MAURIZIO NOCERA SULLE TRACCE
DEL GRANDE SHEAKSPEARE
di Paolo Vincenti
Figli, vostro padre uccidete/ La lama del tenente è un poemetto di Maurizio Nocera ispirato al noto capolavoro teatrale di William Sheakspeare, Giulio Cesare. In questo libro, edito nella copertinese collana “I quaderni del Bardo”, di Maurizio Leo (2004), Nocera si rifà al grande Bardo del Seicento ed al suo famoso dramma, mutuandone temi ed accenti, per svolgere, traendola dalla storia romana, una trama che invece ha del moderno e dell’universale.
Il tema è quello della tirannia che, da sempre, nega all’uomo il suo bene più prezioso, vale a dire la libertà, e quindi del tirannicidio, visto come unica via per ripristinare la situazione ante quem, cioè restituire ai cittadini i loro più elementari diritti, cancellati dall’oppressione dittatoriale. Solo che, come nell’alto modello di riferimento di Nocera, il tirannicidio, in questo caso, è anche parricidio, ed assume quindi una doppia valenza, fortemente simbolica, colorando con tinte ancora più fosche un quadro già di per sé tetro che, con pennellate forti e decise, l’autore del libro ha saputo comporre.
Maurizio Nocera, “questo vivace Sant’Antonio salentino”, come lo definisce Mario Lunetta, autore della “Presentazione” del libro, cala i fatti ed i personaggi del dramma nella nostra realtà contemporanea, volendo dare, con questi suoi versi asciutti, duri e veramente ispirati, un monito ai suoi lettori. E la lezione che emerge dalla lettura è quella di reagire a tutte le forme di oppressione che infestano le nostre moderne nazioni, anche quelle forme più subdole e striscianti che, proprio in quanto tali, non vengono percepite immediatamente ma che si insidiano come un cancro nel corpo di una democrazia, demolendone piano piano tutte le strutture portanti, se le democrazie non sono forti abbastanza, cioè se non hanno sviluppato col tempo immunodifese sufficienti a scongiurare il pericolo di un male tremendo, quale quello della dittatura.
Sulla copertina del libro, sotto il titolo, campeggia l’immagine di una lama che altro non è che il logo dell’azienda vitivinicola “Castel di Salve” di Depressa (Tricase), che l’autore ha chiesto di potere utilizzare perché, come spiega in seconda di copertina, “fu con un’arma bianca (la lama) che Cesare venne assassinato”.
La consumazione del dramma, nella parte finale dell’opera, viene svolta dall’autore con forte pathos e partecipazione emotiva e i suoi versi, quasi gridati, ci scuotono e ci danno la misura della drammaticità e dell’orrore su cui si basa il poema, un poema politico ma non meno lirico. E Nocera, definito “poeta civile” da Mario Lunetta, sa consegnarci uno scritto veramente interessante che, nella sua carica allegorica, non tradisce il suo scopo didascalico e la sua valenza erga omnes.
Dopo la conclusione del poemetto, dedicato “al popolo iracheno figlio della grande esperienza umana, alla sua dignità, al suo martirio”, compare uno scritto del 2000 di Rosanna Gesualdo, da S/Pulp Art Factory Industries, intitolato significativamente “Nemesi”, uno scritto di Salvatore Tramacere, dei “Cantieri Teatrali Koreja” di Lecce, e uno scritto di Antonio De Carlo, della “Cooperativa Scenastudio” di Lecce.
Il noto critico letterario Gino Pisanò, nel suo contributo, fa una accurata analisi del testo di Nocera, dal punto di vista stilistico oltre che tematico, mettendone in risalto punti di forza e limiti, e infine compare anche un testo di Maurizio Leo, del 2004, “In forma di poesia” , sempre sul dramma, ormai non più sheakspeariano ma del tutto noceriano. In quarta di copertina, troviamo una foto di un giovanissimo Maurizio Nocera, scattata da Antonio Verri. Insomma, senza scomodare Freud e la psicoanalisi, la Bibbia, la storia romana e la filosofia politica, ci sentiamo di consigliare vivamente la lettura di questo libretto.
(pubblicato su L’Ora del Salento 7 luglio 2007)