di Armando Polito
Nella mia risposta al pregevolissimo post di Gianni Ferraris È possibile trasformare l’arte e la cultura in PIL? del 4 settembre u.s., ironizzando su PIL, ho fatto cenno ad un mio lavoro sugli acronimi formulando la speranza che il sito offrisse ospitalità ad un estratto dell’originale. Se la mia speranza non è andata delusa, il lettore sappia che io sono un tipo che generalmente mantiene le promesse, ma soprattutto le minacce…
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1 Zio rincoglionito, lo sai che questo libro che abbiamo scritto insieme sta avendo un grande successo?
2 Gloria, non mi distrarre, perché devo compilare prima Unico, poi F24, poi devo telefonare all’FDB (si tratta dell’acronimo di un’azienda locale per la manutenzione degli impianti di riscaldamento, acronimo che non sciolgo perché pare che la pubblicità palese sia più grave di quella occulta…) perché domani deve venire l’ASEA (vale quanto detto per FDB) per controllare il BTZ (Basso Tenore di Zolfo, con riferimento agli oli combustibili usati negli impianti di riscaldamento urbani). Intanto passami un foglio formato A4…
Probabilmente il più grande progresso fatto dall’uomo nell’uso onesto del linguaggio consiste nella formulazione di frasi quanto più possibile sintetiche ma chiare, non suscettibili di interpretazioni difformi; è questa un’apparente involuzione che sembra percorrere il cammino inverso rispetto alle forme espressive dell’uomo primitivo di cui, naturalmente, non abbiamo le prove (è fantascientifico, a tal proposito, immaginare in un futuro più o meno lontano la possibilità di captare questi suoni imprigionati nell’ambiente in cui furono emessi, sempre che noi uomini del duemila siamo in grado di conservare intatto quell’ambiente a beneficio di chi potrà studiarlo forse meglio di noi?), ma che supponiamo composto sostanzialmente di articolazioni elementari, magari di carattere onomatopeico, cioè imitante i suoni e i rumori connessi col concetto da esprimere e col messaggio da mandare; poi, proprio come avviene nel bambino, sarebbe avvenuto il passaggio, attraverso la liberazione dall’imitazione e l’elaborazione personale, verso forme comunicative sempre più sofisticate, in grado addirittura (è quello che io chiamo uso non onesto del linguaggio, anche questo ben presto manifestatosi, secondo me, in epoca primitiva…) di mascherare i nostri reali stati d’animo, perfino le nostre emozioni e i nostri affetti. E’ indubbio, comunque, che un modo di esprimersi chiaro e sintetico è per sua natura vincente, non fosse altro perché non fa scattare nella mente di chi ascolta la prima pericolosa domanda:” Ma questo, che vuole dire?” e la seconda, fatale: “Ma questo, quando la finisce?”.
La sintesi va senz’altro bene, ma anche in questo campo il troppo storpia. Ne è una prova inconfutabile, con cui ognuno di noi in tutti i campi, da quello professionale a quello sentimentale, deve oggi fare i conti, la serie sterminata di sigle giornalmente impinguata da nuovi arrivi, sicchè non mi meraviglierei se fra qualche anno almeno i due terzi di ogni vocabolario fossero occupati proprio dalle sigle, dalle loro sorelle, le abbreviazioni, e dai loro fratelli, i simboli. E’ un fenomeno, direbbero i sociologhi, strettamente connesso con la rapidità che caratterizza il nostro tempo in ogni sua manifestazione e alimentato anche da quelle che un po’ troppo pomposamente vengono chiamate nuove tecnologie, telefonini e SMS (Short Message System) in primis, tutte accomunate dall’uso di un linguaggio (sono costretto mio malgrado a mediare un termine dal settore informatico) compattato.
Questa indagine non riguarda sigle che col tempo sono diventate nella coscienza dei parlanti, grazie anche alla loro gradevole pronuncia, vere e proprie parole, come laser (acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, amplificazione della luce mediante emissione stimolata di radiazioni ), sonar (acronimo di Sound Navigation And Ranging, navigazione e misurazione per mezzo del suono), radar (acronimo di Radio Detection And Ranging, radiorilevamento e misurazione di distanza ), tac (acronimo di Tomografia Assiale Computerizzata), totip (acronimo di Totalizzatore Ippico), auditel ( acronimo di Audience Televisiva), gulag (acronimo di glavnoe upravlenie lagerej, direzione generale dei campi di lavoro ), lego (acronimo di Leg Godt, gioca bene), lenci (acronimo di Ludus est nobis constanter industria, l’attività è per noi costantemente gioco), mig (acronimo di Mikojan Gurevič, nome dei progettisti di tale aereo)), quasar (acronimo di quasi stellar radio source, sorgente radio quasi stellare), terital (acronimo di terilenico italiano).
Questo lavoro non prende in considerazione nemmeno le sigle rimaste tali, alcune più o meno pronunciabili anche se evocanti realtà poco gradite [è il caso, tra i tanti, di IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) e ICI (Imposta Comunale sugli Immobili)], altre decisamente sgradevoli sul piano fonico (ricordo, per il mondo della scuola, ADESSPI (Associazione Difesa e Sviluppo della Scuola Pubblica Italiana), né quelle per le quali parrebbe che si sia proceduto all’inverso, adattando cioè, un nome gradevole e di senso compiuto a significare qualcosa di diverso, come in AFRODITE (Automated Forecasting Refined Outputs for Decision Inputs and Technical Evaluations, previsioni meteorologiche oggettive per finalità decisionali e valutazioni tecniche, programma per l’elaborazione computerizzata dei dati meteorologici per le previsioni del tempo), ENEA ( Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell’Energia Nucleare e delle Energie Alternative o European Nuclear Energy Agency), AIACE (Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai), ELISA (Enzyme Linked Immuno-Sorbent Assay , prova di immunoassorbimento legata all’enzima), BICE (Banca Internazionale per la Cooperazione Europea); non si tiene conto nemmeno di quelle sigle dagli esiti ridicoli (anche in rapporto alle istituzioni o fenomeni coinvolti), come CICCE (Comitato delle Industrie Cinematografiche della Comunità Europea), OPPI (Organizzazione per la Preparazione Professionale degli Insegnanti), FIFA (Fédération Internationale Football Association), FOFI (Federazione nazionale degli Ordini dei Farmacisti Italiani), FUORI (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), né di quelle che si prestano a scurrili allusioni onomatopeiche come PRA (Pubblico Registro Automobilistico) a facili giochi di parole italiane come, tra le altre, NAFTA ( North American Free Trade Agreement, accordo di libero scambio nell’America settentrionale o North Atlantic Free Trade Area, area di libero scambio nell’America settentrionale), LUCE (L’Unione Cinematografica Educativa, nome di una società di produzione cinematografica), IRA (Irish Republican Army, esercito della repubblica irlandese, organizzazione armata clandestina.), UNIRE (Unione Nazionale Italiana Incremento Razze Equine), UNICO (acronimo di Unificato compensativo, il modello per la dichiarazione dei redditi) o straniere come, tra le altre, FILM (Federazione Italiana Lavoratori Marittimi), FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei), Miss (nelle targhe automobilistiche e in usi burocratici: Mississippi), FAST (Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche; ricordo che fast in inglese significa veloce), FIRE (Fully Integrated Robotized Engine, motore robotizzato totalmente integrato, propulsore automobilistico di concezione avanzata per cilindrate intorno ai 1000 cc, prodotto dalla FIAT; in inglese fire significa fuoco), ESPRIT (European Strategic Program for Research and development in Information Technology, programma strategico europeo per la ricerca e lo sviluppo nella tecnologia dell’informazione; in francese esprit significa spirito), GAP (Gruppo di Azione Patriottica, nucleo di partigiani che praticava azioni armate nelle grandi città italiane durante la Resistenza; gap in inglese significa divario), LIP (Laboratorio d’Igiene e Profilassi) perfettamente in linea, questa volta, con l’omonimo noto detersivo, o, addirittura, dialettali neritine come, tra le altre, OPA (Offerta Pubblica di Acquisto; in dialetto neritino è il nome del pesce in italiano detto boga) o OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea; in dialetto neritino corisponde all’italiano oggi) oppure, e poi passo ad altro, riesumano ricordi in chi ha avuto dimestichezza con qualche lingua morta, come, per esempio, BIOS [Basic Input-Output System, sistema base input-output, serie di routine software che si attiva con l’accensione del computer; e fra l’altro βίος (leggi bios) in greco significa vita )], LUX (che nelle targhe automobilistiche e nell’uso burocratico sta per Benelux; lux in latino significa luce), ERASMUS (European community Action Scheme for the Mobility of University Students, progetto di un impegno comunitario a favore della mobilità degli studenti universitari; Erasmus in latino medioevale è il nome di Erasmo da Rotterdam, il maggiore umanista olandese, autore, fra l’altro dell’Elogio della Pazzia), AVIS (Associazione Volontari Italiani del Sangue; avis in latino significa uccello).
Qui esaminerò solo le sigle, ufficiali, che in italiano abbiano almeno due significati diversi, e, dopo aver detto che esse sono state tutte tratte dal Dizionario italiano De Mauro, Paravia, 2000, è facile immaginare da allora ad oggi quante altre ne siano nate e quale sia diventata nel frattempo la portata del fenomeno di cui si sta parlando; spiego la ragione di questa scelta.
Già con le parole normali aventi lo stesso suono ma diverso significato (gli omofoni) l’equivoco era in agguato, ma ora le possibilità di confusione risultano aumentate in modo esponenziale per una considerazione semplicissima: le sigle sono formate nella stragrande maggioranza dei casi da non più di tre fonemi ed è intuitivo che le combinazioni che si possono ottenere combinando in gruppi di tre le lettere dell’alfabeto sono di gran lunga inferiori quando i gruppi possono essere formati da più di tre fonemi.
Trascurando il caso di sigle facilmente confondibili per le differenze minime tra loro esistenti [alcuni esempi: ASCI (Associazione Scoutistica Cattolica Italiana) e ASCII (American Standard Code for Information Interchange, codifica standard americana per lo scambio di informazioni, sistema largamente usato per la codifica di caratteri alfanumerici e semigrafici nei personal computer); CIP (Comitato Interministeriale dei Prezzi), CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica o Confederazione Italiana della Proprietà Edilizia), CIPES (Comitato Interministeriale per la Politica Economica Estera) e CIPI (Comitato Interministeriale per il coordinamento della Politica Industriale)], soffermo la mia attenzione sulle sigle perfettamente simili, costituite cioè dalla stessa sequenza di fonemi.
Il risultato qual è? Che già oggi, ad esempio, ABC, tanto per cominciare, può valere come Atomico Biologico Chimico con riferimento ad un conflitto bellico, ma anche, con riferimento ad un settore ben più innocuo, American Broadcasting Corporation, compagnia americana di radiodiffusione; ABI può significare non solo Associazioni Bancaria Italiana, ma anche Associazione Bibliotecari Italiani, nonché Application Binary Interface, applicazione interfaccia binaria, insieme di istruzioni che individuano le procedure di interazione di un file eseguibile con l’hardware. Ti pare troppo che una sigla abbia tre significati diversi, sia pure grazie al contributo, fatale nell’era della globalizzazione, dell’onnipresente inglese? E allora, per giocare in casa (club a parte), che pensare di ACI, che è Automobile Club d’Italia probabilmente solo per gli automobilisti, per altri, volta per volta, significherà Azione Cattolica Italiana o Aero Club d’Italia o Associazione Cartografica Internazionale?
Talora la stessa sigla ha non quattro, come nel caso precedente, ma cinque sviluppi diversi, di cui alcuni ancorati allo stesso settore: è il caso di AFI che vale come Associazione Fonetica Internazionale o Alfabeto Fonetico Internazionale o (siamo ancora in tema) Associazione Fonografici Italiani, ma anche (e questa volta i temi sono completamente diversi) Associazione Filatelica Italiana o Associazione Felina Italiana.
E che dire di PM con i suoi nove, dico nove, possibili significati registrati nell’appendice A (che, per brevità, non riporto dal lavoro originale)? Anche qui l’intervento straniero si è fatto sentire con quattro interventi, sicché suscita un sentimento di patetica malinconia il pensare che Standa (Società Tutti Articoli Nazionali dell’Abbigliamento) era stata, fino al 1938, Standard, denominazione soppressa in omaggio alle leggi fasciste contro le parole straniere.
Nòmina òmina, dicevano i latini: i nomi sono presagi. Credo che questo concetto si possa estendere a tutte le parole in generale e, perché no?, anche alle sigle, che finiscono così per intraprendere una sorta di vita autonoma, emancipandosi nei confronti di chi le ha create e prendendosene beffa, sicchè quella che noi definiamo una pura casualità misteriosamente diventa fonte di verità.
Per essere concreto, continui a pensare che sia una pura coincidenza il fatto che RSU possa significare tanto Rappresentanze Sindacali Unitarie che Rifiuti Solidi Urbani?; che sia sempre una coincidenza se, in tempi in cui gli arbitri in buona fede dovrebbero andare a far pascolare il bestiame, AIA significhi tanto Associazione Italiana Arbitri che Associazione Italiana Allevatori ?; che in tempi, sempre per restare agli arbitri, in cui quelli disonesti dovrebbero andare in galera, CAN significhi tanto Commissione Arbitri Nazionali che Costo, Assicurazione e Nolo? Te la senti ancora, è il caso di dire, di menare il CAN per l’aia?
Continui a pensare pure che sia sempre dovuto al caso se, con la crisi attuale che manda in fumo tante compagnie aeree, ATI significhi tanto Aero Trasporti Italiani quanto Azienda Tabacchi Italiani?
Continui a meravigliarti che la Giustizia sportiva funziona male se pensi che CAF può significare non solo Commissione di Appello Federale, ma anche Centro di Assistenza Fiscale, anche Centro Aiuto Famiglie e, a livello internazionale, Coût Assurance Fret (costo, assicurazione e nolo, nel commercio marittimo)?
Ti scandalizzi che la scuola elementare, fino a pochi anni fa fiore all’occhiello dell’istruzione (tanto da riuscire ad ammortizzare il triennio fallimentare della scuola media e a consentire di accedere dignitosamente, campando nel frattempo di rendita, alla scuola superiore), oggi impegnata nella produzione di cartelloni, dvd, recite (e chi più ne ha più ne metta) sforna gente incapace di leggere e far di conto, se pensi che CDC può significare sì Consiglio di Circolo, ma anche Cooperativa Doppiatori Cinematografici?
E, per restare nel campo della finzione, perché te la prendi tanto con queste povere compagnie di assicurazione quando CID significa sì Convenzione di Indennizzo Diretto ma anche Cooperativa Italiana Doppiatori e SAI Società Assicuratrice Industriale ma anche Società Attori Italiani?
Qualche volta ti sembra, se sei un credente, che la Chiesa esageri in alcune sue posizioni oltranziste scagliando fulmini a destra e a sinistra? Ma lo sai o non lo sai che CEI significa Conferenza Episcopale Italiana ma anche Comitato Elettrotecnico Italiano?
Certo anche il mondo della politica (figurati!) suscita qualche sospetto quanto meno per conflitto di interessi quando, per esempio, vieni a sapere che CIPE significa Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica nonché Confederazione Italiana della Proprietà Edilizia.
A livello locale, poi, perché protestare se i cosiddetti servizi sociali sono serviti solo a creare posti di lavoro clientelari e non per prestare assistenza ai meno abbienti, proprio come è successo a livello internazionale, sicchè nessuna differenza in concreto c’è tra ECA intesa come Ente Comunale di Assistenza o come Economic Commission for Africa?
Riesci ora a capire perché la ricerca in Italia fa acqua da tutte le parti? Puoi forse pretendere di più da un CNR che vale sia come Consiglio Nazionale delle Ricerche che come Cantieri Navali Riuniti?
L’importanza primaria, poi, che lo sport assume nel nostro esilarante paese è riassunta in CNS che significa Consiglio Nazionale per la Sicurezza, ma, soprattutto, Centro Nazionale Sportivo: c’è proprio da stare sicuri e tranquilli!
Che dire, ancora, dell’onestà dei magistrati se CPP vale come Codice di Procedura Penale ma anche come Comitato Provinciale Prezzi? E allora, ha ragione qualcuno quando dice che i magistrati se non sono politicamente prevenuti sono senz’altro calcolatori o pazzi! Come si fa a negarlo se GIP è Giudice per le Indagini Preliminari ma anche Gruppo di Impegno Politico (naturalmente a sinistra, secondo Silvio), se UMI è Unione Magistrati Italiani ma anche Unione Monarchica Italiana (con infiltrati di sinistra, sempre secondo quel qualcuno) e Unione Matematica Italiana, e se CSM è Consiglio Superiore della Magistratura ma anche Centro Salute Mentale?
Pensi, per restare nel tema, che le carceri siano indenni da fenomeni di questo tipo e che sui detenuti, soprattutto su quelli più pericolosi, siano state predisposte idonee misure di vigilanza anche con personale all’altezza della situazione? Nemmeno per sogno, dal momento che DAP è Dipartimento Amministrazione Penitenziaria nonché, in psicologia, Disturbi da Attacco di Panico.
Non si salvano nemmeno i miei migliori amici, gli animali, dal momento che SPA (Società Protezione Animali) non può certo competere con Società per Azioni; e poi, anche se non c’è la concorrenza esterna, c’è sempre quella interna a complicare le cose: infatti, ENCI significa Ente Nazionale Cinofilo Italiano ma anche Ente Nazionale per il Cavallo Italiano: roba da cani e da far venire una febbre da cavallo!
E che dire, per non trascurare gli umani, dei poveri ciechi? Come UIC (Unione Italiana Ciechi) può sperare di venir fuori dalle ombre sovrastanti dell’Ufficio Italiano dei Cambi e (tanto per non cambiare!) dell’Ufficio Internazionale dei Cambi?
Vuoi sapere come vanno le cose con l’assistenza sanitaria? Tranquillo, cè il FASI: l’unico inconveniente è che significa non solo Fondo Assistenza Sanitaria Integrativa ma anche Federazione Arrampicata Sportiva Italiana e sto già pensando a quanti metaforicamente si sfracelleranno prima ancora di arrivare in vetta.
A questo punto ti chiederai se non c’è un settore indenne da questi pericoli, per esempio, quello delle banche. Ma come fai a pensare che quello delle banche sia un settore serio quando FIB significa sì Federazione Italiana Bancari, ma, e qui casca l’asino del risparmiatore, anche Federazione Italiana Bridge, Federazione Italiana Bocce e Federazione Italiana di Baseball Dilettanti?
Ecco perché le Poste funzionano così male, dirai ora tra te e te. Bravo, stai facendo progressi giganteschi!
Infatti FIP non è solo Federazione Italiana Postelegrafonici ma anche Federazione Italiana allacanestro (il solito vizietto del gioco), Federazione Italiana della Pubblicità (così si possono raccontare balle agli utenti sulla celerità ed efficienza del servizio), ma anche (un po’ di esotismo non guasta) Fédération Internationale Pharmaceutique (così c’è un guadagno anche sui farmaci che l’utente deve prendere per darsi una calmata dopo che il suo pacco è andato smarrito) e, visto che si tratta di Poste e i francobolli ne sono in un certo senso il simbolo, Fédération Internationale de Philatélie (i pezzi più preziosi risalgono a fine Ottocento e riguardano l’affrancatura di numerosissimi pacchi allora, come ora, mai consegnati ai legittimi destinatari). Sempre a proposito delle Poste e della professionalità dei relativi operatori, era legittimo supporre che il CAP (Codice di Avviamento Postale, ma anche Centro di Addestramento professionale) avrebbe migliorato il servizio?
E che cosa dovrebbero dire i poveri servizi segreti con la loro SIM che sta non solo per Servizio Informazioni Militari (fin qui tutto regolare) ma anche (e qui cominciano le dolenti note) per Società Internazionale di Musicologia, Società d’Intermediazione Mobiliare, Società Italiana di Malacologia, Stato Imperialista Multinazionale (nel linguaggio delle Brigate Rosse, e questo è il colmo!) e, infine, Subscriber Identity Module (scheda d’identità dell’abbonato alla telefonia mobile GSM)?
Come fai a credere che possa esistere un giornale libero quando vieni a sapere che GEPI è Gestione Editoriale Periodici Italiani, ma anche Gestione Esercizio Partecipazioni Industriali?
Rari sono i casi in cui ambiguità non significa inefficienza, anzi, a dire il vero, ne conosco solo uno: quello dell’ABS (che come Antiblockiersystem, sistema frenante antibloccaggio, sembra, per la sua affidabilità, non risentire della concorrenza di Acrilonitrile Butadiene Stirene, materia plastica di grande tenacità e brillantezza usata per fabbricare oggetti di arredamento, giocattoli e simili).
Qualche volta, comunque, si manifesta un inaspettato pudore e un’altrettanto inaspettata assunzione diretta di responsabilità: è il caso della SIP (Società Italiana per l’esercizio delle telecomunicazioni) che, stanca di confondere la sua inefficienza con quella della Società Idroelettrica Piemonte, del Sindacato Italiano Periti, della Società Italiana di Parapsicologia e della Società Italiana di Pediatria, decise a suo tempo di passare a miglior vita e ora, come sai, c’è TELECOM (Tariffe Elevate Liberamente E Con Ogni Mezzo) che, al momento, non condivide la sua sigla con nessuno, ma le tariffe sì, collocate in quella sorta di giungla di offerte in cui ogni gestore, con l’alibi della libera concorrenza e della personalizzazione del servizio, si guarda bene, grazie anche alla connivenza di chi dovrebbe impedire tutto questo, dal proporre almeno un pacchetto comune di servizi su cui il povero utente possa attuare, senza rischiare la fusione del cervello, la sua valutazione e, quindi, operare la sua scelta consapevole; ecco come la libera concorrenza è diventata cartello e la personalizzazione del servizio una personale presa per il culo. Chiudo questa serie di riflessioni invocando un minimo di rispetto almeno per la scienza e chiedo che MIT continui a significare solo Massachusetts Institute of Technology e che Movimento Italiano Transessuali vada a cercarsi un’altra sigla.
Naturalmente anche io, abbandonando per un attimo la consueta ironia, rimango convinto che tutto ciò sia frutto del caso, ma non posso fare a meno, soprattutto pensando a quanti altri casi analoghi mi saranno sfuggiti, a quanti altri stanno nascendo e a quanti nasceranno proprio mentre scrivo queste righe, di provare un senso di inquietudine, da cui nascono considerazioni e proposte:
1) Le parole, per fortuna, non sono, almeno per il momento, sottoponibili a brevetto (escluse quelle riferentisi ai cosiddetti marchi depositati) nè si può ipotizzare che, in un mondo già soffocato da una burocrazia sovente idiota ed idiotizzante, da leggi e leggine che paradossalmente minano alla base la certezza del diritto, lo siano le sigle; tuttavia, almeno una loro semplice registrazione andrebbe fatta per ciò che sto per dire nel punto successivo.
2) E’ evidente che nella creazione delle sigle non viene eseguito il controllo più elementare, quello avente il fine di verificare se ciò che si è appena partorito già esiste, pur significando qualcosa di diverso. Il registro proposto nel punto precedente consentirebbe un controllo rapido, con obbligo, però, di depositarvi immediatamente la nuova eventuale sigla se si vuole evitare che, nelle more, qualcun altro arrivi con la sua brava creatura identica alla nostra e ci bruci sul tempo, perché, come dice un detto antico, chi tardi arriva male alloggia, anzi in questo caso non dovrebbe alloggiare proprio.
3) Altrettanto evidente è che nella formulazione delle sigle non vengono usati criteri uniformi e regole ben precise, tant’è che addirittura in alcuni casi come componente compare anche l’articolo, che, magari, risulta assente in altri in cui la sua presenza avrebbe reso più facilmente leggibile (questo vale per gli articoli il e i) la sigla stessa, interrompendo una serie eccessiva di consonanti.
4) Naturalmente l’obbligo del controllo e della registrazione di cui ho detto nel precedente punto 2 deve essere a carico dello staff burocratico di turno che da tempi immemorabili ha contribuito a rendere così confusa la nostra vita: è l’unico modo che, probabilmente, il comune cittadino ha di tarpare le ali della sua fantasia (?) perversa, facendogli imparare a proprie spese quanto è asservente la formalità quando essa è vuota e facendolo cuocere, come dice un altro detto antico, nel suo stesso brodo.
L’appendice B, invece, che non riporto per lo stesso motivo di prima, contiene le abbreviazioni più comunemente e correntemente usate nell’invio degli SMS; qui, data la mia idiosincrasia per telefoni, telefonini e connessi (il che non significa ripudio per le nuove tecnologie, tant’è che ritengo, modestia a parte, di saper usare sufficientemente il computer), non avendo una cultura adeguata sull’argomento, sono ricorso con piacere alla preziosa collaborazione della mia nipotina Gloria.
Il linguaggio degli SMS rispetto alle sigle, al di là della costante omissione di segni semanticamente non determinanti (in primis gli articoli), sembra obbedire ad una codificazione più rigida, i cui punti più significativi sono: l’eliminazione delle vocali, la resa grafica del gruppo –ss– con –x– e del gruppo ch con k, la rappresentazione del gruppo per e della parole più, meno, uguale, diviso e sei con i corrispondenti simboli matematici, l’eliminazione, per le parole più lunghe, della parte finale o delle ultime sillabe (num per numero, raga per ragazza/ragazzo, rica per ricarica, canc per cancellare, etc.) ; a ben pensarci, è in parte una rielaborazione inconsapevole del linguaggio inventato nel primo decennio del 1900 dai Futuristi, solo che questa volta mi sembrerebbe ridicolo, dopo il fallimento di allora, se qualcuno volesse, a proposito degli SMS, manifestare velleità artistiche; è proprio il caso di dire niente di nuovo sotto il sole!, soprattutto se si pensa che prima ancora dei Futuristi il linguaggio sintetico era stato introdotto nel telegramma quale traduzione del messaggio inviato in alfabeto Morse col telegrafo e che, prima ancora dell’avvento del telegrafo, in un certo senso il primo telegramma della storia era già nato: il famoso veni, vidi, vici (son venuto, mi son reso conto della situazione, ho vinto) con cui Cesare, secondo la testimonianza dello storico Plutarco (I° secolo d. C.) nel suo Detti di Cesare, più di duemila anni fa annunziò a Roma la vittoria a Zela su Farnace re del Ponto.
Permangono per gli SMS i rischi di confusione già evidenziati per le sigle, anche se nei messaggi più lunghi e che fanno uso di vocaboli non comunissimi le poche abbreviazioni presenti, grazie al contesto, risultano comprensibili pressochè immediatamente (?). Ciò che mi preoccupa maggiormente, però, data la enorme diffusione del fenomeno non solo presso i giovanissimi, è che si instauri un condizionamento espressivo collettivo che alimenti non solo, com’è già avvenuto, dotte disquisizioni sociologiche e, sicuramente meno pallosi di queste, sketch televisivi e non, ma fossilizzi negli adulti e freni nei giovanissimi l’acquisizione di quelle abilità espositive ed argomentative che, a detta degli osservatori, complici un mondo in cui l’immagine è l’elemento dominante e una scuola che nulla fa per ridimensionarne l’importanza, si attestano su un livello medio decisamente basso.
Mi auguro, comunque, che quest’ultimo linguaggio non sostituisca nemmeno parzialmente quello che gli umani ancora usano per la loro comunicazione anche telefonica in senso puro (non tramite SMS), perché, al di là dei possibili rischi di una nuova Babele che riguarderà questa volta non i popoli ma i singoli individui, avremo un’umanità che per esprimersi userà articolazioni molto più vicine a grugniti, sibili, singhiozzi, erutti e scorregge che a parole, un’umanità molto simile a quella primitiva, con la differenza, e non è cosa di poco conto, che i primitivi sicuramente riuscivano a trasmettersi pensieri e sensazioni con rozze articolazioni (tanto da essere in grado, col trascorrere del tempo, di elaborare un linguaggio sempre più sofisticato), mentre la nuova (si fa per dire) umanità sprofonderà nel baratro dei suoi rumori incomprensibili in un processo di involuzione irreversibile che ci collocherà nel regno animale nel posto che ci compete, cioè dopo quello fin qui occupato, per nostra presuntuosa deliberazione, da quei nostri compagni di viaggio, che, nella nostra orgogliosa stupidità a caccia di idiote etichette distintive, chiamiamo bestie; perché loro continueranno a capirsi, noi no…