Restauro degli stemmi di Villa Winspeare Salve
di Fabrizio Raimondi
La Villa Winspeare Salve è una villa monumentale di Napoli, situata nel quartiere Vomero. Fatta erigere nel XVIII secolo dai duchi di Salve, passò, nella seconda metà dell’Ottocento alla famiglia Winspeare, grazie al matrimonio tra Antonio Winspeare ed Emma Gallone, duchessa di Salve.
L’edificio, costituito da un corpo di forma rettangolare con una torretta nella parte posteriore, ha il suo ingresso su corso Europa, 37 (tratto finale dell’antica via del Vomero).
La villa, a lungo abbandonata, ha attraversato sofferte vicende di restauro dagli inizi del XXI secolo; attualmente è stato completato il restauro della facciata principale, mentre la parte posteriore è ancora a diversi livelli di restauro.
Il restauro dei due stemmi di cui quello esistente in pessime condizioni di conservazione e l’altro di cui si sono perse le tracce, ha previsto un intervento di tipo conservativo (i lavori si sono svolti nel 2007).
In primis si è effettuata un’operazione di pronto intervento e consolidamento della superficie del manufatto in stucco, dopo di che si è intervenuti con le operazioni di pulitura.
La seconda fase ha previsto la di riadesione di frammenti, nonché di parti pericolanti e cadute.
Infine le operazioni di stuccatura, microstuccatura e integrazione plastica di parti mancanti del modellato in stucco, hanno completato le fasi del restauro conservativo dello stemma.
Lo stemma perduto di cui non si ha documentazione fotografica, da collocare nella sede dell’omonimo, è stato integralmente ricostruito con una forma e reso neutro, privo di alcun elemento decorativo a testimonianza del preesistente.
Entrambi sono stati trattati da uno scialbo pigmentato per restituirli al loro antico splendore e dare unità di lettura all’intera facciata su cui sono collocati.
Il lavoro di restauro degli stucchi e dello stemma nobiliare originale e del rifacimento ex novo dell’altro stemma è stato eseguito da Rosso Pompeiano di Daniela Rita Elia con la collaborazione di Fabrizio Raimondi, supervisionato e coordinato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici Paesaggistici Storici Artistici ed Etnoantropologici per Napoli e provincia. (S.B.A.P.S.E.)
Fabrizio Raimondi
Restauratore di Opere d’Arte
Via Ripuaria, 133 80014 Napoli, +39 347 5349180; raimondi.fabrizio@libero.it
Daniela Rita Elia
Restauratore di Opere d’Arte
Via G. Mameli, 60 71049 Trinitapoli FG; +39 0883 631483; Cellulare: +39 347 2367854; +39 0883 631483;
elia.daniela@libero.it
non posso entrare nel merito tecnico dell’intervento ( nel senso che non l’ho visto, tocccato, non so i materiali utilizzati , etc., etc e poi sarà il Tempo a dare il suo giudizio finale). Quello su cui posso esprimermi è sull’idea del progetto di restauro. Va bene sostituire ed integrare le parti mancanti quando queste siano “strutturalmente” significative ovvero quando la non “integrazione” delle stesse potrebbe creare pregiudizio ulteriore alle parti originali rimaste.
Non va bene quando si “integrano” parti “della plastica” oramai andate perdute ( il leone) e che nella valutazione visiva del risultato finale entrano comunque in gioco. Le 2 parti (originale ed integrazione) sono adesso distinguibili ma solo “adesso” appunto in quanto il Tempo tenderà a rendere omogeneo il tutto. Il leone quindi non andava fatto ma solo inciso o disegnato. Capire quando fermarsi in una integrazione, lo so , non è facile e purtroppo vedo che è una difficoltà molto diffusa in questi ultimi tempi e soprattutto nell’araldica dei palazzi.
fabio grasso
Più che un restauro conservativo mi sembra riportato agli antichi splendori