di frà Angelo de Padova
Diventa patrono di una città da vivo. Siamo a Lecce, nell’estate del 1616: il gesuita Bernardino Realino sta morendo, 42 anni dopo esservi arrivato. I reggitori del Municipio lo vanno allora a visitare in forma ufficiale, gli fanno la sbalorditiva richiesta di voler essere il protettore della città per sempre. Il moribondo acconsente, tranquillo e lieto. D’altra parte è già amico, consigliere, soccorritore dei cittadini da più di quattro decenni. Anche se non è leccese.
E’ emiliano, nato in una famiglia illustre di Carpi; per i suoi primi studi aveva i maestri in casa, poi andò all’Accademia modenese. Negli studi lo attira tutto: la letteratura classica e poi a Bologna la filosofia, poi ancora la medicina. Infine, all’età di 26 anni, si laurea in diritto civile e canonico. Suo padre è un collaboratore del cardinale Cristoforo Madruzzo, che come vescovo di Trento è stato il “padrone di casa” del Concilio, fu governatore di Milano per conto del re Filippo II di Spagna.
Sotto la sua protezione, il dotto Bernardino si avvia per la strada dei “pubblici uffici”. Comincia facendo il podestà a Felizzano Monferrato, poi va ad Alessandria come “avvocato fiscale”. Dopo altri incarichi in Piemonte, passa al servizio del governo vicereale in Napoli, anch’essa città soggetta alla Spagna. Qui però la sua carriera s’interrompe. Bernardino Realino frequenta i Gesuiti da poco giunti in città e poi decide di essere uno di loro, abbandonando codici e carriera. Lo accoglie nel 1564 Alonso Salmeron, uno degli iniziatori della Compagnia di Gesù con Ignazio di Loyola. Nel 1567 Bernardino è ordinato sacerdote e diventa il maestro dei novizi gesuiti.
Sette anni dopo, a Lecce, crea un collegio al quale si dedicherà fino alla morte. Ma insieme si dedica alla gente di Lecce, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti, tutti sbalorditi per la sua irriducibile pazienza nell’occuparsi di situazioni, necessità, miserie, a cui s’ingegna di provvedere con un dinamismo che ha del prodigioso: tant’è che gli si attribuiscono vari miracoli già da vivo. Quando poi il male lo colpisce, la municipalità fa quel passo inaudito e bellissimo, chiedendo a un morente aiuto e protezione anche oltre questa vita. Muore a 86 anni. Papa Pio XII lo proclamerà santo nel 1947.