di Marcello Gaballo e Armando Polito
Sigh! Sigh!! Sigh!!! Neriti morantibus (.)
Et tu, Amice, si vis beatos ducere annos, fuge e Nerito, noli unquam
Neritum concupiscere, quia
omnia mala illuc patiuntur, quia
domestica gens illic perniciosa est, eritque semper
Bonis (.)
Et ego NV(?)2 undecim mensibus ibi moravi velut in exilio.
Sigh! Sigh!! Sigh!!!3 a coloro che vivono a Nardò.
E tu, Amico,se vuoi trascorrere felicemente i tuoi anni, fuggi da Nardò, non
desiderare mai Nardò, poiché
lì tollerano tutti i mali, poiché
la gente del posto lì è pericolosa, e lo sarà sempre
per i Buoni.
Ed io N. V. là son vissuto undici mesi come in esilio.
Sembra quasi la trascrizione moderna di un graffito di Ercolano (CIL IV, 10640) e non solo:
VENIMUS / VENIMUS / HOC CUPIDI / MULTO MAGIS IRE CUPIMUS
Siamo venuti. Siamo venuti qui volentieri. Molto di più desideriamo andar via4.
Un messaggio di pubblicità negativa al momento di lasciare il luogo, allora come nel nostro caso; ma, mentre il messaggio antico nella sua contingenza (evidentemente opera di qualche turista deluso), laconicità, stereotipicità e diffusione perde vigore, quello moderno consente di cogliere un sentimento di ostilità se non di rancore, diremmo personale5, in una serie di dettagli di difficile identificazione. In omnia mala illuc patiuntur e in domestica gens illic perniciosa est…Bonis c’è la condanna senza appello e senza speranza (eritque semper) per una società intesa come geneticamente corrotta; e il climax, che si era mossa dal singulto iniziale, si conclude con l’immagine dell’esilio per evocare il quale son bastati solo undici mesi di permanenza a Nardò. Cosa avrà fatto la gens neretina all’autore di questo vero e proprio anatema ispirato senza dubbio da uno (fonti dell’empietà) dei temi nel libro trattati? E la scelta del libro stesso su cui lasciare il suo ricordo è disgiunta dal successo e, si presume, diffusione (che equivale a maggior facilità di lettura) che esso dovette avere in quei tempi, come si è documentato in nota 1? Non lo sapremo mai, come ignoreremo forse per sempre il suo nome esteso e per sempre ci resterà il dubbio che il suo monogramma non sia legato alla notorietà del personaggio ma, nonostante l’ardore morale, alla sua vigliaccheria.
Perciò, se su qualche nostro libro dovessimo aggiungere una nota simile, cerchiamo di essere meno ermetici e, soprattutto, di firmare per esteso…
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1Il libro proviene da uno dei conventi soppressi, molto probabilmente dal fondo librario del convento dei Domenicani.
Si tratta, come recita il frontespizio, della sesta edizione; nella traduzione in latino di Aloisio Guerra era uscita a Venezia per i tipi di Nicola Pezzana nel 1772 una seconda edizione, integralmente consultabile e scaricabile all’indirizzo:
http://books.google.it/books?id=hf3Cb3oqBuAC&printsec=frontcover&dq=antonino+valsecchi&hl=it&ei=EOq_TMfmB4zGswaK5_ygCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=6&ved=0CDwQ6AEwBQ#v=onepage&q&f=false
la terza per i tipi di Bernardo Tarigo a Canneto nel 1769; la quarta per i tipi di Giovanni Manfrè a Padova nel 1771; la quinta per i tipi della Stamperia del Seminario a Padova nel 1779; l’ultima di cui abbiamo notizia uscì a Livorno in volume unico per i tipi di Vincenzo Manzi nel 1847, integralmente consultabile e scaricabile all’indirizzo:
http://books.google.it/books?id=wTQpcVsCFs4C&pg=PA149&dq=antonino+valsecchi&hl=it&ei=EOq_TMfmB4zGswaK5_ygCA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CDAQ6AEwAg#v=onepage&q&f=false
L’edizione del nostro esemplare (sesta) reca la marca tipografica dell’editore padovano Manfrè (fenice tra le fiamme rivolta verso il sole e moto post fata resurgo).
2 Il monogramma invece del nome e cognome per esteso.
3 Sorprendente anticipazionedella voce onomatopeica (nata nel XX secolo dall’inglese sigh=sospiro, che, a sua volta ha tutta l’aria di essere connesso col latino singùltum) che nei fumetti esprime il pianto, il singhiozzo o un sospiro. Da notare, inoltre, l’aumento progressivo dei punti esclamativi.
4 L’iterazione del verbo (VENIMUS) dà enfasi espressiva alla stereotipicità con cui la protesta compare a Pompei (CIL IV, 2995: [VENIM]US HOC CUPIDI MULTO MAGIS IRE CUPIMUS; 6697: VENIMUS HOC CUPIDI MULTO MAGIS / IRE CUPIMUS; 8891: VENIMUS HOC CUPIDI SCRIBI{T} CORNELIUS MARTIALIS; 9849: [VENIMUS H]OC CUPIDI MULTO MAGIS IRE / CUPIMUS; 10065a: VENIMUS HOC CUPIDI MULTO MAGIS), (nella forma più completa) 1227: VENIMUS HUC CUPIDI MULTO / MAGIS {H}IRE UT / LICEAT / NOSTROS / VISERE / ROMA LARES e, fuori d’Italia, a Narbonne (AE 1997, 1068: [VENIMUS HOC CUPI]DI MULTO MAGIS IRE CUPIMUS).
5 Ad onor del vero il giudizio, per quanto personale, non doveva discostarsi molto dalla realtà se nel 1786 Giuseppe Maria Galanti, nella sua opera in 5 tomi Descrizione geografica e politica delle Sicilie (Napoli, presso i Soci del Gabinetto Letterario, 1786-1794), a proposito della terra d’Otranto nell’ultimo tomo attribuisce la causa dei delitti alla miseria, alla cattiva educazione, all’ozio degli aristocratici e su Nardò in particolare: racchiude terreni di gran pregio e siti adatti alla popolazione, come sono le cime delle colline e gli sporti dei piccoli monti dove si gode la buona ventilazione, ma il carattere morale impressogli dal governo feudale è di ostacolo alla sua migliorazione.
Io, invece, che a Nardò sono stato in esilio per ben cinque anni, che dovrei dire? Eppure amo Nardò e i suoi abitanti spassionatamente. Dove sarei adesso senza Nardò? Oddio, non sarò vittima anch’io della sindrome di Stoccolma? Sic!