Le uova “biologiche”
nei frutteti del Salento leccese
di Antonio Bruno
Ogni anno sul territorio dell’Unione Europea vengono allevate oltre 400 milioni di galline ovaiole, circa il’68% delle quali sono rinchiuse nelle gabbie di batteria degli allevamenti intensivi. Nel 2008 la consistenza nazionale degli allevamenti avicoli di galline ovaiole è stata di 58 milioni di capi. Negli allevamenti in batteria, ogni gallina ha a disposizione uno spazio di soli 550 cm2, di poco inferiore a quello di un foglio a A4, nel quale è impossibile per l’animale compiere movimenti naturali, stirarsi, aprire le ali o semplicemente girarsi nella gabbia senza difficoltà. In questa nota i suggerimenti del prof. Donno per l’impianto di frutteti nei parchetti esterni di allevamenti “biologici”di galline ovaiole al fine di conciliare l’esigenza di zone d’ombra con una produzione di frutta.
Per migliorare il benessere delle galline ovaiole scatterà dal primo gennaio 2012 il divieto di impiegare le gabbie. Nessun rinvio è possibile. Ne ha parlato il 28 dicembre 2010 a Lecce, nell’incontro tenuto all’Aprol, il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento Ue Paolo De Castro affermando che è un problema che si tende a sottovalutare e che al contrario andava affrontato per tempo. Parlando anche della nuova Pac il presidente De Castro ha notato la tendenza al rinvio tutta italiana è diventata una regola, un’anomalia che, si badi bene, si paga con l’aumento dei costi reali e la riduzione dello spazio di mercato. A proposito delle norme sul benessere delle galline ovaiole ha definito come “clamorosa” la non applicazione di una legge la cui entrata in vigore è stata annunciata ben 11 anni fa.
Se le galline non possono stare più nelle gabbie, dove saranno allevate? O in gabbie modificate, oppure in ricoveri chiusi o con parchetto, ma è possibile anche allevarle con il metodo biologico con capannone mobile. Per quest’ultimo metodo che prevede parchetti esterni (possibilmente dotati di zone d’ombra e vegetazione per offrire riparo contro i predatori) con la superficie di 4 metri quadrati per ogni ovaiola voglio riferire la ricerca del 1937 fatta dal prof. Giacinto Donno che analizza la frutticoltura nei pollai. Voglio raccomandare la ricerca di uno Scienziato del Salento leccese ai numerosissimo avicoltori del Salento leccese.
Nel 1937 gli allevamenti industriali razionali in Italia erano 453 con una popolazione di 154mila galline. Insomma un infinitesimo rispetto ai 58 milioni di capi di oggi. Il prof. Donno sostiene nella sua ricerca che si può impiantare un albero fruttifero ogni due galline ovaiole e quindi in quel periodo si sarebbero potuti impiantare circa 77mila alberi da frutto nei pollai, invece oggi potremmo piantare 29 milioni di alberi da frutto, e scegliendoli tra quelli in “via d’estinzione” potremmo divenire “Custodi di Biodiversità” !
La Fao stima che nell’ultimo secolo sono scomparsi i tre quarti delle diversità genetiche delle colture agricole. Per questo ha creato, nel 2008, la banca mondiale dei semi, un deposito di geni costruito all’interno di una montagna ghiacciata nelle isole Svabard, in Norvegia.
Oltre alla funzione di ombreggiamento la presenza dell’albero ci dà la frutta. Il prof. Donno raccomanda nella scelta delle essenze arboree da frutto da impiantare nel pollaio di indirizzarsi a specie a foglie caduche. Queste sono di per se poche e ognuna di esse rappresentata da pochissime varietà. La raccomandazione è di scegliere varietà che si devono raccogliere nel periodo di maturazione poiché se fossero soggette al distacco dei frutti diverrebbero cibo dei polli.
Il prof Donno raccomanda anche che si scelgano varietà che servano al consumo degli addetti all’allevamento per la maggior parte dell’anno.
Le specie fruttifere consigliate dal prof. Donno sono le rosacee e tra queste sia le pomacee melo, pero, sorbo che le drupacee pesco, mandorlo, ciliegio, albicocco e susino. Il prof. Donno consiglia anche il noce, il fico e il gelso. E proprio a proposito del gelso c’è da tenere presente che può concorrere all’alimentazione dei polli perché, com’è noto, i frutti maturi si disarticolano con facilità cadendo nel terreno.
Anche una vite a tendone sarebbe utile a tale scopo poiché i polli in quel caso non raggiungerebbero l’uva.
Detto ciò si passa alla scelta delle varietà che dovranno avere la caratteristica di essere vigorose, con chioma piuttosto compatta ed espansa. Per il melo quindi si sceglie la varietà Annurca, per il pero sarebbe opportuna la varietà Curato e Butirra Hardy, per il susino le varietà Catalane, Claudie e Damaschine.
E adesso qualche consiglio del prof. Donno che come tutti sanno è stato per lungo tempo il Direttore dell’Istituto di coltivazioni arboree della facoltà di agraria dell’Università degli Studi di Bari sulle pratiche culturali da mettere in atto per la buona riuscita di questi alberi da frutto.
Per la forma di allevamento consiglia quella a vaso e la cupola. Comunque oggi i sistemi d’impianto maggiormente diffusi hanno abbandonato l’idea di forme rigidamente geometriche a favore di chiome semilibere, che seguono senza particolari costrizioni il proprio andamento vegetativo.
Negli ultimi anni, infatti, si sono molto diffuse le forme libere di allevamento a vaso basso e a vaso ritardato.
L’allevamento degli alberi a vaso basso e a vaso ritardato è caratterizzato da interventi di cimatura dei germogli in fase di allevamento e da una potatura leggera nei primi anni per non stimolare l’attività vegetativa e favorire la precoce messa a frutto, dando prevalenza agli interventi estivi rispetto a quelli invernali.
Le distanze d’impianto tra i 4,5 – 5m x 3,5 – 5m e da un’altezza della pianta di 2,5-3 metri.
L’ombra non è necessario che sia diffusa su tutta la superficie del pollaio perché, come ricorda il prof. Donno, i polli oltre che di ombra in estate necessitano anche di sole. La scelta del portinnesto è una fase fondamentale nell’esecuzione dell’impianto in quanto da esso dipende: la grandezza definitiva della pianta, il suo ambientamento al terreno, il suo regolare sviluppo, la sua resistenza ai parassiti e alle malattie e una migliore impollinazione. E per questo motivo si sceglierà quello che darà la massima vigoria all’albero che come abbiamo scritto ha come prima funzione quella di ombreggiare.
Sarebbe auspicabile che i numerosi allevatori di galline del Salento leccese seguissero questi suggerimenti per produrre e commercializzare Uova Biologiche del Salento leccese, terra in cui la libertà dovrebbe dilagare anche tra gli animali.
Se vuoi consumare uova biologiche devi guardare il primo numero del codice dell’uovo, se è uno zero, allora si tratta di un uovo fatto da una gallina libera! L’acquisto è un atto potentissimo, da oggi in poi acquista solo uova deposte da galline libere del Salento leccese e per verificarlo controlla che il numero di codice dell’uovo inizi con uno zero!
Buon appetito con le uova delle galline ovaiole libere del Salento leccese!
Bibliografia
Dossier Lega Anti Vivisezione, L’allevamento delle galline ovaiole. 40 milioni ancora prigioniere nelle gabbie di batteria
Fulvia Bovera, Le tecnologie per l’allevamento alternativo delle galline ovaiole
Angelo Gamberini, L’uovo ‘felice’ non ammette proroghe
Giacinto Donno, Pollicoltura e Frutticoltura – Rivista di Avicoltura N. 10 – 1937
R. Rinaldi Ceroni, Distribuzione ed entità degli allevamenti avicoli industriali in Italia – Italia Agricola N. 5 – 1934
Lav Galline ovaiole http://www.lav.it/index.php?id=384