Beato Bartolo Longo
di frà Angelo de Padova
L’avvocato Bartolo Longo nacque a Latiano (Br) il 10 febbraio 1841, di temperamento esuberante, da giovane si dedicò al ballo, alla scherma ed alla musica; intraprese gli studi superiori in forma privata a Lecce; dopo l’Unità d’Italia si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza a Napoli.
Fu conquistato dallo spirito anticlericale che in quegli anni dominava nello Ateneo napoletano, al punto da partecipare a manifestazioni contro il clero e il papa. Dubbioso sulla religione, si lasciò attrarre dallo spiritismo, allora molto praticato a Napoli, fino a diventarne un sacerdote che celebrava i riti imitando quelli della Chiesa. Per sua buona sorte era legato da una solida amicizia con il prof. Vincenzo Pepe, suo compaesano e uomo religiosissimo, il quale saputo del suo tormento interiore lo avvicinò, convincendolo ad avere contatti con il domenicano padre Radente, che con i suoi consigli e la sua dottrina, lo ricondusse alla fede cattolica e alle pratiche religiose.
Intanto nel 1864 si era laureato in Diritto, ritornò al paese natio e prese a dedicarsi ad una vita piena di carità e opere assistenziali; rinunziò al matrimonio, ricordando le parole di Emanuele Ribera redentorista: “Il Signore vuole da te grandi cose, sei destinato a compiere un’alta missione”. Superati gli indugi, abbandonò la professione di avvocato, facendo voto di castità e ritornò a Napoli per dedicarsi in un campo più vasto alle opere di beneficenza; qui incontrò il beato Ludovico da Casoria, francescano, e la beata Caterina Volpicelli, i quali lo consigliarono e indirizzarono ad una santa amicizia con la contessa Marianna De Fusco.
Da qui il beato Bartolo ebbe una svolta decisiva per la sua vita, divenne compagno inseparabile nelle opere caritatevoli della contessa, che era vedova, inoltre divenne istitutore dei suoi figli e amministratore dei vasti beni. La loro convivenza diede adito a parecchi pettegolezzi, pur avendo il beneplacito dell’arcivescovo di Napoli cardinale Guglielmo Sanfelice; dopo un’udienza accordata loro da papa Leone XIII, il quale sollecitava una soluzione confacente, decisero di sposarsi nell’aprile 1885, con il proposito però di vivere come buoni amici, in amore fraterno, come avevano fatto fino allora.
La contessa De Fusco era proprietaria di terreni ed abitazioni nel territorio di Pompei e Bartolo, come amministratore si recava spesso nella Valle; vedendo l’ignoranza religiosa in cui vivevano i contadini, prese ad insegnare loro il catechismo, a pregare e specialmente a recitare il rosario. Una pia suora, Maria Concetta de Litala, gli donò una vecchia tela raffigurante la Madonna del Rosario, molto rovinata; restauratala alla meglio, Bartolo decise di portarla nella Valle di Pompei e lui stesso racconta, che nel tratto finale, poggiò il quadro per trasportarlo, su un carro, che faceva la spola dalla periferia della città alla campagna, trasportando letame, che allora veniva usato come concime nei campi. Il 13 febbraio 1876, il quadro venne esposto nella piccola chiesetta parrocchiale, da quel giorno la Madonna elargì con abbondanza grazie e miracoli; la folla di pellegrini e devoti aumentò a tal punto che si rendeva necessario costruire una chiesa più grande. Bartolo su consiglio anche del vescovo di Nola iniziò il 9 maggio 1876 la costruzione del tempio che terminò nel 1887.
Il beato Bartolo istituì per le opere sociali, un orfanotrofio femminile, affidandone la cura alle suore Domenicane Figlie del Rosario di Pompei, da lui fondate; ancora realizzò l’Istituto dei Figli dei Carcerati in controtendenza alle teorie di Lombroso, secondo cui i figli dei criminali sono per istinto destinati a delinquere; chiamò a dirigerli i Fratelli delle Scuole Cristiane. Fondò nel 1884 il periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei” la stampa era affidata alla tipografia da lui fondata per dare un avvenire ai suoi orfanelli; altre opere annesse sono asili, scuole, ospizi per anziani, ospedale, laboratori. Nel 1893 Bartolo offrì al papa Leone XIII la proprietà del Santuario e di tutte le opere pompeiane, qualche anno più tardi rinunziò anche all’amministrazione che il papa gli aveva rimasta.
Bartolo in un pubblico discorso, lasciò le onorificenze ricevute, ai suoi orfani e la raccomandazione di essere sepolto nel santuario vicino alla sua Madonna; morì il 5 ottobre del 1926 e come suo desiderio fu sepolto nella cripta. È sua l’iniziativa della Supplica, da lui compilata, alla Madonna del Rosario di Pompei che si recita solennemente l’8 maggio e la prima domenica di ottobre. E’ stato beatificato il 26 ottobre 1980 da Giovanni Paolo II.