di frà Angelo de Padova
Con queste brevissime note storiografiche su Paolo Grasso ci piace presentare una pregevole vicenda spirituale sviluppatasi intorno all’umile figura di un francescano laico di Salice Salentino, piccolo paese in provincia di Lecce.
Visse, questi, fra il XVI e il XVII secolo per lo spazio di 54 anni, dei quali più della metà nel luogo nativo e gli altri nei primissimi conventi assegnati ai Francescani Riformati della Provincia Monastica pugliese dedicata a San Nicola di Bari.
Le ragioni di questa proposta si orientano nella direzione della Santità che fra’ Paolo seppe esprimere, condividendo a fondo l’ideale evangelico del Serafico d’Assisi e adattandosi perfettamente all’epoca della restaurazione post-tridentina, quando nel popolo cristiano si ebbe il risveglio della fede e negli ordini religiosi esplosero ideali entusiasmanti per la vita ascetica e apostolica, benissimo esemplarizzata dai frati laici. Nel tentativo di delinearne brevemente il profilo biografico, è conveniente consegnare ai lettori in forma schematica e col presente storico i momenti salienti della sua vita. Nel 1561 nasce in Salice Salentino (Le) quartogenito di un agricoltore di nome Luigi; gli viene imposto il nome di Lupo. I suoi fratelli, piccoli proprietari agricoltori sono Guglielmo, Francesco, Angelo, Donata e Altabella. Sin dall’adolescenza si prepara a fare della sua vita un sacrificio perenne in offerta a Dio. Sostiene e pratica la “disciplina penitenziale”. Nel 1585 chiede ed ottiene di far parte dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. Dopo alcuni mesi viene estromesso dall’Ordine a causa della sopravvenuta sordità. Nel 1590 si reca in pellegrinaggio a Roma dove offre la sua opera in favore dei malati presso gli ospizi e i vari ospedali. Aderisce all’Ordine dei “Fate ben Fratelli”, congregazione religiosa che si rifà a s. Giovanni di Dio. Dopo pochi mesi fa ritorno al luogo nativo.
Nel 1591 viene inviato dai Frati minori Riformati di Salice in Martina Franca (Ta), dove si celebra il Capitolo durante il periodo custodiale di tal P. Giovanni da Maruggio. Ricevuto nel noviziato è destinato nel convento di s. Maria del Tempio in Lecce. Qui è nominato “Maestro dei Novizi laici” e vi svolge le mansioni di cuoco e giardiniere. Nel 1615 muore ad Ostuni (Br) in concetto di santità il 25 luglio all’età di 54 anni dopo aver operato profezie, guarigioni e miracoli in vita e dopo morte per la sua intercessione. I cardini del suo insegnamento restano Cristo crocifisso e la Madre sua, insieme a una eroica testimonianza di vita evangelica nel nascondimento e nell’ umiltà.
E’, per altro, Maestro dei servi di Dio fra’ Silvestro da Copertino, fra’ Diego da Francavilla e fra’ Leonado da Monacizzo. Viene tumulato nella tomba a cisterna presso la Chiesa del convento ostunese della ss. Annunziata. Nel 1618 inizia solennemente il processo di canonizzazione. Tale processo viene incoraggiato dal cardinale postulatore Francesco Sforza e dallo stesso S. Roberto Bellarmino. E’ il primo, nel Salento, a godere di fama di santità fra i monaci della Riforma. Un incendio presso la curia di Ostuni distrugge gli atti del processo e la concomitante morte dei cardinali e del padre custode generale fa interrompere definitivamente la causa di beatificazione.