rende conto di non poter essere capito; è attratto verso il Padre e deve tagliare i legami con tutto ciò che lo trattiene, che lo lega al suolo e alla forza di gravità dei rapporti quotidiani. Deponiamo tutto, miei cari, nelle mani del Signore e ricordiamoci in Esso e vedremo che tutto andrà per il meglio. I figli non sono fatti per i genitori, ma per la missione a cui la Provvidenza li destina.

Don Quintino Sicuro, al lavoro per la ricostruzione dell’eremo di S. Alberico

Così vive per diversi anni disinteressandosi completamente del mondo e delle cose terrene per interessarsi solo della gloria di Dio e del bene delle anime. Aiuta il mondo con i mezzi insegnati da Gesù: preghiera ed esempio.

L’eremo di S. Alberico

Tuttavia, Quintino Sicuro  non si ferma a  Montegallo perché nel 1953 deve lasciare quell’eremo alla ricerca di un altro luogo di preghiera. Giunge al Santuario della Madonna del Faggio, sul  Monte Carpegna, poi all’eremo di S. Alberico, situato nel territorio di Balze di Verghereto (Provincia di Forlì-Cesena) in prossimità del Monte Fumaiolo e delle sorgenti del Tevere. Anche qui vive nella più assoluta povertà, nel silenzio e nella preghiera; aiuta i bisognosi, è vicino a chi soffre.  Intervistato nel luglio 1962, da un giornalista di Famiglia Cristiana, egli – fra l’altro –  afferma: “tutta la vita è un anelito verso Dio, anche se inconscio o non confessato o rinnegato. Il desiderio dell’uomo di oggi di conoscere il futuro, l’ansia di andare sempre più veloce, più lontano e più in alto; l’affanno di scoprire cose nuove; l’ossessione di rendere la vita sempre più comoda e l’aumentata insoddisfazione di tutto, non sono altro che  manifestazione dell’anelito, del bisogno che l’uomo ha di Dio.

L’eremo innevato

E questo bisogno di Dio lo porta, all’età di 35 anni, ad entrare in seminario per raggiungere la meta del sacerdozio. Un impegno non indifferente per chi ha un modo tutto suo di accostarsi a Dio e a Cristo. Sottili ragionamenti e sapienti distinzioni, che hanno fatto la gloria di illustri scuole teologiche non gli dicono nulla, e nemmeno si capacita perché uomini tanto bravi abbiano perso tempo in simili indagini quando il Cristo del Vangelo è così semplice, a portata di mano, da amare e da vivere. Finalmente, il 23 dicembre 1961, nella chiesa di Balze, è ordinato sacerdote e il 6 gennaio successivo celebra la prima messa a Melissano, fra i suoi concittadini che, pochi anni prima, lo hanno visto camminare a piedi nudi, con la  barba e i capelli lunghi, vestito con un semplice impermeabile chiaro, quasi a costituire un severo monito per il mondo, dimentico dei valori supremi della vita.

Anche da sacerdote, continua a vivere  sull’eremo di S. Alberico e dall’11 ottobre al 28 novembre 1962  si reca, a piedi, a Lourdes, per sciogliere il voto fatto alla Madonna  per aver ottenuto la grazia  del sacerdozio. Poi, con enormi sacrifici,  si dedica alla ricostruzione dell’eremo: allarga le adiacenze per creare un ampio piazzale attorno alla casa, restaura la chiesetta, demolisce quasi fino a terra il vecchio ospizio e lo ricostruisce, elevandolo di un piano. Il nuovo complesso può così offrire agli ospiti desiderosi di raccoglimento, oltre a vari ambienti per la vita comune, anche numerose stanzette.

La notte di Natale del 1968 celebra la messa nella chiesa di Balze, poi rimane a lungo in ginocchio davanti al tabernacolo. Sento che la mia missione è finita – dice durante la confessione  – vorrei fare ancora, ma non vedo che cos’altro voglia il Signore da me. La mattina del 26, mentre si reca a  benedire l’impianto della sciovia sul Monte Fumaiolo, è colpito da infarto e muore istantaneamente. In un attimo passa all’eternità lui che, assetato di santità, ha fatto della sua vita una continua ricerca di Dio.

Il suo corpo riposa sull’eremo di S. Alberico, di fronte a quella chiesetta che fu per tanti anni testimone dei suoi prolungati colloqui con Dio.  Riposa accanto ad un’immagine della Madonna di Lourdes che fu l’ispiratrice della sua vocazione: Mi darò tutto al mio Signore,  dissi, ma tu Madre celeste non mi abbandonare! Mi sforzerò di salire se Tu mi darai una mano; tento, ma con Te!

Il 16 dicembre 1993, il Comando Generale della Guardia di Finanza, ospita la cerimonia di apertura ufficiale del processo vaticano di beatificazione del Servo di Dio, don Quintino Sicuro, che i suoi amici di Melissano, Sarsina e Montegallo auspicano sia innalzato al più presto alla gloria degli altari.

Alcuni componenti delle Associazioni “Amici di don Quintino” di Melissano, Sarsina e Montegallo, con il vescovo di Cesena-Sarsina, mons. Antonio Lanfranchi, vicino alla tomba del sacerdote-eremita

 

www.donquintinosicuro.com

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