di Armando Polito
La stamègna, lemma che, stranamente, non compare nel Vocabolario dei dialetti salentini del Rohlfs, indica a Nardò, da tempi remoti, il panno di tela rozza con cui i pochi casari nostalgici della tradizione ancora oggi colano il latte cagliato. La voce è variante dialettale dell’italiano stamìgna che nel Dizionario italiano De Mauro è riportato come termine tecnico-specialistico tessile, ad indicare un tessuto di lana sottile e rado, ma molto resistente, usato specialmente per colare e setacciare. Il detto dizionario registra anche il significato obsoleto di veste mortuaria, reca come anno di nascita del termine il 1182 e fa derivare la voce dal latino medioevale stamìnea(m), derivato di stamen=stame.
Debbo però dire che la derivazione riguarda solo l’aspetto formale, non quello semantico, dal momento che nel Glossario del Du Cange alla voce stamìnea leggo: ”Lanea interula, seu camisia, qua Monachi quidam vice cilicii utebantur: nam Benedectinis lineas camisias ìnterdixit Innocentius III” (Maglia o camicia di lana usata da certi monaci invece del cilicio: infatti Innocenzo III proibì ai Benedettini le camicie di lino); perciò il passaggio dal significato di tessuto di lana ruvida a quello di panno per il filtraggio è sicuramente posteriore al tempo del papato di Innocenzo III (1198-1216).
Mi pare opportuno aggiungere, con un tuffo nel passato, che stamen, derivato dal verbo stare, è in connessione parallela con il greco σταμίς (leggi stamìs) o σταμίν (leggi stamìn) (attestato solo al plurale nel senso di travi verticali della carena della nave, a sua volta dal verbo ἵστημι (leggi ìstemi)=far stare=collocare, stare fermo); noto pure che la diffusione della voce nell’area neolatina è limitata, oltre che all’Italia, solo alla Spagna con estamena, dal momento che bisogna attendere il 1908 per la nascita del francese étamine.
Stàmina è il nome dato alla fine degli anni ’90 dalla Sony (giapponese!) ad un modello di batterie per le telecamere di sua produzione, batterie caratterizzate (almeno nella pubblicità…) da una durata d’impiego decisamente superiore al normale. La voce in italiano è un termine tecnico specialistico del mondo sportivo, indica (cito sempre dal De Mauro) la capacità di produrre uno sforzo intenso e prolungato, deriva dall’inglese stàmina=resistenza, a sua volta dal latino stàmina, plurale di stamen. Perciò, se i possessori di teecamere Sony hanno problemi di batteria, ora sanno con chi devono prendersela: non con i giapponesi, non con gli inglesi, ma con gli antichi romani…1
Staminàle è presente nel citato dizionario come sostantivo, termine tecnico-specialistico della marina, ad indicare nelle imbarcazioni in legno la parte comprendente gli scalmi più bassi, con maggiore curvatura, data di nascita il 1607, dal greco stamìn=trave col suffisso -àle e come aggettivo, termine tecnico-specialistico della botanica, nel senso di relativo allo stame, data di nascita il 1927, dal latino stamen=filo, stame, col suffisso -àle. Faccio notare come, al di là della rispettiva derivazione dal greco e dal latino, che immagino proposta per motivi non esclusivamente semantici (in altri termini, siccome il sostantivo si riferisce al mondo marinaro, deriverebbe dal greco, siccome l’aggettivo si riferisce al mondo botanico, deriverebbe dal latino), è certo che staminale è partecipe delle stesse connessioni etimologiche di stamìgna e di stàmina.
Le tre voci riportate nascono, dunque, dal concetto semplicissimo e fondamentale, quello dello star fermo, del sostegno, evolutosi poi per staminàle verso i significati concreti di trave e filo (con riferimenti, rispettivamente al mondo marinaro e a quello tessile, e, per quest’ultimo, nel caso del neritino stamègna con ulteriore passaggio al mondo lattiero-caseario), per stàmina verso il significato di cosa resistente con riferimento prima al mondo sportivo e poi a quello dell’elettronica), ma staminàle in particolare sembra continuare questa vocazione tecnico-specialistica nel recente nesso cellule staminali che, sottintendendo il sostantivo secondo una procedura antica oggi influenzata dalla velocità e dalla tendenza all’abbreviazione tipiche del nostro tempo, è ormai diventato un sostantivo usato solo al plurale, le staminali.
Ho dedicato la mia attenzione a stamègna e ai suoi ascendenti e discendenti, ignorando volutamente tanti altri compagni di viaggio presenti nella lingua nazionale (stantio, stato, statuto e si potrebbe continuare per due giorni…), tutti legati a una radice ravvisabile nella sua fase più antica, a quanto ne so, nell’antico indiano ti-sth-ati, per non perdere anche l’ultimo lettore che ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui. E chiudo con una domanda che tradisce da un lato la curiosità, dall’altro la consapevolezza di non poterla, probabilmente, soddisfare nemmeno in parte (tant’è che ho dovuto usare la preposizione semplice da impossibilitato a prevedere pure il genere della voce che nascerà): quali parole sostituiranno (è inevitabile!) fra qualche anno i puntini di sospensione del titolo?
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1 Lo stesso consiglio di fare a chi, in tempi in cui non esisteva il Viagra, è rimasto deluso dall’uso di Stamina R-x, le cui strabilianti proprietà chiunque potrà, solo digitandone il nome, ricercare in rete. Sono per la totale libertà della stessa, ma perché la magistratura non interviene per evitare questa ed altre truffe? Se non lo fa perché è necessaria la querela di parte, che si aspetta a cambiare la legge?.
Complimenti all’autore Armando Polito; tutti i suoi contributi sono di grande interesse (credo non soltanto per me straniero, che del Salento ha ancora moltissimo da scoprire e imparare). Ne apprezzo e le scelte dei soggetti trattati e la competenza dell’Autore.
Sono veramente lusingato, ma considero i complimenti solo come uno stimolo e un impegno a fare meglio. Grazie