di Giuseppe Massari
Purtroppo, ci giungono voci poco confortanti dagli ambienti della Curia romana circa il cosiddetto Processo di beatificazione che avrebbe dovuto riguardare il papa gravinese, Benedetto XIII
A metà del mese di febbraio di quest’anno il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, firmò l’editto per la riapertura della Causa. Questo non significava, così come qualcuno lasciò intendere, che il processo avrebbe preso subito il suo avvio, o che, automaticamente ne veniva dato corso e seguito, non prima, comunque, aver raccolto tutto il materiale storico e bibliografico prodotto nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni. Ma da questo, a sapere dagli stessi ambienti vaticani che la causa non è “neanche in agenda” ce ne passa. Significa che è su un binario morto, nonostante i trionfalismi circa i tempi rapidi di apertura e di chiusura, quasi fosse un prodotto da far lievitare ai gradi centigradi di un forno. Anzi, dalla Congregazione per le Cause dei santi fanno sapere che se non c’è un forte interesse, una forte motivazione, una forte spinta, il dibattimento, sia pure su basi documentali e non verbali, non inizierà mai. Cioè, in soldoni, significa che già di per sè il candidato deve essere forte, carismatico; deve essere in grado, da solo, a spingere al suo personale esilio verso gli altari. Di questo, purtroppo, la Congregazione è poco convinta, nonostante, l’anno scorso, il 26 novembre, alla Biblioteca Casanatense di Roma, il prefetto della Congregazione, il futuro e prossimo cardinale Angelo Amato, avesse alimentato speranze, sempre secondo coloro che sono figli e re dell’ignoranza.
Cosa significa tutto ciò? Che il personaggio candidato desta poca considerazione? Che c’è stato un disinteresse da parte dei promotori, i quali, vinti e accecati da una frenesia, ingiustificata e ingiustificabile, pensavano che tutto sarebbe filato liscio, quasi che la Congregazione non avesse altro a cui pensare se non a papa Orsini? Io non voglio rispondere, mi rifiuto di dare delle risposte. Dico, con la obiettività e la oggettività del caso, che molta faciloneria sta accompagnando una iniziativa, che, prima di essere intrapresa andava ponderata; che prima di essere propagandata più del dovuto, fosse seguita e accompagnata da una metodicità scientifica, di ricerche, studi e approfondimenti e non solo basati sull’attualità del personaggio rivisitato anche con pubblicazioni più o meno recenti e costanti, segno di un interesse ancora attuale nell’ottica di quella che viene chiamata “fama sanctitatis”, la quale, sempre gli informati ambienti della Santa sede, è l’ultima componente in un processo del genere, non la principale ragione per imbastirlo e avviarlo.
Spiace il dover solo pensare che un terzo tentativo di santificazione del nostro potrebbe fallire solo per ignavia, insipienza, leggerezza, debolezza e faciloneria, dopo i due: quello di Tortona e quello ripreso durate gli anni trenta del secolo scorso, andati, per ragioni diverse, a vuoto, senza un nulla di fatto.
Spiace il dover pensare che Benedetto XIII stia diventando un prodotto propagandistico da inalberare o innalzare, non certo per motivi nobili e santi, inerenti alla sua vita intemerata. Si ha l’impressione che la Congregazione stia per diventare o debba diventare, o essere trasformata o riconosciuta in un santificio di comodo, solo perché così piace ai meno habens della nostra città. Se spiace tutto ciò, c’è una curiosità che ci assilla e ci tormenta. Ma i vescovi delle diocesi che sono state coinvolte in questo affaire, che sono state trascinate con la forza della inconsapevolezza e inconsistenza, sono a conoscenza dell’attuale situazione di stallo? Sono state informate? Vengono puntualmente aggiornate o vengono tenute , debitamente, all’oscuro, per evitare che possa nascere in loro un legittimo disinteresse?