Da oltre 10 anni cercavo questa pianta chiamata “albero della manna” nel territorio di Supersano.
Di fatto era nota la presenza fin dal ‘700 del Frassino meridionale (Fraxinus Oxycarpa) nel Bosco Belvedere di Supersano, pianta spontanea citata da alcune fonti sia a Supersano che nei canaloni dei Laghi Alimini; questa pianta ama i luoghi umidi e freschi, ma anche il caldo estivo. Tutto corrisponde all’habitat di Supersano, ma fin qui nulla di nuovo sia da un punto di vista storico che archeobotanico.
In realtà vi è un altro albero di Frassino nel Meridione d’Italia: è il Frassino orniello (Fraxinus ornus), detto “albero della manna” coltivato e non spontaneo fin dal Medioevo (XII-XIV secolo) grazie ai monaci bizantini. Era coltivato perchè produceva dalla linfa una sostanza dolce e medicamentosa chiamata “manna”. E’ nota la sua presenza e coltivazione in Calabria, in Sicilia ed in Puglia in provincia di Bari e sul Gargano. Nulla sulla presenza e coltivazione in Terra d’Otranto.
Albero della manna, tronco. In alto: albero della manna, chioma (ph Alessio Tarantino)
Proprio a Supersano vi è una delle più importanti e belle cripte basiliane del Salento Meridionale, a dimostrazione della grande cultura dei suoi costruttori ed utilizzatori; ancora oggi il luogo è sede del conosciuto “Santuario della Madonna di Coelimanna” ove si narra vi sia stata un’apparizione della Madonna. Ma nulla di storicamente dimostrato oltre a fantasiose leggende.
La mia domanda per alcuni anni è stata sempre questa: com’è nato il nome del Santuario?
Il prof. Emilio Panarese, interpellato da me due anni fa, ha esplicitamente detto che il toponimo era da collegare alla storia del luogo. Così egli mi scriveva: “Della chiesa-cripta bizantina di Coelimanna o Cirimanna o Virgo Manna Coeli, lungo la serra di Supersano, nei pressi del cimitero, si conosce bene la decorazione parietale, ma nessuna ipotesi sul toponimo (Coeli-manna) è stata finora mai avanzata. Secondo me la cripta ipogea (su cui successivamente sorse il Santuario), scavata nel tufo, tipica della laure (come la laura magliese barbaramente distrutta negli anni ’70), fu certamente opera dei monaci basiliani ortodossi immigrati nel Salento, in diversi gruppi, tra i secoli IX e XIV.
E’ assai verosimile che in età tardomedievale alcuni anacoreti abbiano coltivato questa specie di frassino (Fraxinus ornus o orniello o orno) per estrarne con tecniche rudimentali la manna (usata soprattutto come blando lassativo e come integratore alimentare) e che la cripta in cui pregavano e riposavano (confinante con l’immenso bosco di Belvedere, al cui margine si trovava pure il suffeudo magliese di Francavilla) per questo motivo sia stata da loro intitolata “Coelimanna“.
Non mi risulta peraltro che nel Salento sia stato più coltivato, come in Calabria e in Sicilia.
Nè nei documenti manoscritti magliesi del tardo ‘400 (‘inventari’), né in quelli posteriori sino alla fine del ‘700 si fa mai menzione dell’orniello.”
Bisognava quindi dimostrare la presenza di questa pianta assente per la storia.
Ma ecco la sorpresa: alcune settimane orsono durante un laboratorio all’aperto di Biologia di due seconde classi (sez.A e B) dello Scientifico del Liceo “F. Capece” di Maglie, in attività didattica presso il bosco di Belvedere di Supersano, rinveniamo un giovane alberello di orniello proprio a due passi dalla Cripta!
Insieme ai ragazzi abbiamo raccolto foglie e rami per poterli osservare in dettaglio e nei giorni successivi abbiamo confrontato guide e dati per avere la certezza del ritrovamento. In seguito, dopo aver inviato foto e dati all’Università di Lecce ed in Sicilia (sulle Madonie dove è ancora coltivato), ne abbiamo avuto la conferma: è proprio l’ “albero della manna“.
La natura, sempre generosa con gli uomini, ha conservato questa pianta per oltre 800 anni!
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