L’olio del Salento protegge dal cancro e dall’infarto
di Antonio Bruno
I polifenoli sono molecole antiossidanti, hanno la capacità o l’abilità di catturare e quindi bloccare i RADICALI LIBERI, chiamati anche “teppisti cellulari” per la loro capacità di attaccare il DNA (provocando le mutazioni genetiche) e i grassi polinsaturi (compreso il colesterolo LDL “cattivo”, che in tal modo genera l’aterosclerosi) e l’olio del Salento leccese è ricchissimo di questa sostanza sconosciuta a tutti. In questa nota i motivi che devono informarci nel consumo dell’olio d’oliva del Salento leccese.
Una telefonata da un amico, dobbiamo parlare di lavoro e lui è in campagna. Mi da appuntamento sulla San Pietro in Lama (Le) – Lecce al distributore di benzina. Ci vado e lui arriva con i suoi due figli, mi saluta e insieme andiamo in azienda.
I proprietari abitano in azienda e hanno circa 500 alberi di olivo di 20 anni circa, le varietà sono equamente divise tra leccino, cellina (saracena) e oliarola leccese. Quell’uomo e quella donna che vivono in questo pezzetto di Paesaggio rurale non fanno raccogliere, da quando l’hanno acquistato, tutte le olive, non gli conviene, ecco perché hanno chiamato una squadra di raccolta che in 6 ore hanno messo nelle cassette 20 quintali di olive circa raccolte da ottanta alberi. Avevano raccontato che gli altri anni avevano fatto raccogliere le olive dagli alberi di leccino, quest’anno invece avevano optato per una raccolta dagli alberi di cellina (saracena) e oliarola leccese.
La produzione media degli ottanta alberi è stata di 25 chili ad albero.
Il frantoio mobile noleggiato ha la capacità lavorativa di un quintale di olive ad ora e quindi sono state necessarie 20 ore di lavorazione per molire le olive. Dalla molitura si sono ottenuti 2,5 quintali di olio extra vergine con una resa del 12,5%.
Un dato caratterizzante della olivicoltura del Salento leccese è l’estensione colturale media che è inferiore ai 2 ettari per circa l’ 80% delle aziende con circa il 40% inferiori ad 1 ettaro ed è per questo che l’utilizzo della raccolta meccanizzata è la soluzione che le squadre di raccolta stanno adottando.
La squadra chiamata per raccogliere le olive di questa azienda dispone di un trattore con un compressore e tre pettini con asta telescopica. Il compressore permette di utilizzare i sistemi pneumatici di potatura. Gli agevolatori portati dall’operatore permettono di non utilizzare le scale per raccogliere il prodotto in alto e risultano pienamente compatibili con il criterio di limitare l’altezza delle piante ai 4 metri. Vincoli sulla sicurezza hanno costretto all’abbandono delle scale con il raccoglitore a terra. La squadra che ha lavorato sei ore ha avuto un corrispettivo fatturato di 400 Euro.
Le olive sono state riposte in delle cassette e portate davanti al frantoio mobile disposto davanti al portico dell’abitazione. L’operatore prima di mettere nella tramoggia le olive raccolte provvede alla defogliazione, le olive vengono poi sottoposte in automatico al lavaggio, molitura, gramolazione e quindi alla separazione e al filtraggio. Alla fine si è ottenuto un prodotto che ha stupito il produttore. Infatti avendo negli anni precedenti molito le olive della varietà leccino, che è meno ricca di polifenoli, sostanze che sono tra i componenti più preziosi dell’olio vergine di oliva, si era abituato a un gusto meno amaro dell’olio! Ma c’è da ricordare che l’unico fra i grassi vegetali a essere ricco di polifenoli è l’olio di oliva vergine! Quindi c’è una certezza di provenienza se ci sono i polifenoli, infatti in quel caso è un olio d’oliva vergine o extra. I polifenoli determinano il caratteristico aroma fruttato e il gusto piccante e amaro, e nello stesso tempo, siccome sono dotati di un elevato potere antiossidante, sono un vero e proprio alimento funzionale.
Ma questa capacità antiossidante totale dei poilifenoli che cos’è?
Perché è meglio abbandonare il consumo dell’olio delicato per usare esclusivamente l’olio vergine piccante perché ricco di polifenoli?
Siccome i polifenoli sono molecole antiossidanti, hanno la capacità o l’abilità di catturare e quindi bloccare i RADICALI LIBERI, chiamati anche “teppisti cellulari” per la loro capacità di attaccare il DNA (provocando le mutazioni genetiche) e i grassi polinsaturi (compreso il colesterolo colesterolo LDL”cattivo”, che in tal modo genera l’aterosclerosi).
Quell’olio di ieri è un farmaco venuto fuori dalla terra di un proprietario che invece vuole un prodotto che non gli fa bene o che, per dirla meglio, ha nel contenuto di grassi la sua particolarità. Il mio amico Angelo tentava di spiegare queste cose al proprietario insoddisfatto che non vuole abituare il suo gusto al piccante dei polifenoli che lo proteggerebbero dal cancro e dall’infarto, un proprietario che all’elisir di lunga vita che la sua terra gli dona, e per il quale non chiede in cambio nulla, preferisce il gusto morbido e piatto di un olio non meglio identificato e di provenienza non certa.
Questa è la situazione delle persone del Salento leccese che usano l’olio d’oliva. Uomini e donne di questo territorio non sanno cosa sia un olio genuino che fa strar bene, preferiscono quell’olio che non ha queste caratteristiche e che quindi, potrebbe essere un miscuglio, blend o melange di olii che non sono d’oliva perché l’unico tra i grassi vegetali ad avere i polifenoli è l’olio vergine d’oliva.
Io mi chiedo e chiedo a te che mi leggi come facciamo a fare gustare e apprezzare agli Umbri o ai Toscani che hanno un olio piatto e con pochi polifenoli il nostro olio che invece è ricco ed è un vero e proprio elisir di giovinezza se nemmeno noi del Salento leccese sappiamo cosa sia un olio buono e genuino in quanto quando ci danno l’olio proveniente dall’oliarola leccese o dalla cellina (saracena) senza taglio non riusciamo ad apprezzare il piccante dei polifenoli?
Né è pensabile che siano gli assaggiatori, quei pochi che imparano a distinguere i diversi olii, ad essere gli ambasciatori dell’olio del Salento leccese buono, piccante, saporito e genuino perché molto ricco di polifenoli.
Io, Angelo Amato e tanti altri mangiamo olio piccante ricco di polifenoli, olio del Salento leccese ottenuto dalle piante di oliarola leccese e di celline (saracene), olio genuino! Noi e tanti altri quando ci propongono un olio che non presenta il piccante dei polifenoli, facciamo un atto potentissimo: non l’acquistiamo!
Abbiamo un potere immenso! Acquistare un prodotto è il risultato di un successo di chi lo fabbrica, solo così chi non riesce più a vendere olio povero di polifenoli si metterà a produrre olio buono e genuino com’è l’olio del Salento leccese.
Si tratta di capire, di provare e di acquistare solo l’olio piccante perché così saremo sani, difesi dal cancro e dall’infarto frutto del consumo dei grassi senza i polifenoli.
Un’ultima annotazione circa i costi di produzione tra raccolta e trasformazione l’olio degli amici di San Pietro in Lama è venuto a costare 3 Euro, ora mi chiedo e vi chiedo: come fanno a vendere l’olio nella bottiglia negli Ipermercati a 2,5 Euro? Chieditelo anche tu.
A proposito dei costi, credo si possa concludere con ragionevolezza che nel giro di qualche anno non esisterà più la raccolta delle olive nel Salento (almeno da parte di piccoli produttori o da parte di chi si autoproduce l’olio). Del resto basta farsi un giro nelle campagne per constatare l’abbandono totale della maggioranza delle stesse e il numero impressionante di appezzamenti in vendita o meglio in svendita, che tuttavia nessuno compra! E questo è inevitabile: i costi per la raccolta, la trasformazione e la cura della campagna (non dimentichiamoli!) sono ormai talmente alti che anche semplicemente farsi l’olio per se stessi dal propio piccolo appezzamento ereditato dal nonno è diventato un lusso insostenibile. Ecco perchè è inevitabile andarlo a comprare nei supermercati, ovviamente a scapito della qualità! Inoltre, chiediamoci, come potrebbe resistere una realtà economico-imprenditoriale intorno all’olio nel Salento? Se produrre un litro di olio genuino costa 3 euro, a quanto si dovrebbe rivenderlo? In tempi di crisi, quanti sforzi può fare un consumatore per la qualità del prodotto che compra? Evidentemente non troppi e non troppo arditi. Infine, quale sarà l’impatto ambientale di questo abbandono in massa degli oliveti? Al di là delle belle parole dobbiamo infatti fare i conti con tale triste realà: un’epoca è definitivamente tramontata!
Perché “conviene” acquistare l’olio del Salento leccese
di Antonio Bruno*
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Nelle Puglie si producono 172mila tonnellate di olio di oliva. Secondo la mia opinione consumare l’olio piccante ricco di polifenoli estratto dalla ogliarola leccese è garanzia di “essere immuni” da frodi! In questa nota le considerazioni rivolte al leader degli oleologhi dott. Luigi Caricato, al Presidente dell’Associazione di Lecce Olivinopoli dott. Angelo Amato e al dott. Pier Paolo Tarsi che hanno alimentato un dibattito su questo tema.
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La maggior parte dell’olio d’oliva lo producono “Le Puglie” con 172mila tonnellate delle 550mila che si producono in Italia. Insomma le Puglie da sole producono il 31% dell’olio italiano ovvero un terzo di tutto l’olio del nostro Paese
Ma il prezzo dell’olio non è remunerativo, basta guardare le offerte dell’olio extravergine sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata che variano dai 3 ai 4 euro al litro. Già la GDO che in Italia continua a crescere mentre un Professore tedesco l’altra sera a Parabita (Le) mi rivelava che in Germania la gente non compra più negli Ipermercati, sono tornati ai negozi piccoli, condotti da persone che hanno un nome e un cognome, che si danno da fare per avere i prodotti genuini e sani e che sono il frutto della terra che circonda quelle città. Ma voi lo sapete che cosa fanno quelli che l’olio se lo vogliono fare da se?
Intanto raccolgono le olive appena inizia l’invaiatura, lo so, ti sembra arabo, ma questa parola serve a indicare il momento in cui le olive da verdi diventano brune; poi con il frantoio mobile del mio amico Angelo Amato dopo qualche minuto avviano le olive alla molitura, e prima le riducono in pasta con la frangitura e poi separano la parte acquosa con la gramolatura. Insomma chi si fa l’olio da solo noleggia o possiede un frantoio dal ciclo continuo a freddo e noleggia o possiede mezzi meccanici per raccogliere le olive dall’albero. Nel Salento leccese mancano le cisterne d’acciaio sotto azoto per evitare l’ossidazione e sapete perché? Perché l’olio non c’è nel Salento leccese! Dopo pochi mesi dalla molitura viene venduto. Io lo posso testimoniare perché ho tentato invano di cercarne per una richiesta che mi è pervenuta della fornitura di un container a settimane pieno di lattine da 5 litri. Come dici? Pensavi che l’olio del Salento leccese giacesse invenduto in non so quali cantine segrete e inaccessibili? Pensavi a produttori e frantoiani disperati e senza il becco di un quattrino che fanno la fame mentre hanno quintali di olio giacenti? Pensavi questo? Bene anche quello che pensavi fa parte delle leggende metropolitane sui prodotti alimentari del Salento leccese che informano i più, e che deformano la realtà rendendola ora edulcorata, ora tragica, ma mai reale!
Il problema vero è che questo prodotto, che potrebbe essere il nostro tesoro, è sofisticato e dà luogo a frodi. L’olivo che è l’albero delle uniche foreste del Salendo leccese, penisola che ospita la foresta degli ulivi. E gli ulivi hanno una efficienza nel ripulire l’atmosfera dalle sostanze chimiche inquinanti sottraendo ai nostri polmoni più di un terzo degli inquinanti chimici che minacciano la nostra salute e il nostro benessere e quello dell’ambiente del Salento leccese, lo stesso che i nostri operatori turistici si vendono per riempire alberghi e spiagge di turisti.
Questa scoperta frutto di una ricerca a cui hanno collaborato il National Center for Atmospheric Research del Colorado e l’Università dell’Arizona aggiunge un altro beneficio all’azione di difesa dal “rischio idrogeologico” che sarebbero le frane e le alluvioni o sarebbe meglio dire “il diluvio universale” che stanno distruggendo i territori del Nord dell’Italia mettendo la città di Vicenza sotto un metro d’acqua e che potrebbero far fare la stessa fine al Paesaggio rurale del Salento leccese: tutti sott’acqua!
Se gli olivi non venissero coltivati, se venissero bruciati o abbandonati ecco che la “rete idrogeologica esploderebbe” che significa tutti i solchetti, canaletti e canali in cui scorre senza esondare l’acqua che cade sul nostro territorio, non sarebbero più sufficienti e l’acqua farebbe tornare il Salento leccese ai tempi del 1500 quando una gran parte del nostro territorio era sott’acqua: le paludi, ricordate?
Questo accadrebbe se si modificasse l’equilibrio che si è formato nel Salento leccese in centinaia di anni alterando irreparabilmente la rete della natura.
Due conclusioni che sono anche due proposte che faccio a tutti voi. La prima è quella che noi consumatori possiamo imparare ad apprezzare il nostro olio ricco di polifenoli e quinti piccante. Guardate io l’ho fatto, ed è stato l’accesso all’immenso, al paradisiaco e al piacere raffinato del gusto. Il piccante ovvero il contenuto in polifenoli è assolutamente non imitabile e quindi impossibile da “taroccare” con frodi. Io da quando acquisto solo olio ricco di polifenoli sostengo il mercato e contribuisco a continuare a poter ammirare la foresta degli olivi del Salento leccese. Ma se lo fai anche tu, insieme, potremmo convincere moltissimi altri che acquistano l’olio d’oliva nel resto dell’Italia che l’unica certezza della genuinità è acquistare olio riocco di polifenioli e quindi piccante.
La seconda proposta che faccio è quella del pagamento per i servizi ecosistemici resi ai proprietari dei boschi d’olivo, dei servizi ecosistemici ho scritto in miei precedenti note a cui ti rimando.
Spero che queste mie parole siano esaustive per l’oleologo Luigi Caricato, il Presidente di Olivinopoli Angelo Amato e il dott. Piar Paolo Tarsi e servano a tutti voi che avete fatto scorrere gli occhi sulla linea che si torce per formare le lettere, i simboli che hanno formato nella vostra mente e spero, nella vostra anima, un sentimento per il nostro territorio; ad acquistare esclusivamente olio d’oliva ricco di polifenoli e quindi piccante con il quale magari divertirvi a fare un melange, un blend che tradotto significa che potete divertirvi a farvi voi le miscele con olii meno piccanti per ottenere il gusto che vi serve e che vi piace. Allora coraggio, tutti alchimisti, tutti all’opera a scoprire il miscuglio di olio d’oliva che vi piace di più e per continuare a vivere in un Paesaggio rurale bello e accogliente.
Bibliografia
Giorgio dell’Orefice: Olio, la produzione recupera il 6%
Gianni Pacella: L’olivicultura in crisi, nessuno se ne accorge
Massimo Spampani: Aria più pulita dallo smog se gli alberi sono sotto stress
Paolo Conti: Il territorio Malato da Nord a Sud
Considerazioni fatte su facebook dall’oleologo Luigi Caricato sulle affermazioni contenute nella mia nota “L’olio del Salento protegge dal cancro e dall’infarto” circa il contenuto di polifenoli dell’olio d’oliva vergine estratto dalle olive varietà ogliarola leccese, cellina saracena:
Io sarei più cauto. Ci sono 538 cultivar censite in Italia dal Cnr Ivalsa. Il dominio di Cellina e Ogliarola leccese, circa il contenuto in biofenoli, non lo vedo così dominante. La famiglia dei biofenoli è assai vasta… e non mancano le sorprese.
Tratterò l’argomento su Teatro Naturale
Considerazioni fatte su facebook Angelo Amato Presidente dell’Associazione Olivinopoli (Lecce) sulle affermazioni contenute nella mia nota “L’olio del Salento protegge dal cancro e dall’infarto”circa il contenuto di polifenoli dell’olio d’oliva vergine estratto dalle olive varietà ogliarola leccese, cellina saracena:
Come assaggiatore di olio e amante della genuinità posso sicuramente affermare che le varietà pugliesi: la coratina, la peranzana, la ogliarola sono fra le più ricche in Italia e al mondo di antiossidanti. Al punto che la coratina continua …ad essere usata in Toscana, come in Sicilia per tagliare ed arricchire le loro varietà di olive genuine ma non così ricche di antiossidanti… Eppure la coratina non piace al consumatore medio perchè è troppo amara… Non vi sembra lo stesso discorso che un tempo si faceva per il vino primitivo? Sicuramente dobbiamo imparare a migliorare le tecniche di raccolta, di trasformazione e di conservazione come molti produttori salentini hanno già fatto vincendo e sbaragliando tutti gli altri nei concorsi nazionali ed internazionale (vedi Ercole Olivario). Ciao da Angelo
Considerazioni fatte su Spigolature Salentine da Pier Paolo Tarsi sulle affermazioni contenute nella mia nota “L’olio del Salento protegge dal cancro e dall’infarto”:
A proposito dei costi, credo si possa concludere con ragionevolezza che nel giro di qualche anno non esisterà più la raccolta delle olive nel Salento (almeno da parte di piccoli produttori o da parte di chi si autoproduce l’olio). Del resto basta farsi un giro nelle campagne per constatare l’abbandono totale della maggioranza delle stesse e il numero impressionante di appezzamenti in vendita o meglio in svendita, che tuttavia nessuno compra! E questo è inevitabile: i costi per la raccolta, la trasformazione e la cura della campagna (non dimentichiamoli!) sono ormai talmente alti che anche semplicemente farsi l’olio per se stessi dal propio piccolo appezzamento ereditato dal nonno è diventato un lusso insostenibile. Ecco perchè è inevitabile andarlo a comprare nei supermercati, ovviamente a scapito della qualità! Inoltre, chiediamoci, come potrebbe resistere una realtà economico-imprenditoriale intorno all’olio nel Salento? Se produrre un litro di olio genuino costa 3 euro, a quanto si dovrebbe rivenderlo? In tempi di crisi, quanti sforzi può fare un consumatore per la qualità del prodotto che compra? Evidentemente non troppi e non troppo arditi. Infine, quale sarà l’impatto ambientale di questo abbandono in massa degli oliveti? Al di là delle belle parole dobbiamo infatti fare i conti con tale triste realà: un’epoca è definitivamente tramontata!
Elisa Petrucci di Lecce produce olio monovarietale. Vende la maggior parte delle olive delle sue tantissime piante secolari per produrre solo piccole quantità di due monovarietali: il “Masseria Caposella” di Ogliarola salentina e il “Masseria Furca”, spremuto dalla Cellina di Nardò. Il primo è un fruttato intenso. Gustandolo si sente decisamente l’amaro e in modo contenuto il piccante e si abbina perfettamente con minestre, legumi, verdure al vapore, zuppe di pesce e carni bianche. Al contrario, l’extravergine di Cellina di Nardò è fruttato leggero con fragranza di olive verdi, erba fresca e perfino un tocco floreale. È l’ideale sul carpaccio di pesce crudo e sui cibi delicati.
Fonte
Martino Ragusa: Gli Oli Monocultivar Italiani