di Rocco Boccadamo
Piccoli sussulti insoliti arrivano a sgorgarmi, aventi al centro una donna, ancora nella stagione bella della vita coi suoi quaranta, amorevolmente contenta, in certo qual modo se non specialmente appagata – in armonia con i cieli, le costellazioni, i sentimenti e le usanze all’epoca dominanti – per via d’una squadra di sei figli partoriti in casa.
Carattere buono, mite, generoso, disponibile, giammai una parola di troppo o accenni d’insofferenza, che mamma, che dolcezza di mamma!
Porte di casa sbarrate ai malanni, solo qualche dolore di schiena e, a tratti, fastidiose irritazioni alle mani a causa dei tanti bucati, piccoli e grandi, fra sapone, lisciva e cenere per naturalissimi detergenti e sbiancanti, con l’ausilio di capienti tinozze fumanti d’acqua bollente e poi di braccia e di gomiti protesi su lignei “lavaturi”, nella pila lapidea appoggiata al muro del cortile.
Una mattina, all’improvviso, durante una breve pausa di solitaria tranquillità domestica, ella si trovò inopinatamente ad avvertire che qualcosa l’aveva aggredita, come se un subdolo mostro senza volto le fosse penetrato dentro.
In quei tempi lontani, quando l’esistenza era vestita di semplicità, i drammi, specialmente se imprevisti, assumevano le sembianze di autentiche calamità, lasciando attoniti gli animi di quanti rimanevano coinvolti o sfiorati.
E però, nella donna, prevalse, o per lo meno si palesò in prima linea, la serenità, l’accettazione del fatto nuovo, dell’incognito.
Fu l’occasione per l’ingresso, prima volta, nel presidio ospedaliero della zona, ai fini, diciamo così, d’un sopralluogo, d’una prima ricognizione sul corpo.
In tale luogo di cura, prestava da poco servizio un giovane infermiere, il quale, accanto alle capacità professionali, sembrava sprigionare una spiccata, evidentemente innata, disponibilità.
Trascorse poche ore, il ritorno a casa, l’attesa.
Di lì a poco, dovette purtroppo seguire un altro lungo tragitto d’incertezza e insieme di speranza, avente per oggetto l’espletamento di attività di cura più cospicue, finalizzate a porre rimedio al “brutto incontro” col mostro.
L’epilogo della vicenda occorsa alla giovane donna nell’estate della propria vita è stato purtroppo triste. Sono quarantaquattro anni che ella se n’è andata, sebbene, a dire il vero, per qualcuno è ancora sempre vicina e presente.
Così che, il di lei viso affettuoso s’affaccia discreto e sorridente anche in ogni circostanza d’incontro, per strada, lungo la litoranea, di fronte al mare azzurro, con il giovane infermiere di tanto tempo fa, il quale ormai veleggia intorno agli ottanta e, tuttavia, appare sempre fresco, disponibile e generoso d’animo: la reazione spontanea è d’indirizzargli un rosario di “grazie”.
L’autore di queste righe si scusa per aver voluto così dedicare un piccolo pensiero di ricordo alla propria genitrice.