MIRANDO AL CUORE , ROCCO CATALDI
di Paolo Vincenti
Mirando al cuore, ultima fatica letteraria del compianto poeta vernacolare Rocco Cataldi. Il libro, che reca sulla copertina una bellissima illustrazione di Mario Cala, pubblicato dall’Adovos Parabita, ad un anno esatto dalla scomparsa del poeta e può essere considerato davvero il testamento morale di Cataldi. Si tratta di una raccolta di componimenti d’occasione (45, per l’esattezza) ,cioè poesie scritte da Rocco Cataldi, nella sua quarantennale carriera di maestro elementare, in occasione del Natale, della Pasqua, o delle feste della mamma e del papà. Il poeta aveva deciso di raccogliere insieme tutto questo materiale e pubblicarlo in un libro, che aveva voluto dedicare ad un suo grande amico, pure scomparso, il parabitano Raffaele Ravenna che, insieme a lui, aveva collaborato alla realizzazione del monumento a Padre Pio da Pietralcina, in Parabita. Questa devozione di Cataldi verso Padre Pio rimanda alla sua forte religiosità, che si esprime vibrante, intensa, davvero sentita, in tutti i suoi componimenti. Come già in altre occasioni, aveva voluto donare questo libro e tutti i diritti editoriali all’Associazione dei Donatori di Sangue, della quale egli faceva parte e alla quale, se negli ultimi anni non aveva più potuto donare il sangue per problemi di salute, non faceva però mancare la sua adesione convinta, con dimostrazioni di grande affetto e sensibilità, quale appunto quest’ultima pubblicazione , come ben ricorda, in una breve nota introduttiva del libro, Massimo Crusi, Presidente dell’Adovos Parabita, che si rammarica perché il maestro non ha fatto in tempo a vedere l’opera realizzata.
Le poesie presenti in questa pubblicazione sono state scritte da Rocco Cataldi, nel corso degli anni, per i suoi alunni della scuola elementare, i quali, come ancora oggi si usa, le imparavano a memoria e poi le recitavano in occasione del Natale o nelle altre ricorrenze, davanti ai propri genitori e a tutti i parenti. Alcune di queste, forse, si trovano ancora in molte case dei parabitani che sono stati allievi del maestro Rocco. Quasi tutte nascono da un felice sodalizio: quello di Cataldi con Mario Bracci, che in questo libro cura il commento alle poesie. La collaborazione Cataldi -Bracci era cominciata sul giornalino scolastico “Il Pierino”, nato nel 1971 e continuato fino al 1995, come ricorda Mario Cala nella sua nota introduttiva. Il maestro Mario Bracci preparava il giornalino ciclostilato, che usciva una volta l’anno,appunto in occasione del Natale, salvo che vi fossero altre circostanze importanti durante l’anno scolastico che meritassero un’altra uscita. Cataldi scriveva le poesie e poi si rivolgeva a Mario Cala per preparare qualche disegnino che corredasse i componimenti poetici.
Ecco, un’altra accoppiata fortunata: Cataldi-Cala, quasi un marchio di fabbrica, “la penna e il pennello”, come lo stesso Mario Cala afferma in un commosso ricordo dell’amico scomparso, su NuovAlba (aprile 2005). Sullo stesso numero di NuovAlba, vi è anche la testimonianza di Donato Valli che aveva curato la prefazione di Pale te ficalindie (Editrice Salentina, 1977) e di Parole terra terra, ultima pubblicazione di Cataldi (Congedo,2000). Molto intenso e toccante è stato, durante la serata del 17 dicembre 2005, l’intervento di Gino Pisanò, che ha tracciato un profilo dell’uomo, dell’amico e del poeta Cataldi . Lo stesso Pisanò molto spesso ha collaborato con Cataldi, curando l’introduzione e il commento di A passu t’ommu (Congedo, 1989), la prefazione di Culacchi, pubblicato nel 1996, e le note esegetiche di Parole terra terra.
Un altro intervento che ha “mirato al cuore”, durante la serata del 17 dicembre, è stato quello di Antonio Errico, apprezzato scrittore e critico letterario, che aveva curato l’introduzione di un’altra opera del maestro Rocco, A rretu lla nuveja nc’è llu sule (Edizioni Il Laboratorio, 1988).
Una carriera lunga e fortunata, quella del Cataldi, all’insegna di quei valori, radicati nella società contadina, a cui egli apparteneva, come la tenacia, il lavoro, l’onestà, valori che voleva trasmettere ai suoi allievi, nella speranza che divenissero un giorno degli uomini buoni, degli uomini giusti. Su questi uomini, secondo Cataldi, si doveva fondare la società per ricostruirsi, affinché potesse cominciare davvero quel processo di rinnovamento morale che egli perseguiva tenacemente, con i suoi scritti e con il suo stesso esempio.
Ecco, in Rocco Cataldi davvero la poesia è tutt’uno con la vita: egli canta quello che è ed è quello che canta e la scelta del dialetto ha una carica fortemente rivoluzionaria, quasi di una battaglia civile in difesa di quei principi universali come la pace, la fratellanza, la fede cristiana, l’amore per la propria terra. Come spiega Aldo D’Antico, nella prefazione del libro, “La sua è poesia senza aggettivi[…] Rocco Cataldi ha restituito valore e dignità alla parola come mezzo e strumento della comunicazione, come codice universale della espressione dei valori della vita. Non a caso usava il dialetto.
Era intellettuale colto e forbito, capace di composizioni in lingua italiana auliche e dotte, in grado di scrivere come pochi di noi sapessero fare. Ma l’uso del dialetto restituiva a ciascuno la certezza della propria identità, la riscoperta della nostra natura, l’orgoglio dell’appartenenza[…] Maestro di scuola e di letteratura, di vita e di pensiero, di comportamento. Che pesante eredità ci ha lasciato”.
Manca a tutti i parabitani Rocco Cataldi; ma egli continuerà a vivere nei suoi versi, per la sua famiglia, per i suoi amici, per tutti quelli che lo hanno conosciuto e per chi non lo ha conosciuto ed anche, forse, per tutti gli indifferenti, i distratti, i “pratici”, i quali, se per caso si troveranno a leggere, anche di sfuggita, i suoi versi, si sentiranno stranamente un disagio dentro; e questa è la forza della poesia, questa è la forza di Rocco Cataldi.
Pubblicato su “Città Magazine”, 30 dic.-5 gennaio 2006 , e poi in “Di Parabita e di Parabitani”,di Paolo Vincenti, Il Laboratorio Editore, 2008.