Francesco Paolo Oreste
Mi sono visto di spalle che partivo
Pensa Multimedia
di Maria Rosaria Esposito
Non ho mai capito se scrivere, per gli scrittori, sia malattia o
convalescenza; “il vizio assurdo” lo definiva Pavese, per sottolineare
lo spirito, la spinta patologica. Per Francesco Paolo Oreste pare sia
la direzione verso un fine di scoperta, di ricordi, di luce, di
verità.
Lui, poeta perduto nei perché e nei però, le sue parole che fulminano
il cuore, fanno intravedere molto della sua anima e ci restituiscono
l’idea di un uomo che sa leggere dentro di sé, nonostante i ricordi
che, “come i sogni danno sempre la sensazione di aver perso qualcosa”.
Il libro è un viaggio, nel reale, nel quotidiano, un viaggio che
percorriamo insieme con l’autore e con la sua brama di “scrivere,
scrivere”… ed allora intinge la penna in un caffé, e scrive, scrive
sui sottobicchieri nei pub, sui biglietti del treno, su mezzi
foglietti, su vecchi quaderni, su vecchi pensieri….
A volte le parole colpiscono come un nervo scoperto, feriscono come
una lama: il protagonista è la realtà, quella interiore, e il confine
tra letteratura e vita vissuta sfuma, fino a diventare
irrintracciabile.
I personaggi del libro spesso sono inanimati, inusuali, scomodi e
questo spinge il lettore alla rilettura di ciascun racconto, per
cercare dettagli, sfumature, ritmi che, a una prima lettura,
apparivano non visibili.
Tante possono essere le sensazioni che si provano nello scorrere le
parole del libro: la suggestione di sentire ciò che sente l’autore
nello stesso identico modo in cui lo descrive, la voglia di fuggire,
di scappare da un territorio martoriato forte quanto la speranza, che
raccoglie luce e sogni.
Quello che mi ha colpito, sin dalla prima frase, dalla prima sillaba,
è la musica delle parole, il ritmo che cambia così come cambiano le
storie, ritmo che si fa frenetico per la brama di scrivere, cupo per
la delusione di una realtà troppo diversa da quella desiderata, musica
che si fa tenera mentre nel guardare il mare, calda per il fuoco sotto
la cenere, le note scorrono via insieme con le parole, ancora più
forti se si legge nel silenzio esterno.
Un’opera, in tutti e per tutti i sensi, che lascia traccia, negli
occhi, nelle orecchie, nel cervello e che non scivola più via…