Piccoli seminaristi crescono (IV parte)

 

LA DISCIPLINA NEL SEMINARIO DI NARDO’ NEL PERIODO 1960-1965 (Quarta parte)

di Alfredo Romano

Per ogni azione della giornata, per ogni pensiero, oserei dire, c’era una regola. Avevamo il privilegio della ‘vocazione’, eravamo stati chiamati per evangelizzare, eravamo dei prediletti scelti tra tanti. Non perché avessimo particolari attitudini: semplicemente i piani del Signore erano imperscrutabili. Privilegiati sì, ma la chiamata comportava di essere messi alla prova, sicché tutto bisognava sopportare, fosse anche un ingiusto rimprovero o una punizione inflitti da un superiore: era una prova della tua resistenza, dell’essere stato degno della ‘chiamata’.

Il rispetto del regolamento era la prova per eccellenza. Il Seminario Vescovile di Nardò aderiva al Regolamento per gli alunni dei pontifici seminari regionali d’Italia, opuscolo edito dalla Tipografia Poliglotta Vaticana nel 1950 (ristampa), regolamento per seminaristi dai 17 anni in su applicato, nel nostro caso, a ragazzi dagli 11 ai 16 anni.

Custodi del regolamento erano i superiori cosiddetti disciplinari: il rettore don Vincenzo Calcagnile e i vice rettori don Antonio Giaracuni e don Giorgio Crusafio. A questi si affiancavano il prefetto e il vice prefetto, che erano dei compagni più grandi di V e IV ginnasio. Poi c’era don Raffaele Mastria, il “superiore” della nostra anima cui confidare le nostre pene e le marachelle in confessione. Altre due figure che comparivano tra i superiori: l’economo don Aldo Garzia [futuro vescovo di Nardò] e don Gino di Gesù, altro confessore oltre al padre spirituale.

I superiori disciplinari erano uomini del loro tempo e non ci si poteva aspettare da loro se non l’applicazione di una rigida disciplina cui anche ragazzi di 11 anni dovevano sottostare. A quel che raccontavano essi stessi poi, i loro anni di seminario erano stati ancora più duri rispetto a quelli nostri, sia per la disciplina, sia perché segnati dalle ristrettezze economiche della guerra e del dopoguerra.

Erano, i superiori, degli educatori, ma educatori improvvisati che non avevano avuto alcuna formazione in proposito. Era il vescovo che incaricava questo o quel sacerdote a svolgere il loro esercizio in seminario. I vice rettori spesso erano dei sacerdoti novelli che dovevano farsi le ossa in seminario prima di ottenere un incarico in parrocchia. Non tutti erano contenti dell’incarico, ma si sa che i sacerdoti professavano il voto di obbedienza al proprio vescovo e perciò non potevano rifiutare (i monaci, invece, oltre all’obbedienza avevano anche quello di povertà e di castità).

Nel regolamento tutto era previsto, eccovi alcuni scampoli estratti dai capitoli.

 
 
INTRODUZIONE ALLA PIETÀ

Gli alunni cercheranno soprattutto di crescere di giorno in giorno nella devozione al SS.mo Sacramento dell’Altare e alla Vergine Santissima. E poiché il mondo, oggi più che mai, va in cerca di godimenti, gli alunni si renderanno familiare la meditazione della Passione di N.S.G.C. e il pio esercizio della Via Crucis.

PRATICHE QUOTIDIANE, ART. 1. La mattina, appena svegli, eleveranno la mente e il cuore a Dio; al suono della levata, fatto il segno della Croce, si alzeranno prontamente, vestendosi con modestia.

PRATICHE SETTIMANALI, ART. 11. Si accosteranno tutte le settimane al Sacramento della Penitenza.

PRATICHE MENSILI, ART. 14. Si farà in un giorno determinato il ritiro, con opportune prediche, istruzioni, e alcune ore di raccoglimento perché ciascuno esamini più accuratamente la propria coscienza e prenda le risoluzioni più efficaci per correggere i difetti ed avanzare nelle virtù.

PRATICHE ANNUALI, ART. 16. Nell’epoca che i Superiori crederanno più conveniente si terrà un corso di Esercizi Spirituali di almeno cinque giorni interi consecutivi [tre in verità, ndr.].

LO STUDIO, ART. 22. Accederanno alle aule scolastiche e ne usciranno in silenzio e ordinatamente; nelle aule stesse conserveranno il silenzio anche quando il Professore non fosse ancora entrato. Entrando il Professore si alzeranno in piedi, quindi diranno devotamente la breve preghiera che deve precedere ogni lezione. ART. 27. Nessuno durante il tempo di studio potrà conferire con un compagno, senza averne ottenuta licenza dal Prefetto, previa esposizione del motivo. ART. 30. È proibito ai seminaristi di tenere e leggere giornali: saranno soltanto permessi alcuni periodici e riviste di indole religiosa (stampa missionaria, Liturgica, di Azione Cattolica) secondo il giudizio del Rettore, il quale nella sua prudenza provvederà a informare gli alunni dei principali avvenimenti del giorno.

LA DISCIPLINA, ART. 39. Ad ogni seminarista viene assegnato un posto in Cappella, in scuola, in studio, in refettorio, in dormitorio, nelle file; il posto può essere mutato dai Superiori per promuovere la mutua carità. ART. 41. Si darà massima importanza al silenzio nei luoghi e nei tempi prescritti, perché il silenzio è un grande aiuto al raccoglimento, un esercizio salutare di mortificazione e di dominio di sé, oltre ad essere quanto mai atto a conservare la pace e la pietà, a favorire il progresso negli studi ed a schivare molte occasioni di turbamento. Il silenzio è prescritto nelle scuole, nello studio, in dormitorio, in refettorio… e sempre quando si procede ordinati i fila, per le scale e nei corridoi, nell’entrare ed uscire collettivamente. Art. 42. È sempre proibito schiamazzare, zufolare, cantare canzoni profane, parlare in dialetto: in ogni occasione si usi la lingua italiana. Il seminarista tenga sempre un contegno dignitoso, cortese ed ilare.

DOVERI VERSO I SUPERIORI, Art. 47. I seminaristi riguardino tutti i Superiori come rappresentanti di Dio e come grandi benefattori, che provvedono con premurose sollecitudini e sacrifici al loro bene…: si astengano dal giudicarli, e molto più dal criticarli. Art. 52. Accetteranno con umiltà le osservazioni, i rimproveri, i dinieghi dei Superiori, ben persuasi che essi non hanno di mira altro che il loro maggior bene. Art. 53. La corrispondenza, tanto in arrivo che in partenza, deve essere veduta dal Rettore o dal Vicerettore: perciò gli alunni riceveranno e consegneranno le lettere aperte. Art. 54. Spedire lettere o riceverne senza che passino per le mani del Rettore o Vicerettore, è considerato mancanza grave.

DOVERI VERSO SE STESSI. Art. 56. Ogni seminarista rispetterà se stesso come immagine di Dio e tempio vivo dello Spirito Santo, osservando la più grande modestia in compagnia degli altri e da solo, in Seminario e fuori.

DOVERI VERSO I COMPAGNI, art. 63. Sono assolutamente da proscriversi le parole equivoche o poco corrette, le ingiurie, gli alterchi, gli scherzi inurbani, i motteggi, ed ogni altro atto che possa recare offesa a un compagno.

DOVERI VERSO GLI ESTRANEI, art. 70. Le visite ai seminaristi saranno permesse d’ordinario una volta la settimana… [a dire il vero una domenica al mese era riservata al ritiro spirituale, quindi niente visita parenti, ndr.]. Art. 72. In parlatorio i seminaristi si tratterranno soltanto con le persone per cui furono chiamati.

IN REFETTORIO, ART. 78. Gli alunni entreranno in refettorio ordinatamente e in silenzio: preso il proprio posto, reciteranno insieme la preghiera. ART. 79. A tavola ognuno procuri di consumare, senza apprezzamenti, quello che la Comunità somministra.

IN RICREAZIONE, ART. 91. Si evitino le mormorazioni e le critiche, le parole di ira o di disprezzo verso gli altri, le espressioni che mettono in evidenza la propria persona, qualunque discorso meno corretto e narrazione o rilievo poco edificante, ogni leggerezza e imprudenza nel parlare: così pure tutto ciò che anche lontanamente tenda a diminuire la stima della pietà e della virtù o il rispetto dovuto alle cose sacre.

IN DORMITORIO, ART. 94. In dormitorio [camerata, ndr.] si osservi rigoroso silenzio…

A PASSEGGIO, ART. 101. Fatta la preghiera, partiranno dal Seminario in fila e in silenzio: usciti dal Seminario, potranno parlare moderatamente; fuori dalle vie frequentate della città, potranno anche, al cenno del Prefetto, rompere le file. ART. 102. Durante il passeggio non è permesso fermarsi a parlare con estranei e fare acquisti, né sostare dinanzi a negozi o a manifesti, né entrare in case private, né per qualsiasi motivo allontanarsi dagli altri. ART. 103. Per via si tenga un contegno decoroso, modesto ed edificante, non si manchi di rispetto a chi si incontra, non si risponda ad eventuali motteggi e scherzi dei passanti.

IN INFERMERIA, ART. 108. Il seminarista infermo procurerà di essere paziente e santamente rassegnato alla volontà del Signore, ritenendo che, come è dono di Dio la sanità, sono ugualmente doni di Dio le malattie… ART. 112. L’ammalato non può essere visitato da estranei… [s’intendevano i parenti, ndr.]. ART. 13. Nessuno può recarsi presso i compagni degenti in infermeria…

NORME PER LE VACANZE IN FAMIGLIA, ART. 120.  …adopereranno tutte le necessarie ed opportune cautele per conservare il buono spirito appreso in Seminario; in particolare saranno religiosamente fedeli alle consuete pratiche di pietà (preghiere del mattino e della sera, S. Messa, meditazione, visita al Santissimo, lettura spirituale, esame di coscienza, Rosario, Confessione settimanale, Comunione frequente) e dedicheranno quotidianamente qualche ora allo studio.

Oltre al regolamento, una volta la settimana, di domenica alle ore 10, il rettore teneva in studio ai seminaristi una lezione sulle norme di galateo tratte da “Il piccolo galateo: ammonimenti e precetti di buona educazione proposti ai chierici”. Rovigo, Istituto Padano di Arti Grafiche, 1955. Le norme spaziavano dall’igiene della persona all’igiene del cibo, all’igiene dello studio, all’igiene dell’esercizio fisico, a come comportarsi a mensa, alla corrispondenza epistolare, ecc. Non c‘era azione quotidiana che non fosse compresa nelle norme del regolamento e del galateo. E il pensiero? Come tenere a bada quel che ti frullava nella testa? Come schivare un’idea, un’intenzione, un timore, un’inquietudine, un cruccio, un rovello, un desiderio, un capriccio, una voglia che ti colpivano a sorpresa? Ecco, è da questi pensieri che dovevi guardarti perché ti assalivano a tradimento e Dio, la Madonna, il Paradiso intero, tutti lì a spiare quel che pensavi, quel che facevi, quel che non facevi… Non c’era scampo. Non si era prigionieri delle mura del Seminario, a quello ci si abitua pur di vivere (lo sanno i carcerati), è la mente che era stata imprigionata, il divagare del pensiero. Il sogno.

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