A colloquio con Giuseppe Mighali, un salentino trapiantato a Pechino
di Marcello Gaballo
Il web è straordinario e infinito nelle informazioni che mette a disposizione di chiunque. Non ci saremmo mai aspettati però di rintracciare un salentino in Cina, Giuseppe Mighali, nato ad Aradeo (Lecce) nel 1982, che vive e lavora nella capitale Pechino.
Lavora come docente di lingua e cultura italiana presso l’Università di Studi Internazionali di Pechino, dove insegna primariamente teoria della traduzione e dell’interpretariato, e partecipa all’organizzazione di eventi culturali. Si occupa anche di arti marziali, attività che lo accompagna fin da giovane e che ormai è parte integrante della sua vita quotidiana; al riguardo, quando può, cura il blog www.meihuazhuang.eu.
Lo abbiamo contattato e, gentilissimo, ci ha subito risposto, dichiarandosi disponibile a rispondere ad alcune nostre domande.
Le proponiamo su Spigolature Salentine, con le relative risposte, ben contenti di aver stabilito un ponte con “l’altro mondo”, per tanti aspetti inimmaginabile, insolito.
Giuseppe, ma come mai sei andato a finire a Pechino?
Ho studiato lingua cinese presso l’Università del Salento di Lecce e lingua e cultura cinese presso l’Università di Lingua e Cultura Cinese di Pechino. Nel 2004 arrivai a Pechino, dove tutt’ora risiedo, assistendo alle metamorfosi nella società cinese e al progresso del paese. Nel mio costante e interminabile studio, oltre che alla cultura cinese classica in generale, mi concentro principalmente sul cinese tradizionale e sulla filosofia taoista e confuciana. A parte le note professionali, devo però aggiungere che quando decisi di trasferirmi in Cina, avevo alle spalle tre titoli nazionali nelle competizioni di Sanda, un premio come migliore atleta professionista e non ricordo quanti e che tipo di titoli ottenuti nelle gare di forme, anni di pratica e di sacrifici. In realtà, è in questi piccoli traguardi che vanno ricercate le vere motivazioni del mio gesto, infatti fin da giovane ho sempre e solo praticato arti marziali. Col tempo è maturato spontaneo il desiderio di un contatto diretto con le radici di ciò che praticavo, e su questo desiderio ho sviluppato anche la mia professione.
Ci dici cos’è il Sanda?
Il sanda è una disciplina sportiva traducibile, non letteralmente, con pugilato cinese; prevede calci pugni e proiezioni.
Quindi sei andato fin là per motivi sportivi?
La mia innata passione per le arti marziali tradizionali cinesi “istintivamente” mi rendeva già cosciente dei limiti culturali e di pratica presenti nell’ambiente delle arti marziali cinesi in Italia. In cuor mio sapevo anche che questi limiti per motivi storici esistevano anche in Cina, anche se in veste differente. Il mio obiettivo non era quindi trovare l’”arte marziale“, bensì trovare “il maestro”, “l’uomo” (nel senso più umano del termine)!
I motivi professionali sono stati una piacevole conseguenza.
E lo hai trovato?
Certo. Ero abbastanza scoraggiato in partenza… non mi sarei mai aspettato di riuscire a conoscere subito il maestro Sui, classe 1945.
Membro dell’associazione per la ricerca sul Meihua Zhuang e dell’associazione per la ricerca sul Bagua Zhang di Pechino, Sui è maestro 16a generazione di Meihua Zhuang e 4a generazione di Bagua Zhang. Fin da giovanissimo studia e pratica arti marziali sotto la guida di celebri insegnanti, fino a quando incontra due grandi maestri del passato, maestri che cambieranno la sua vita e il suo modo di vivere le arti marziali tradizionali: Han Qichang per il Meihua Zhuang e Li Ziming per il Bagua Zhang. Da allora il maestro Sui non ha mai interrotto il suo allenamento, a volte anche pieno di insidie per lui e i suoi maestri, visto il periodo storico che hanno attraversato.
Perdona la nostra ignoranza, ma il maestro eccelle solo per l’abilità delle arti marziali?
A partire dal 1990 viene più volte invitato in importanti conferenze organizzate dall’ex-Unione Sovietica, pronunciando vari discorsi e ricevendo l’approvazione di studiosi di tutto il mondo, come la volta in cui partecipò alla Conferenza internazionale degli esperti mondiali di psicologia nel corso della quale parlò de le arti marziali cinesi in relazione con il mondo della natura e l’allenamento fisico, e de la relazione fra gli esercizi cinesi per il benessere fisico e la psicologia.
Nel 1992 viene invitato dall’emittente televisiva internazionale della televisione statale russa per presentare lo stato delle relazioni culturali tra Cina e Russia; nello stesso anno assume l’incarico di direttore responsabile del Dipartimento dello sport presso il centro per gli scambi economici e culturali fra Russia e Cina.
Inutile dire che nel nostro ambito si sa poco o nulla sul tuo maestro, che mi par di capire che è una notorietà in Cina.
La biografia del maestro Sui è già presente in numerose e importanti opere enciclopediche di consultazione, ma lui non dimostra alcun interesse per questo tipo di mete e riconoscimenti.
Tuttora, nonostante l’età, si allena e duella con noi ogni giorno, sotto ogni tipo di intemperie; con l’unico obiettivo di tramandare a chi sappia apprendere preziosi saperi antichi e genuini, e con la pazienza che la tradizione del suo metodo di allenamento necessita.
Ci scuserai ancora per la nostra scarsa conoscenza, ma vuoi dirci qualcosa in più del Meihua Zhuang, che ti ha spinto a lasciare il Salento?
Questa branca delle arti marziali cinesi è riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale della Cina. E’ talmente antica che sulle sue origini, con l’ausilio di fonti e cenni storici, si sta dibattendo ancora oggi. In alcune teoria si parla di migliaia di anni.
Fino a qualche tempo fa era pressocchè sconosciuto e protetto, ma in questi ultimi anni il Meihua Zhuang sta attraversando un periodo difficile. A causa di alcuni carismatici “maestri” che hanno più chiaro il desiderio di fama piuttosto che la pratica marziale e il relativo perfezionamento etico-morale — e se vogliamo anche spirituale —, questa arte marziale sta attraversando un periodo di fama poco salutare. In Cina su questa corrente modaiola stanno spuntando come funghi improvvisati ricercatori, studiosi, speculatori e purtroppo sempre più improvvisati “maestri”. Personaggi che dietro a concetti molto cinesi come l’ossessionante patriottismo, la voglia di far conoscere la propria cultura, il sogno di non far perdere nel nulla e per sempre una parte — ciò che rimane — della propria cultura e tradizione, ecc., nascondono obiettivi meno profondi quali la fama, il prestigio e la ricchezza. “Si comportano in maniera strana, come dei ladri. Arrivano, filmano, prendono appunti, pochi minuti e scappano come se avessero la coscienza sporca!“, così me li descrisse un anziano maestro in uno dei miei ritiri marziali nelle campagne cinesi. Questa gente approfitta del proprio status sociale — che spesso esalta — per convincere contadini semplici, troppo lontani dai mali della società e troppo impegnati a pensare al pane quotidiano per potersi difendere adeguatamente, a far mostra delle proprie conoscenze. Il lato positivo di questa situazione è che comunque “paru cerca paru e paru trova (una persona cerca un suo pari e un suo pari trova)”. Questi personaggi con le loro promesse riescono a incantare solo praticanti a loro simili per natura, le persone serie rimangono a guardare indifferenti da un angolo buio. Il vero problema è che da questi materiali “rubati” nascono decine di libri e articoli scritti da docenti universitari maestri non si sa come di migliaia di discepoli, storici, praticanti sulla carta improvvisati ricercatori che diffondono pseudo-cultura che disorienta chi si avvicina e chi è vicino a questo mondo. Nel frattempo le poche persone che veramente avrebbero voce in capitolo non trovano motivi validi per uscire allo scoperto, e come succede da anni qui in Cina spesso muoiono portando con loro gli ultimi frammenti di una cultura agonizzante e senza aver trovato una persona a cui trasmettere le proprie conoscenze. E’ inutile dire che, come al solito, ciò si riflette anche sull’occidente. Questa atmosfera danneggia le già precarie conoscenze dei praticanti occidentali, ma danneggia anche una cultura cinese che da poco si è ripresa da una grave frattura culturale, e di tutto ha bisogno meno che di questo tipo di “benefattori”.
La tua scelta di stabilirti a Pechino ti ha fatto dimenticare il Salento? O vive ancora dentro di te?
Ricorda le parole pronunciate da Fabrizio de Andrè nella canzone Il sogno di Maria “dove all’ulivo si abbraccia la vite”? Ecco, sono queste che mi rievocano l’amato Salento e la sua anima più profonda.
Ha mai provato a collegare le due realtà, così distanti, anche se solo per l’aspetto marziale?
Sicuramente. Anche se in un campo marzio ancora poco accogliente e tutto da immaginare, questa estate si è svolto il secondo workshop estivo di Meihua Zhuang, organizzato e tenuto da me. Gli allenamenti si sono svolti quasi tutti i pomeriggi fino al tramonto, in un lecceto alla periferia di Aradeo (Lecce). I momenti di crescita per i partecipanti salentini, alcuni dei quali al primo contatto con le arti marziali, sono stati tanti e spero ardentemente che il frutto di due mesi di allenamento sia rimasto anche dopo la mia partenza. Verificherò al mio prossimo rientro.
Grazie Giuseppe. Alla prossima! Vorremmo chiederti della vita quotidiana dei cinesi. Ma un’ultima domanda permettici di farla, senza voler abusare della tua pazienza. Quando sei partito dal Salento per Pechino, cosa ti sei portato dietro?
La prima volta che mi sono recato in Cina per viverci? Beh, naturalmente ho portato con me friseddhe e relativi sottoli e sottaceti.
“…all’Ulivo si abbraccia la vite…”: un’espressione ricca di amore per la nostra terra che non potrà mai essere dimenticata da coloro che vi sono nati. Complimenti a Marcello che, instancabilmente e sempre fiducioso. aggancia i ponti con il mondo………….per trasmetterci le ricche conoscenze di cui lui è l’artefice.
“Addhunca vai vai, sempre salentini trovi!”
Un sentito abbraccio virtuale al nostro Marco Polo, alias Giuseppe, la cui storia mi ha fatto rivivere ricordi di mesi passati da ragazzino al Chengdu Institute of Physical Education per praticare Wu-Shu
In bocca al lupo
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