di Armando Polito
Tiscitàle nel dialetto neretino è, filologicamente parlando, la madre dell’italiano ditale. E lo è semanticamente e formalmente. Qualcuno potrà obiettarmi che la voce italiana più vicina a tiscitàle è digitale. Va notato, però, come quest’ultima voce nata nel XVI secolo come aggettivo sostantivato per indicare sinteticamente una specie botanica (digitale purpurea) e la sostanza medicinale che se ne estrae, nonché come aggettivo puro e semplice per indicare ciò che riguarda il dito, ha vissuto una seconda giovinezza nel XX secolo con l’adattamento formale all’italiano dell’inglese digital, da digit=cifra numerica, con riferimento, in elettronica e in informatica, ad un sistema o dispositivo che si serve di cifre numeriche per rappresentare dati e grandezze o per riprodurre impulsi fisici; questa voce, dunque, non ha attualmente il significato della corrispondente dialettale neretina. Ma non è stato sempre così, e vado a dimostrarlo.
Per fare onore al titolo dirò che tutte le voci fin qui messe in campo, comprese quelle inglesi, derivano dal latino dìgitum=dito (ancora oggi le dita servono, alla bisogna, per contare…), dalla stessa radice di decem (dieci, il numero delle dita) e, in greco, di deka=dieci e di dèikniumi=io indico.3
Ditàle, in particolare, è, per sincope di –gi– dal latino tardo digitàle (neutro sostantivato del classico digitàlis=della grossezza di un dito) che aveva inizialmente il significato sacrale di particolare reliquario4 e solo successivamente assunse quello di strumento protettivo del dito di un comune mortale…vivo.5 Proprio l’esistenza di digitale con quest’ultimo significato esclude la possibilità che l’italiano ditàle sia derivato in epoca più recente da dito (nato da dìgitum per sincope di –gi-) con aggiunta del suffiso aggettivale –ale.
Conclusione: ditale è nato da digitale per l’esigenza di evitare confusione semantica3, mentre tiscitàle (come tìscitu rispetto a dito) è rimasto fedelissimo alla voce originaria e chissà se non continuerà ad esserlo anche quando sarà coinvolto nel rischio di equivoco prospettato in vignetta e propiziato da quella che io chiamo “ignoranza generazionale reciproca” (la nonna non sa nulla di digitale in senso informatico, per la nipotina, molto probabilmente pure per sua madre, il ditale sarà un oggetto misterioso). E se la vignetta fosse, come temo, non avveniristica ma anacronistica di almeno trent’anni? Sento già qualcuno della mia età: “La seconda che hai detto”.
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1 Debbo rammendare questi calzini ma non sto trovando il ditale. Esmeralda, per caso l’hai visto?
2 Nonna, queste sono tutte cose digitali. Prendi quello che ti serve…
3 Dopo il modo di dire che mi ha ispirato il titolo, il noto proverbio: Tra moglie e marito non mettere il dito; io ho obbedito e qui ho messo il dito tra due sistemi di numerazione, quello binario (basato su 0 e 1) o digitale e quello decimale, che, per quanto riguarda i nomi (digitale/decimale), hanno come s’è visto, lo stesso etimo.
4 Du Cange, Glossarium mediae et infimae Latinitatis, Favre, Niort, 1883, pag. 116: DIGITALE Theca, in modum digiti confecta. Gloss. Gr,.Lat.: Daktiulèthra, Digitale. Acta inventionis S. Stephani Episcopi Calatini, in Sanctuario Capuano, ubi de articulo digiti manus benedictae, qui in Ecclesia Calatina asservabatur: Custodiebatur autem in sacrario sub Digitali argenteo modulo. Vide Digitabulum. (DIGITALE Contenitore modellato a forma di dito. Glossario greco-latino: Daktiulèthra, Digitale. Atti del ritrovamento di S. Stefano vescovo di Calatia, nel Santuario di Capua, dove circa l’articolo del dito della mano benedetta che si custodiva nella chiesa di Calatia: si custodiva inoltre nel sacrario sotto una custodia in argento a forma di dito. Vedi digitabulum)
E, nella stessa pagina, al lemma DIGITABULUM: Gloss. Lat. Gr. Digitale et Digitabulum, Daktiulèthra, id est, digitorum involucrum. Jaonn. de Janua: Digitabulum, instrumentum in quo digitus intromittitur, quod et Digitale dicitur. Apud Varron. lib. 1 De re rust. cap. 55 Digitale occurrit, ubi Scaliger ex MSS. Digitabulum reponendum scribit. (Glossario latino-greco Digitale e Digitabulum, Daktiulèthra, cioè protezione che avvolge le dita. Giovanni di Genova: Digitabulum, strumento nel quale viene inserito il dito, detto anche Digitale. Presso Varrone libro I De re rustica capitolo 55 ricorre Digitale, ma lo Scaligero ritiene di emendare con Digitabulum in base ai manoscritti)
5 Non c’è altra spiegazione, anche se la lingua spesso presenta nel comportamento, cioè nell’uso, le stesse incongruenze e stranezze che l’uomo rivela nella vita: non è raro il caso di varianti “inutili” dal momento che il contesto avrebbe facilmente consentito di evitare ogni equivoco e, sempre incongruentemente, quello opposto, cioè la mancata adozione di varianti laddove nemmeno il contesto consente di evitare fraintendimenti.