di Giuseppe Massari
Attingendo da Matteo Fantasia, autore de “I papi pugliesi”, Innocenzo XII è il secondo, dopo Bonifacio IX, di cui ci siamo occupati, e prima di Benedetto XIII, ultimo vicario di Cristo nato in questa generosa terra di Puglia.
Questo pontefice nacque a Spinazzola il 15 marzo 1615, dalla nobile famiglia Pignatelli. Al fonte battesimale gli fu imposto il nome Jacinto, Francesco, Luigi, Giuseppe, Antonio, anche se quello che restò scritto sul margine sinistro dell’atto di battesimo fu Antonio.
Di questo illustre personaggio si può dire che fece una rapida e brillantissima carriera ecclesiastica. Da piccolo, dopo aver percepito i segni della vocazione religiosa, intraprese il cammino ecclesiastico, diventando sacerdote, nell’ordine dei Gesuiti, laureandosi in diritto canonico e civile.
La sua preparazione teologica e giuridica consentì a molti pontefici di averlo come stretto collaboratore, soprattutto nelle missioni difficili da dirimere. Fu ambasciatore e fine diplomatico, infatti, fu nunzio apostolico presso le sedi di Varsavia, Vienna.
Purtroppo, questa carriera che sembrava essersi avviata verso una folgorante ascesa, fu interrotta quando al Soglio di Pietro fu eletto Clemente X, papa Altieri, che lo destinò vescovo residenziale a Lecce. A capo della Chiesa salentina restò per 12 anni, a mezzo del suo vicario, mons. Matteo Pulverini fino a quando non fece ritorno in Vaticano per assumere gli incarichi importanti nell’ambito della Curia romana. Fu nominato segretario della Congregazione dei vescovi e due anni dopo Maestro di Camera. Prima che fosse destinato a Napoli, però, bisogna non dimenticare le altre tappe episcopali intermedie che lo videro protagonista, e ci riferiamo al vescovado di Faenza e a quello di Bologna, come Legato pontificio.
Del suo episcopato in terra leccese si ricordano alcune importanti opere: le tre porte nuove, realizzate a sue spese, per la cattedrale. Fece, inoltre restaurare la campana grande e dotò la stessa chiesa di ricchi paramenti sacri e di due paliotti d’argento. Il suo ricordo fu sempre esaltato, tanto che alla sua morte, avvenuta il 28 ottobre del 1700, proprio a Lecce furono celebrate solenni esequie.
Quando nel 1686 morì il cardinale arcivescovo di Napoli, Caracciolo, l’allora pontefice, Innocenzo XI, non ebbe esitazione a destinarlo alla sede partenopea dopo che cinque anni prima gli aveva consegnato la berretta cardinalizia.
A parere degli storici, Napoli, fu la sede che lo preparò e lo lanciò per l’ascesa alla carica più importante e più prestigiosa nella vita della Chiesa, cioè al Sommo pontificato. Resse la diocesi di Napoli per quasi quattro anni, perché prese possesso solo venti mesi dalla sua destinazione, e nel frattempo, il governo pastorale venne affidato al canonico Francesco Verde. Anche in questo nuovo ruolo non mancò di far emergere le sue doti di pastore e di saggio e attento conoscitore delle problematiche politiche, che, in quel tempo non mancavano. Fu vescovo zelante, e relativamente alla sua pietà religiosa, favorì ed incrementò il culto e l’adorazione verso l’Eucarestia.
Dovette affrontare, con non poche difficoltà le conseguenze del terremoto del 1688, che colpì Napoli e gran parte della Campania, in particolar modo Benevento e il vasto territorio provinciale, come vedremo nel corso del profilo biografico di Benedetto XIII. Due futuri papi pugliesi uniti dalla stessa tragedia. Ma dopo Napoli e dopo lunghi mesi di conclave, ben sei, il 12 luglio 1691, Antonio Pignatelli potè diventare il nuovo vicario di Cristo e successore di Pietro. Non fu eletto all’unanimità, come ci raccontano le cronache redatte dal Pastor, nella sua Storia dei papi al capitolo secondo del libro XIV. Ciononostante, il nuovo pontefice si mostrò all’altezza del compito, seppe dare prova di governo, seppe conservare l’umiltà dei semplici, il coraggio dei forti, tanto che non disdegnò di combattere il nepotismo e ogni forma di corruzione e di sopruso nei confronti dei poveri. Se può essere iscritto nella storia come uno dei pontefici che seppe distinguersi per un tratto importante, questo è quello di essere stato il papa dei poveri, se è vero, come è vero, che per favorire i quali nominò un avvocato che prendesse le loro difese. Le sue attenzioni verso gli ultimi ebbe un altro solido e concreto impegno con la ristrutturazione dell’orfanotrofio San Michele a Ripa Grande. Lo ampliò in modo tale da poter accogliere e ospitare 300 ragazzi, tolti dalla strada e avviati al lavoro. Come Benedetto XIII indisse il Giubileo del 1700, ma a differenza di questi non potè vederne la fine, conla chiusura della Porta santa, perché la morte lo colse il giorno 27 settembre dello stesso anno. In queste brevi note è stato delineato, limitatamente, il profilo di una persona i cui meriti sono ascrivibili alla sua consolidata esperienza di uomo di fede e di preghiera. Incessantemente volle il bene della Chiesa, sotto ogni profilo e con mezzi sempre leciti. Di questo papa, purtroppo c’era chi aveva voluto esaltarne le virtù eroiche, avviando un processo di canonizzazione, che lo portasse agli onori degli altari, ma gli intrighi della politica, con i veti incrociati di Luigi XIV, con il quale Innocenzo XII si era scontrato violentemente a causa del gallicanesimo, lo vietarono e fecero cadere ogni legittima velleità.
(continua)